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L’invasione economica della Cina in Afghanistan è già in corso. A Doha, la capitale del Qatar, nell’indifferenza generale dei media occidentali, continuano i negoziati di pace tra Stati Uniti e talebani. Preludio per il ritiro americano dall’Afghanistan e per un cessate il fuoco dopo 18 anni di guerra dall’invasione del paese nel 2001 dopo l’attentato terroristico dell’11 settembre

  • dal nostro corrispondente Riccardo Barlaam

NEW YORK – L’invasione economica della Cina in Afghanistan è già in corso. A Doha, la capitale del Qatar, nell’indifferenza generale dei media occidentali, continuano i negoziati di pace tra Stati Uniti e talebani. Preludio per il ritiro americano dall’Afghanistan e per un cessate il fuoco dopo 18 anni di guerra dall’invasione del paese nel 2001 dopo l’attentato terroristico dell’11 settembre. Gli americani spingono i talebani ad accettare la loro pace e porre la parola fine alle ostilità per poter smantellare progressivamente la loro presenza nel paese, con il nuovo corso dell’America First dato dall’amministrazione Trump, del disimpegno sul piano internazionale degli Stati Uniti e di una conseguente maggiore presa di coscienza da parte degli attori locali. Una strategia non completamente condivisa dagli ufficiali più alti del Pentagono, anche in Siria, che temono la trasformazione dell’area in una polveriera.

I talebani avanzano le loro richieste per accettare questa nuova situazione. Non riconoscono il governo attuale afghano, guidato da Ashraf Ghani, che ritengono essere un “fantoccio” degli occidentali. Controllano gran parte del territorio rurale del paese e vogliono, in definitiva, rientrare nella partita per la spartizione del potere.

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Record di vittime civili nel 2018
In Afghanistan la situazione è tutt’altro che stabilizzata. Un report delle Nazioni Unite appena pubblicato registra un numero record di vittime civili nel 2018: si parla di 3.800 morti, compresi circa mille bambini. Il più alto numero di vittime tra la popolazione in un solo anno, da quando vengono raccolti questi dati statistici.

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L’invasione economica
Gli americani se ne andranno. Ma c’è un nuovo protagonista dell’area. Non è la Russia di Putin. Ma è la Cina che è già pronta a sostituirsi agli Stati Uniti, in un’invasione del paese di tipo economico, già in corso. Con la solita diplomazia del sorriso a base di appalti, progetti, prestiti a lungo termine e merci a basso costo esportate di cui gli afghani hanno bisogno come il pane. Un’espansione alla maniera cinese, come hanno già fatto in Africa: occupazione economica e non interferenza nelle questioni interne. Quello che conta è aumentare la sfera di influenza nel paese e anche la percentuale della crescita economica.

Favorire la stabilizzazione
Da mesi la diplomazia cinese è al lavoro per favorire la stabilizzazione dell’area. Il ministro degli Esteri cinese Wang Yi da mesi ha formato un gruppo di contatto sotto l’egida della Shanghai Cooperation Organization (Sco) per cercare di trovare un’intesa politica tra governo e talebani e porre fine alla guerra. I negoziati in corso a Doha vengono guardati con favore e attenzione da Pechino, nella speranza di una soluzione positiva.

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Infrastrutture ed export
L’Afghanistan è una grande area vergine nella carta geografica, sul tracciato della nuova via della Seta cinese, il programma di sviluppo pluriennale di Pechino. Un’area tutta da conquistare e indispensabile per far passare i commerci cinesi verso l’Europa, a ritroso sulla via di Marco Polo, ma nel ventunesimo secolo: la Belt and Road Initiative (Bri), un vasto network di infrastrutture e di progetti di sviluppo che interessa più di 60 nazioni.

