Dopo l’uccisione di Hassan Nasrallah, il leader di Hezbollah, e dopo i pesanti bombardamenti perpetrati da Israele ai danni del Libano, i riflettori su Gaza si sono affievoliti. Il massacro va avanti da quasi un anno e dopo vari tentativi di negoziati, tutti naufragati a causa dei reiterati sabotaggi di Netanyahu, ad oggi della tregua con Hamas non v’è traccia. E se le trattative, almeno per il momento, non rientrano certo nelle priorità di Tel Aviv, resta da chiedersi cosa ne sarà dell’enclave palestinese. In effetti, un’idea circa il futuro prossimo della Striscia c’è e sta circolando su tutti i media israeliani già da un paio di settimane.
Si tratta dell’ultima trovata partorita da una delle menti dell’esercito israeliano, quello “più morale al mondo”. Ebbene, come riporta Haaretz, il generale Giora Eiland ha proposto di “imporre un assedio totale nel Nord della Striscia, che preveda l’espulsione di tutti i palestinesi che risiedono nell’area”. Quella che Eiland definisce “un’operazione militare efficace” consiste nell’espulsione di tutta la popolazione rimasta in quell’area, che va dal corridoio di Netzarim, che taglia in due la Striscia, fino al confine Nord di Gaza. Nel cosiddetto “piano dei generali” viene riportata anche la feroce tattica con cui si giungerebbe a tale obiettivo: “In tutta questa regione – ha dichiarato Eiland – impediremo l’ingresso di qualsiasi fornitura, che si tratti di cibo, acqua o carburante”. E questo, senza troppi giri di parole, significa affamare una popolazione che ad oggi, in quella specifica area, conta quasi 300mila persone. L’alternativa ad arrendersi o scappare nel Sud della Striscia non esiste, perché coincide con il morire di fame e di stenti.
L’intento delle Forze di Difesa israeliane, almeno stando alla versione ufficiale divulgata da Tel Aviv, sarebbe sempre lo stesso, ovvero sconfiggere Hamas. Nello specifico, secondo il generale Eiland, nella zona interessata si troverebbero “cinquemila terroristi”, che in tal modo verrebbero stanati e uccisi, qualora non decidessero di arrendersi. Una narrazione che non convince, tant’è che The Jerusalem Post definisce il piano succitato, oltre che “contrario al diritto internazionale”, “privo di profondità strategica”. L’assedio totale del Nord di Gaza, sarebbe l’ennesima “operazione basata esclusivamente sulla forza ed è priva di qualsiasi forma di diplomazia”.
Stando a quanto riporta The Time of Israel, Benjamin Netanyahu avrebbe preso in considerazione questa “operazione”, sostenendo che “il piano dei generali ha molto senso”. Il premier israeliano lo ha dichiarato in una riunione del Comitato per gli Affari Esteri e la Difesa della Knesset.
Gli accademici sposano il piano
Non stupisce che Netanyahu e il suo Governo stiano valutando questo ennesimo sopruso ai danni dei palestinesi dell’enclave, anche perché l’idea di spingerli a Sud per tagliare in due la Striscia, e destinare la parte settentrionale agli avamposti ebraici dei coloni, aleggia già da molto tempo nel pensiero della società israeliana – anche se fortunatamente non tutta. A tal proposito, infatti, a luglio scorso molti accademici del Paese hanno sottoscritto una lettera aperta indirizzata al governo che si interpellava sul da farsi per la ricostruzione di Gaza e sul prossimo futuro. Nel documento, che si intitola “Da un regime omicida a una società moderata: la trasformazione e la ricostruzione di Gaza dopo Hamas”, veniva proposto di espellere tutta la popolazione civile, “purificare il territorio da Hamas” e ricostruire la Striscia a beneficio degli israeliani.