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L’esponente dei gilet gialli incontrato da Di Maio e Di Battista nel 2015 tifava Le Pen, ma l’anno scorso aveva cercato posto nelle liste di Macron

PARIGI. “La guerra civile è inevitabile”. Nel video postato poco prima di Natale, Christophe Chalençon aveva un tono esaltato dopo gli scontri avvenuti durante le manifestazioni dei Gilet Gialli. L’uomo che ieri ha incontrato Luigi Di Maio e la delegazione dei Cinque Stelle auspicava l’intervento dell’esercito per ristabilire il potere del popolo sovrano.

“Faccio appello a monsieur Macron o, se non vuole piegarsi, ai militari”. Il gilet giallo che vuole dialogare con i 5S è un ammiratore dei Generali, gli unici – secondo lui – in grado di organizzare un “governo di transizione per ascoltare il popolo”.

Qualche settimana prima di sognare pubblicamente un golpe, Chalençon aveva immaginato l’arrivo di un “comandante” per guidare l’esecutivo, citando in particolare l’ex capo di stato maggiore Pierre De Villiers, cacciato da Macron un anno e mezzo fa. Inviso all’ala più radicale e “pura” incarnata dal camionista Eric Drouet e dal blogger Maxime Nicolle, che lo vedono come un “traditore”, il gilet giallo del Vaucluse – uno dei feudi di Marine Le Pen – ha subito cercato i riflettori.

Nelle sue riflessioni su Facebook non perde occasione di creare polemiche: ha postato le foto di un maiale da mangiare in porchetta con una dedica speciale “ai musulmani estremisti”. Nel 2015 annunciava la militanza nel Front National per rispondere al “flagello silenzioso” della immigrazione.

Con il suo accento tipico del sud, titolare di impresa di serramenti che ha fatto affari in Tunisia, 52 anni, padre di tre figli, Chalençon è stato uno dei primi a desiderare fortemente il passaggio dalla piazza a una forza più strutturata. A dicembre aveva firmato l’appello dei “Gilet Jaunes Libres” insieme alla passionaria bretone Jacline Mouraud nel quale chiedeva al governo un incontro per negoziare una serie di rivendicazioni del movimento. L’idea è tramontata dopo critiche e minacce.

Chalençon non ha rinunciato. Ha abbandonato Mouraud, che nel frattempo ha lanciato il suo movimento politico Les Emergents, ed è passato con un altro gruppo di Gilet Gialli, rispondendo al controverso invito dell’ex faccendiere di destra Bernard Tapie per discutere di un lancio in politica. Qualche giorno dopo, insieme all’infermiera normanna Ingrid Levasseur, Chalençon ha annunciato la presentazione di una lista alle europee dal nome Ric, Ralliement d’initiative citoyenne.

Sui primi dieci nomi presentati, molti sono già scappati. Qualche giorno fa, Hayk Shahinyan, che avrebbe dovuto fare il direttore della campagna elettorale, ha gettato la spugna perché molti avversari hanno rievocato la sua militanza tra i giovani socialisti. Anche Marc Doyer, presente ieri all’incontro con la delegazione 5 Stelle, ha deciso di fare un passo indietro dopo che sui social è saltata fuori la sua candidatura per entrare nelle liste di En Marche durante le ultime legislative del giugno 2017.

Il passato rischia di pesare anche per Chalençon. Su Facebook alcuni suoi compaesani lo accusano di aver “truffato” diversi clienti con la sua impresa di serramenti. E il suo pedigree politico non è immacolato, con repentini cambi a seconda delle opportunità.

Un anno e mezzo fa anche lui aveva provato a essere inserito nelle liste del partito macroniano salvo poi non riuscirci. Si è poi candidato con una lista indipendente di destra. Il suo motto era “Révolution Nationale” intorno al trittico “Lavoro-Patria- Famiglia”. L’esito è stato disastroso: ha ottenuto meno dell’1% dei voti nel suo collegio.

 

Sorgente: Chalençon, l’amico dei grillini: “Guerra civile e potere ai militari” | Rep

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