Kabul nella nuova Via della seta
Inizialmente la nuova Via della seta cinese non comprendeva l’Afghanistan né il Pakistan. Ora con il processo di pace in atto, e le prospettive di stabilità dell’area, l’atteggiamento di Pechino verso Kabul è cambiato perché sono aumentate le possibilità di scambi e di investimenti. La nuova versione rivista della Via della seta cinese prevede l’espansione anche nel paese dell’Asia centrale, come conferma un recente report dell’Organization for Policy Research and Development Studies (Drops), think tank di Kabul.
Il deficit cronico di infrastrutture dell’Afghanistan – racconta Mariam Safi – direttore del Drops – è un terreno ideale per l’espansione degli investimenti cinesi. Apre una strada, un corridoio importante tra Asia Centrale e Asia Meridionale verso il Medio Oriente.
La Cina ha già superato gli Stati Uniti negli investimenti in Afghanistan, sia in forma di aiuti che come business investor. Decine di società cinesi sono coinvolte in progetti di costruzione e di infrastrutture per la ricostruzione del paese.

Litio, rame e petrolio
Pechino è anche interessata alle risorse naturali dell’Afghanistan, che ha nel suo sottosuolo riserve minerarie importanti. Prima tra tutte il litio, utilizzato nelle batterie per gli smartphone e le auto elettriche. Finora i problemi di sicurezza e le difficoltà logistiche hanno impedito lo sviluppo dell’industria mineraria nel paese. Ma la Cina ha già messo un piede avanti agli altri aggiudicandosi i diritti di sfruttamento dei giacimenti petroliferi di Darya Basin, nel Nord, e dell’enorme giacimento di rame di Mes Aynak, vicino Kabul.

Il primo treno merci cinese
Pechino nel 2016 ha firmato un Memorandum of understanding con Kabul per includere il paese nella Belt and Road Initiative, con i primi 100 milioni di dollari di prestiti. Poca cosa rispetto agli aiuti concessi da altri paesi. Ma è solo un primo passo. I cinesi hanno attivato il primo collegamento ferroviario per le merci dalla Cina che raggiunge la città di Hairatan, al confine afghano.
Un corridoio aereo collega Kabul con la città cinese di Urumqi, ed è stato aperto sotto il cappello della Bri. Nel maggio del 2017 alti funzionari del governo afghano hanno partecipato al Forum sulla nuova Via della seta a Pechino. E lo scorso ottobre l’Afghanistan è entrato a far parte dell’Asian Infrastructure Investment Bank, l’istituto di credito internazionale, capitanato dalla Cina, che finanzia i progetti legati alla Bri.

La cura del ferro cinese
Sul piano delle infrastrutture Pechino ha avviato uno studio di fattibilità per il progetto della ferrovia che collegherà la Cina all’Iran, passando per l’Afghanistan (Five Nations Railway). Un altro corridoio ferroviario previsto dai cinesi nell’area è quello da Nord a Sud che collegherà la città di Kunduz con Torkham, al confine con il Pakistan. I collegamenti ferroviari sono visti di buon occhio dal governo afghano perché facilitano il trasporto delle risorse naturali verso la Cina e i collegamenti con il Pakistan.

I progetti nell’energia
La via della seta cinese ha una serie di progetti infrastrutturali legati all’energia che coinvolgono l’Afghanistan, come ad esempio il Casa-1000 e il Tap-500 che prevedono l’export del surplus di energia elettrica prodotta dai paesi dell’Asia Centrale all’assetata Asia del Sud, a partire proprio dall’Afghanistan. Un altro progetto importante è quello del gasdotto Tapi (Turkmenistan, Afghanistan, Pakistan, India pipeline) realizzato assieme agli indiani con i fondi dell’Asian Development Bank: la costruzione del tratto afghano è iniziata lo scorso anno.

