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Il prof. Leonello Tronti ci ha inviato questo suo articolo in risposta ai nostri 15 punti per un programma davvero keynesiano

Leonello Tronti*

Rispondo volentieri alla richiesta di Keynes Blog segnalando anzitutto la piattaforma unitaria per la legge di bilancio 2019 che CGIL, CISL e UIL hanno consegnato al Governo il 22 ottobre 2018, che mi sembra abbia sinora trovato ben poca disponibilità all’ascolto da parte della politica, come del resto ben poca pubblicità e ancor minore approfondimento sui mezzi di comunicazione di massa.

La piattaforma è un documento molto utile e interessante, innovativo nel metodo e del tutto condivisibile. Tuttavia, non si può negare che essa susciti anche la sensazione di un eccesso di dettaglio e possa presentare quindi qualche difficoltà di comunicazione a un largo pubblico, che ne può indebolire la capacità di raccogliere un sostegno forte e combattivo da parte anzitutto dei lavoratori. Anche se questi hanno indubbiamente dimostrato con la manifestazione del 9 febbraio una rilevante e non prevedibile disponibilità alla mobilitazione.

Come che sia, propongo qui un compendio personale e molto sintetico della piattaforma, che ne riprende alcuni elementi, li integra con altri farina del mio sacco e sintetizza il tutto in due obiettivi sociali irrinunciabili, tre assi fondamentali di politica industriale e cinque punti cardine di riforma delle politiche economiche europee.

Due obiettivi sociali irrinunciabili:
1) tolleranza zero nei confronti delle morti sul lavoro, da realizzarsi attraverso un piano d’azione con obiettivi espliciti disposti nel tempo, che preveda tra l’altro il potenziamento dei controlli e della formazione obbligatoria di controllori, lavoratori e imprese (da finanziarsi attraverso una specifica imposta sul valore aggiunto commisurata al numero dei decessi e alla gravità degli incidenti);
2) spostamento differenziale e strutturale del carico contributivo dal lavoro a tempo indeterminato a quello flessibile, per fare in modo che il lavoro stabile costi all’impresa significativamente e stabilmente meno di quello flessibile (a parità di diritti) e i lavoratori flessibili accumulino comunque un patrimonio contributivo congruo, che riduca la disparità di diritti e la necessità di integrazione sociale all’atto del pensionamento, della maternità, della malattia ecc.

Tre assi lungo i quali indirizzare lo sviluppo economico:
1. messa in sicurezza del territorio e del patrimonio abitativo attraverso un piano di azione di lungo periodo, finanziato con investimenti pubblico-privati, ad esempio analoghi ai PIR;
2. digitalizzazione del lavoro (con le conseguenti politiche di sostegno salariale, riduzione dell’orario di lavoro e politiche della domanda atte a sostenere la crescita occupazionale anche a fronte di significativi incrementi di produttività);
3. sviluppo della green economy italiana (nelle diverse articolazioni di disinquinamento, riconversione energetica e qualità ambientale, economia circolare, gestione dei rifiuti).

Infine, cinque elementi cardine di riforma immediata delle politiche europee:
1) lancio di una vera politica industriale continentale con titoli pubblici europei (eurobond) per finanziare gli investimenti infrastrutturali. Si pensi a quanto più rapida e forte sarebbe stata la ripresa dell’occupazione dopo il 2008, e a quanto prima lo stesso sistema bancario si sarebbe rafforzato perché sorretto dal mercato anziché dalla banca centrale, se uno strumento di sostegno agli investimenti come l’esile Piano Juncker fosse stato finanziato per cifre mensili pari anche a soltanto un decimo della spesa sostenuta per il QE;
2) nell’attuale fase di significativo alleggerimento del Quantitative Easing, riconsiderazione della missione istituzionale della BCE, tale da prevedere oltre a quello della stabilità della moneta anche l’obiettivo della minimizzazione della disoccupazione, come nel caso della FED americana, e l’arbitraggio tra i due obiettivi a seconda delle necessità e delle effettive condizioni del mercato del lavoro e dell’economia;
3) dopo la bocciatura da parte del Parlamento Europeo della canonizzazione del Fiscal Compact nella legislazione comunitaria, introduzione della regola aurea del bilancio, ossia dello scomputo della spesa per investimenti dal calcolo del deficit strutturale; cioè, detto in altri termini, dell’imposizione alle risorse raccolte attraverso il debito sovrano del vincolo di essere impiegate esclusivamente per finanziare investimenti a elevato moltiplicatore fiscale. Questa riforma, che trova spazio nella piattaforma unitaria, è oggi immediatamente indispensabile alla luce del profilarsi di una nuova fase di stagnazione se non di recessione dell’intera Eurozona e dell’Italia con essa, nell’anno corrente e/o nel prossimo;
4) vincolo rigoroso dell’avanzo commerciale corrente entro il 4% del Pil, con obbligo di rientro e multe che trasferiscano automaticamente le eccedenze dai paesi in avanzo a quelli in disavanzo;
5) innalzamento del valore target del rapporto debito/PIL al 90%. Quando venne istituito con il Trattato di Maastricht, il parametro del 60% non era altro che il valore medio dei paesi aderenti all’Unione. Oggi, a fronte dei risultati di crescita non certo brillanti di un quarto di secolo di politiche economiche europee, il valore medio è aumentato fino al 90%. È ormai indifferibile tenerne conto.

 

* Economista, insegna Economia e politica del lavoro all’Università di Roma Tre. Ha insegnato presso la Scuola Nazionale dell’Amministrazione, l’Università di Roma la Sapienza, la Luiss, l’Università Gabriele D’Annunzio, la Pennsylvania State University. È stato Direttore dell’Ufficio per la formazione dei dipendenti pubblici presso il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio e Dirigente di ricerca all’Istat; Presidente dell’Associazione italiana degli economisti del lavoro, Segretario generale della Fondazione Giacomo Brodolini, Consigliere economico del Ministro per la pubblica amministrazione, assistente di Ezio Tarantelli all’Isel. È autore di numerose pubblicazioni scientifiche di Economia, Statistica e Relazioni industriali.

Sorgente: Dieci obiettivi contro la recessione | Keynes blog

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