BOLOGNA — «Questa volta lo sciacallaggio è iniziato mentre ancora volavano gli elicotteri per salvare la gente… Io credo che FdI abbia un problema con l’Emilia Romagna. Per fortuna il 17-18 novembre si vota, e io chiedo che il prossimo commissario sia il presidente della Regione». Michele de Pascale, sindaco di Ravenna e candidato Pd alla guida dell’Emilia-Romagna, non perdona il «teatrino» del ministro Nello Musumeci e del viceministro Galeazzo Bignami. Anzi mette il dito nelle divisioni del governo: «Non tutti ce l’hanno con noi. Mentre Musumeci e Bignami facevano polemica diversi esponenti del governo mi hanno scritto: Matteo Salvini, Anna Maria Bernini, e tanti parlamentari di centrodestra».
De Pascale, Bignami dice che avete iniziato voi lo sciacallaggio.
«Ma di cosa stiamo parlando? Sono due giorni che in Emilia-Romagna siamo impegnati nell’emergenza. Io giovedì sono stato a Ravenna. Oggi sto visitando i Comuni della Bassa Romagna. Mentre era in corso l’emergenza, loro hanno iniziato lo scaricabarile. Avevo la stampa che mi chiedeva dichiarazioni mentre eravamo coi piedi nel fango. Musumeci è lo stesso che si è fatto vedere pochissimo l’anno scorso e che ora consiglia ai cittadini di farsi una assicurazione. Forse è più interessato a fare il promoter assicurativo che il ministro. Per fortuna non ha coadiuvato lui la Protezione Civile ed è andato in conferenza stampa. Forse è stato meglio così».
Ora l’Emilia-Romagna è alle prese con un’altra emergenza. Chiedete altri fondi? Meloni promette 20 milioni subito.
«La prima cosa da fare è accorpare la gestione di questa emergenza a quella del 2023. Le questioni poi sono due. Primo, ora ci sono altri danni da riparare. In alcuni casi gli stessi dell’altra volta, ma nella grande maggioranza dei casi si tratta di altri danni, perché gli argini si sono rotti in punti diversi. Poi è un anno che predico la necessità di fare molto velocemente un piano contro il dissesto idrogeologico».
Non è quello fermo al ministero dell’Ambiente, da approvare?
«Sì, è quello, ma non si tratta di un piano esecutivo. La scelta che fatta da tutti — governo, Regione, commissario e Aipo, agenzia interregionale per il fiume Po — è stata quella di riparare prima quello che si era rotto nel 2023 e di iniziare poi a studiare un grande piano sul dissesto. La prima riunione è stata a dicembre, ben 7 mesi dopo l’alluvione, e si è chiuso in estate. Ma non immaginatevi un piano con le opere da fare fiume per fiume. Si tratta di uno studio, buono per carità, su come aumentare la portata dei nostri fiumi».
Cioè è la teoria e non la pratica?
«Esatto. Io ero tra i pochi, se non l’unico, a criticare questo approccio. Isolato anche nella mia parte politica. Intendiamoci: l’approccio scelto è quello ordinario, corretto. Prima si fa lo studio, che ha un valore in opere di 4,5 miliardi, poi il commissario ottiene i finanziamenti e li dà ai soggetti attuatori sul territorio. Il problema è che siamo in una situazione straordinaria e non possiamo procedere con i tempi ordinari. Bisogna essere più veloci».
Se no il rischio è che succeda di nuovo?
«Quello è il rischio».
Quindi lei cosa chiede?
«Intanto approviamo questo piano, che è buono, ripeto, anche se io avrei proceduto più velocemente. Approviamolo e poi andiamo svelti nelle fasi successive».
Voi però ora chiedete al governo 4,5 miliardi per il piano contro il dissesto. Ma dei 2,5 miliardi per ricostruire gli argini risultano spesi solo 343 milioni dalla Regione. Perché così pochi?
«Perché i territori sono stati lasciati completamente soli a fare i lavori. L’agenzia regionale della Protezione Civile non ha mai gestito una tale mole di cantieri. Il commissario ha cercato altri soggetti attuatori esterni, ma l’unico cantiere affidato a uno di questi soggetti, a Modigliana, era iniziato da poco».
Anche i soldi dei rimborsi però, in totale 1,3 miliardi, sono stati usati poco: solo 30 milioni. Perché?
«Qui il problema è diverso. Le procedure per chiedere quei fondi sono complicatissime. Il ministero degli Esteri ha messo a disposizione fondi per le aziende che fanno export che sono arrivati subito. Quelli dei rimborsi sono difficili da ottenere».
Lei è candidato presidente in Emilia-Romagna e ha chiesto che il prossimo commissario, dopo la scadenza di Figliuolo a dicembre, sia il governatore eletto. Chiunque vinca. Continua a chiederlo?
«Sì, certo. Il governo ha deciso di affidare la gestione dell’alluvione 2023 a Figliuolo perché non si fidava degli amministratori dell’Emilia Romagna. Bene, però ora attacca comunque la Regione per le cose che non vanno. Allora, visto che in ogni caso danno la colpa a noi, tanto vale che affidino direttamente alla Regione la gestione».
Ora la campagna elettorale verterà molto sull’alluvione. La preoccupa? La sua sfidante Elena Ugolini è civica, ma accusa il Pd con gli stessi argomenti di FdI.
«Ho sempre pensato che l’alluvione fosse un tema importante della campagna. Quanto a Ugolini, anche se non ha la tessera, mi pare evidente che è una esponente di FdI. Non solo perché abbraccia Arianna Meloni in foto, ma per la sostanza di quel che dice. Quanto alle sue polemiche sull’alluvione, Ugolini pensava a sponsorizzare i suoi post sui social mentre noi eravamo con gli sfollati. Non credo ci sia altro da dire».