La Silk Road digitale
Il capitolo della Bri che riguarda Internet è denominato Digital Silk fibre optic cable network, lanciato dai cinesi ma sul quale si sta lavorando assieme ad altri partner, tra cui anche gli americani – Stati Uniti e Cina litigano per la trade war ma collaborano in molti progetti economici in Afghanistan – oltre a indiani e pachistani. Il progetto della Digital Silk Road ha già portato Internet in 25 province afghane. L’obiettivo è arrivare a collegare Cina, Asia Centrale, Asia del Sud, Medio Oriente e Europa con la fibra ottica, in un’unica infrastruttura digitale ad alta velocità.

L’amicizia con il Pakistan benedetta da Pechino
A Pechino nel 2017 si sono svolti i dialoghi trilaterali con Pakistan e Afghanistan che hanno portato a un nuovo Accordo di cooperazione tra i due paesi, firmato nel maggio 2018: l’Afghanistan ha bisogno del corridoio pachistano che è la via più veloce verso il mare. Al contrario il Pakistan ha bisogno dello sbocco verso Kabul per avere un accesso ai mercati dell’Asia centrale. Nel 2015, inoltre, sotto l’egida cinese è stato inaugurato il China-Pakistan Economic Corridor (Cpec), un programma di progetti infrastrutturali e nel settore dell’energia che prevede investimenti potenziali per oltre 60 miliardi di dollari. La ragnatela cinese che si allarga.

“Da mesi la diplomazia cinese è al lavoro per favorire la stabilizzazione dell’area. Il ministro degli Esteri cinese Wang Yi da mesi ha formato un gruppo di contatto sotto l’egida della Shanghai Cooperation Organization (Sco) per cercare di trovare un’intesa politica tra governo e talebani e porre fine alla guerra”

La base militare cinese in Tajikistan
La Cina ha anche una presenza militare al confine con l’Afghanistan. Il corrispondente da Mosca del Washington Post comparando le foto satellitari e recandosi sul posto ha rivelato che i cinesi negli ultimi tre anni hanno creato un avamposto militare, con diverse centinaia di soldati, al confine tra Afghanistan e Tajikistan, in una zona inospitale, vicino a Shaymak, al di sotto del livello del mare, che offre una via privilegiata verso il paese dal corridoio di Wakhan, a nord di Kabul. Negli ultimi mesi, in maniera non ufficiale sono sorti non meno di una ventina di edifici: una caserma, magazzini per i mezzi militari, le palazzine dove vivono i militari.

Pechino ufficialmente teme le minacce di attentati degli uiguri, la minoranza etnica musulmana – per la quale la Cina è stata accusata di violazione di diritti umani – e di altri estremisti che potrebbero usare l’Afghanistan come base per pianificare attentati. Ufficialmente la base non esiste, ma i militari sono là e da Google Map si vedono i contorni delle costruzioni. Il ministro degli Esteri del Tajikistan di recente ha “smentito l’esistenza di basi militari dell’Esercito della Repubblica popolare della Cina nel territorio della Repubblica del Tajikistan”. Pechino inoltre ha intensificato gli sforzi di sicurezza promuovendo la cooperazione sulla sicurezza con Afghanistan, Pakistan e Tajikistan attraverso il Quadriteral Coordination and Cooperation Mechanism (Qccm).

Pace e affari
La pace per la Cina, prima ancora della riduzione delle minacce terroristiche, vuol dire sviluppo. Il nuovo ambasciatore a Kabul Liu Jinsong – che prima era stato direttore del Silk Road Fund- ha confermato gli sforzi della Cina per facilitare i negoziati di pace e permettere l’integrazione dell’Afghanistan nella nuova via della seta. “Kabul – ha detto l’ambasciatore cinese – è un partner fondamentale per la Bri”. La pace che si costruisce con lo sviluppo per l’Afghanistan. E con l’espansione della sfera di influenza cinese nell’area, come avevano fatto gli zar russi e gli inglesi con il loro impero 150 anni fa. Grazie agli americani e a Trump che si preparano a lasciare il campo libero.

 

Sorgente: L’America lascia l’Afghanistan. La Cina è già pronta a sostituirla

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