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di Michele Pignatelli

Uno stipendio di base garantito crea maggior benessere e serenità ma non aiuta a reinserirsi nel mercato del lavoro. Questi, in sintesi, i risultati preliminari dell’esperimento biennale di reddito di base universale compiuto dal governo di centrodestra finlandese dal 2017 al dicembre scorso

Risultati molto attesi e guardati con attenzione da economisti e sociologi (oltre che dai governi degli altri Paesi), perché si trattava della prima sperimentazione su vasta scala in Europa.

Due anni di assegni da 560 euro
A diffondere i risultati è stato l’Istituto nazionale di previdenza sociale Kela, che ha condotto l’esperimento. Per due anni un campione di 2mila persone, scelte a caso tra i disoccupati tra i 25 e i 58 anni, ha ricevuto un assegno mensile di 560 euro non tassati. Con una peculiarità rispetto alle più tradizionali indennità di disoccupazione: il diritto al sussidio non si sarebbe perso anche nel caso in cui nel biennio si fosse trovato un lavoro. In questo modo – secondo i promotori dell’iniziativa – i beneficiari avrebbero dovuto essere incoraggiati ad accettare anche lavori part-time o poco pagati, senza timore di perdere l’assegno. Senza contare il vantaggio di avere più tempo a disposizione per progetti o iniziative individuali, non essendo costretti a riempire costantemente moduli negli uffici di collocamento. In poche parole, avrebbe dovuto essere favorito il reinserimento nel mercato del lavoro.

…e appena mezza giornata di lavoro in più
I risultati preliminari appena pubblicati parlano però chiaro su questo fronte: i beneficiari del reddito di base in un anno hanno lavorato mediamente mezza giornata in più del gruppo di controllo, quanti cioè erano nella stessa situazione occupazionale senza ricevere l’assegno. «Su queste basi – ha dichiarato Ohto Kanninen, coordinatore della ricerca – possiamo dire che non è stato nè meglio né peggio ai fini dell’occupazione».

L’esperimento aveva in realtà anche un’altra finalità, dichiarata dai suoi promotori al momento del lancio: verificare gli effetti anche psicologici di uno stipendio minimo garantito. E qui sembra che le cose siano andate meglio: «I beneficiari del reddito di base universale – ha commentato Olli Kangas, ricercatore capo – hanno riferito di un maggior benessere, da tutti i punti di vista, rispetto al gruppo di controllo».

Esperimento destinato a finire
Non basterà probabilmente per garantire future chance a un esperimento che, inizialmente, il governo di Juha Sipilä avrebbe voluto allargare dopo i primi due anni, nel tentativo di ridurre una disoccupazione che tuttavia è oggi scesa rispetto al momento del lancio (attestandosi al 6,6%). Tanto più che il piano, già contestato da diversi esponenti politici, ha ricevuto un colpo pesante dall’Ocse. Analizzando lo schema di reddito universale di base della Finlandia, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico ha avvertito Helsinki che, per implementarlo a livello nazionale senza aumentare i costi per le finanze pubbliche, si sarebbe resa necessaria una significativa redistribuzione del reddito, da attuare aumentando le tasse. Con le elezioni parlamentari all’orizzonte (14 aprile) è difficile immaginare che qualche partito si avventurerà a proporlo.

Sorgente: Finlandia, il reddito di base universale non crea lavoro – Il Sole 24 ORE

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