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Il presidente israeliano giudica esistenziale la minaccia degli ayatollah. Il nodo dei tempi. I piani sono pronti: l’azione sulle difese anti missile in Siria studiata per facilitare la traiettoria verso l’Iran

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DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
GERUSALEMME – Per ogni cosa c’è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo (Ecclesiaste 3,1). Già nelle prime ore dopo il bombardamento iraniano la questione più discussa tra Benjamin Netanyahu e i generali ha riguardato i tempi: quale sarebbe il momento migliore per le faccende sopra il cielo di Teheran.

Herzi Halevi, il capo di Stato Maggiore, sembra tirare indietro le lancette dell’orologio, allontanare la risposta immediata: «Saremo noi a decidere quando farla pagare al regime e dimostreremo le nostre capacità di sorprendere». Il primo ministro — che considera la minaccia degli ayatollah esistenziale e fermarla la missione della vita — potrebbe avere più fretta di regolare i conti.

 

Fin da quando Gideon Sa’ar è entrano nella coalizione di estrema destra, gli analisti speculano che Bibi — com’è soprannominato — stia pianificando un attacco ai centri nucleari sviluppati dalla repubblica islamica, un piano attorno a cui medita almeno dal 2009, da quando è tornato al potere e ci resta ancora. Un piano che Sa’ar non esiterebbe a sostenere. Come scrive la rivista Politico, il premier sembra convinto di avere «la possibilità unica di rimodellare il Medio Oriente». Lo ha già dichiarato, senza nominare direttamente l’Iran, dopo l’uccisione di Hassan Nasrallah, il capo dell’Hezbollah libanese. Lo ha ripetuto, riferendosi direttamente a Teheran: «Possiamo colpire ovunque in Medio Oriente».

iran mappa

Che debbano esserci conseguenze per l’attacco di ieri sera lo ribadisce Daniel Hagari, il portavoce delle Forze Armate: «È inevitabile. L’Iran sta spingendo tutta la regione verso l’escalation». Anche lui però parla di «tempi da scegliere». Il crescendo di raid contro Hezbollah, fino all’eliminazione del leader, dimostra agli strateghi quanto aspettare sia servito ad accumulare ancora più dati di intelligence in questi dodici mesi di scontri quotidiani con il gruppo sciita. Allo stesso tempo gli ufficiali sono convinti che la finestra di opportunità per smantellare l’organizzazione in Libano possa richiudersi presto. Il riarmo e il riassetto dei paramilitari rappresenterebbe anche un ostacolo all’operazione contro l’Iran.

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Di sicuro i piani sono già pronti. Ieri mattina l’aviazione ha bombardato le difese anti-missile del regime siriano, un modo per facilitare il viaggio verso Teheran. Allo stesso tempo restano le difficoltà che in questi anni hanno spinto pure Netanyahu a rinviare l’ordine: i siti atomici sono stati scavati in profondità, per distruggerli sono necessarie le bombe bunker buster fornite dagli americani ed è probabile che senza il supporto attivo del Pentagono il raid non avrebbe successo.

 

Sono più di 1.500 chilometri in volo e i piloti si sono già addestrati ai rifornimenti in cielo: non a caso il bombardamento del porto di Hodeida controllato dagli Houthi nello Yemen, 300 chilometri in più, è stata considerata una prova generale e la dimostrazione che la distanza potrebbe non contare.

Sorgente: Che cosa farà adesso Israele? L’ipotesi di raid sui centri nucleari: per Netanyahu è la missione di una vita | Corriere.it


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