Non possiamo più tollerare i dati allarmanti sugli infortuni sul lavoro che continuano a mietere vittime e provocare gravi conseguenze per i lavoratori e le loro famiglie. Proprio una settimana fa il Presidente della Repubblica ha ricordato che “le morti e gli incidenti sul lavoro sono una intollerabile offesa per la coscienza collettiva”.
Per questo aderiamo con convinzione all’appello lanciato da cittadine, cittadini, Associazioni, per un rafforzamento delle misure di sicurezza nei luoghi di lavoro. È indispensabile agire con urgenza per promuovere una cultura della prevenzione, garantire condizioni lavorative sicure e rafforzare la tutela dei diritti dei lavoratori, affinché simili tragedie non siano più tollerate.
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Chi Vi scrive è un gruppo di persone: Rls, operai, liberi professionisti, familiari vittime del lavoro, che ha cercato e cerca in tutti i modi e con un impegno quotidiano, di tenere viva l’attenzione sulla carenza di prevenzione, protezione e sul dramma delle morti sul lavoro, chiamate ancora ed inaccettabilmente “morti bianche”.
L’uso dell’aggettivo “bianco” è fuorviante e sbagliato, perché sono sporche, di calcinaccio, di nerofumo, di terra e di sangue, inaccettabile perché allude all’assenza di una responsabilità per l’accaduto: NESSUN RESPONSABILE, NESSUN COLPEVOLE, NESSUNA GIUSTIZIA!!!.
Quello che non si dice in modo chiaro e netto e non si scrive mai abbastanza è che i morti sul lavoro quasi mai sono dovuti alla fatalità o alla “leggerezza” delle vittime (quasi che per una leggerezza fosse plausibile una sorta di ‘pena di morte’ immediata, sul campo e senza processo), ma il più delle volte sono causati dalla decisione dei responsabili di “tagliare”, sia nelle risorse sia nei tempi di lavorazione, imponendo prestazioni sempre più elevate e veloci, consapevoli del rischio conseguente sulla prevenzione, formazione e sicurezza.
Andrebbero quindi chiamati col loro nome e molti sarebbe giusto definirli omicidi.
Quello che non si dice e non si scrive è che esistono da anni leggi, norme tecniche, procedure, che se applicate correttamente porterebbero il rischio di infortunio e di malattia professionale a livelli enormemente più bassi rispetto agli attuali, ma che da parte degli imprenditori non c’è la volontà di farlo, così come da parte del governo non c’è la volontà di intensificare le misure di promozione e controllo, aumentando le risorse delle ASL, affinché queste norme siano rispettate (sia in termini economici che di persone, in specie di tecnici della prevenzione)
C’è bisogno di più risorse, per maggiori verifiche e migliori programmi di ricerca.
La sicurezza sul lavoro è importante, purtroppo non viene presa molto in considerazione: molti datori di lavoro la considerano un costo per l’azienda insopportabile da tagliare, non un valore su cui investire, i mezzi d’informazione ne parlano raramente e solo quando accadono gravi infortuni mortali; non c’è (e non viene favorita) cultura della sicurezza nei luoghi di lavoro e la politica, il governo in particolare, ne parlano solo quando costretti dagli eventi, con un insopportabile atteggiamento ipocrita che fa pensare alle “lacrime di coccodrillo”.
E l’Inail ci fornisce dei dati sugli infortuni e le morti sul lavoro molto ottimistici, ma fortemente sottostimati, perché tengono conto solo degli infortuni denunciati.
L’Inail ha un “tesoretto”, derivante dagli avanzi di bilancio annuale, che ammonta a circa 41 miliardi di euro, con un avanzo di bilancio nel 2023, che arriva alla considerevole cifra di circa 3 miliardi di euro.
Purtroppo questi soldi, non vengono spesi per aumentare le rendite da fame agli invalidi del lavoro, alle famiglie dei morti sul lavoro, ma sono depositati in un conto infruttifero della Tesoreria dello Stato, e possono essere spesi, solo per ripianare i debiti dello Stato: VERGOGNA!!!
Inoltre, c’è un dramma molto spesso sottovalutato, cioè quello delle malattie professionali, che ogni anno fanno migliaia di morti.
Per l’anno 2023, c’è un nuovo record delle malattie professionali: +19,7 rispetto al 2022%, pari a 72754 denunce, 12000 circa in più rispetto al 2022.
Crediamo che sia fondamentale investire in “cultura”, in educazione del lavoro: in questo Paese manca quel minimo di consapevolezza, di forza, che permetta a chi lavora di alzare la testa e dire a chi sta in ufficio “NO! Questo non lo faccio perché è pericoloso!”. Abbiamo trascorso troppo tempo con la testa bassa, piangendo in silenzio le morti dei colleghi e abbracciando i loro cari, senza reagire. Investire in cultura significa poter un giorno arrivare a rompere il ricatto di chi ci dice “O lo fai o te ne vai!”.
Come cittadini e “addetti ai lavori” ci auguriamo che almeno in materia di sicurezza, formazione e prevenzione sul lavoro ci sia il coraggio, la volontà e il senso di responsabilità da parte di tutti (partiti, parti sociali, media, associazioni, movimenti), di mettere da parte le discussioni spesso stucchevoli di questi mesi, perché il continuare a tacere in modo omertoso su questo argomento in “una Repubblica democratica fondata sul lavoro” , che però in concreto non tutela proprio i cittadini che con il loro lavoro ne rappresentano le fondamenta, significa di fatto divenire complici di questi omicidi, in attesa della prossima tragedia sul lavoro…….e noi questa responsabilità morale non la vogliamo.
FIRMATARI:
Marco Bazzoni, operaio metalmeccanico e RLS, Firenze
Sceila Troian, sorella di Riccardo Troian, vittima del lavoro
Andrea Coppini, ex Rls, pensionato
Associazione in memoria di Mattia Battistetti odv
Vincenzo Di Michele, avvocato
Lorena Coletti, sorella di Giuseppe Coletti, vittima sul lavoro, Narni
Daniele Ranieri formatore e Rspp
Lorenzo Fantini, libero professionista, Roma
Walter Fattori, operaio, Pistoia
Associazione Articolo 21
Per chi vuole aderire, scrivere a Marco Bazzoni, all’indirizzo email: [email protected] , riportando nominativo, azienda, qualifica e città
Sorgente: La penisola del lavoro, una lunga scia di sangue e indifferenza – Articolo21
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