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La testimonianza del 30enne palestinese Youssef Qattan, vittima di una imboscata mentre trasportava un carico umanitario verso il valico di Kerem Shalom

Dall’inviato Fabio Tonacci

Ramallah — Non le minacce, non i fucili puntati e neanche le gomme tagliate. Ma il disprezzo. «Il disprezzo che vedevo nei loro occhi mentre ridevano e saltavano sui sacchi di zucchero destinati a Gaza mi ha terrorizzato. Gli estremisti israeliani afferravano i sacchi e li gettavano per strada, non ne hanno lasciato neanche uno intatto». Il disprezzo che ci vuole per sprecare il cibo che va a chi ha fame.

 

 

Un camionista palestinese racconta. Si chiama Youssef Qattan, è di Gerico, ha 30 anni, da meno di dieci guida un tir di sua proprietà. I commercianti lo chiamano ogni giorno da Jenin, da Hebron, da Ramallah, lo chiamano e lui trasporta, incassando alla consegna. Il 24 maggio scorso il viaggio era particolare, direzione Striscia di Gaza: un carico umanitario che attendevano per la sera al valico di Kerem Shalom. Ma alle quattro e mezzo del pomeriggio ventiquattro tonnellate di zucchero imbiancavano l’asfalto di una strada vicino a Ramallah. Carico perso.

Youssef Qattan racconta a Repubblica di un agguato in qualche modo organizzato. Non è il primo a finire in un’imboscata sulla via per Gaza e non sarà l’ultimo. Gli autisti che guidano mezzi con targa bianca e verde (quella israeliana è nera su sfondo giallo) rischiano di veder sbucare dagli insediamenti più radicali della Cisgiordania i seguaci di Itamar Ben-Gvir, il ministro dell’ultradestra messianica che teorizza che affamare la Striscia sia il modo migliore per costringere Hamas alla resa.

 

 

«Io e mio fratello, con due camion, siamo andati a prendere lo zucchero per Gaza sul ponte Allenby, al confine con la Giordania. Proveniva da lì. Poi ci siamo divisi, lui è andato verso Za’tara, io verso Ramallah. Ero da solo. All’altezza di Bet El una pattuglia dell’esercito israeliano ferma al lato della via mi ha fatto cenno di accostare. Mi hanno chiesto informazioni generiche, da dove venivo e dove stavo andando. Ho guardato l’orologio, erano le 4.35 del pomeriggio. Non li ho nemmeno visti arrivare…».

 

 

Erano almeno in quaranta, stando a quanto ricorda Qattan. Le automobili sono piombate a gran velocità, una si è messa di traverso al veicolo. «Non so se erano tutti dell’insediamento di Bet El. Alcuni portavano la kippah ed avevano l’M-16 a tracolla. Ho visto anche delle pistole e bombolette di gas urticante. Hanno circondato il camion, uno degli armati si è avvicinato al finestrino e mi ha chiesto dove stessi portando lo zucchero. Quando l’ha saputo, con voce calma, mi ha detto “lo decidiamo noi cosa va a Gaza”, e con il braccio ha dato il segnale agli altri di procedere». La procedura è stata brutale. «Hanno tagliato le gomme al tir, poi sono saltati sul pianale e hanno tirato giù i sacchi, aprendoli e spargendone il contenuto sull’asfalto. Ero chiuso nella cabina, pietrificato. I soldati dell’Idf che mi avevano fermato erano ancora lì ma non intervenivano. Sono sicuro che siano stati loro ad avvertire al telefono gli estremisti, perché quando ho accostato non c’era nessuno in strada e nessuno mi aveva seguito».

Da metà maggio hanno preso a circolare sui social i filmati degli assalti ai convogli umanitari: scatolame buttato a terra, farina rovinata, autisti umiliati e a volte picchiati. I video sono stati postati con orgoglio dagli stessi autori delle aggressioni ed esiste una chat in cui si danno appuntamento per azioni di blocco al checkpoint di Tarqumiya, nel governatorato di Hebron. La polizia israeliana ha fatto degli arresti, promettendo di svolgere indagini.

 

 

A febbraio per la prima volta gli Stati Uniti hanno emesso sanzioni contro un gruppo di individui accusati di fare scorribande violente nei villaggi palestinesi. È un problema, questo degli estremisti, che le autorità dello Stato ebraico non potranno far finta di non vedere, perché in caso di accordo con Hamas per il cessate il fuoco temporaneo come vuole la Road Map israelo-americana, una delle condizioni è l’ingresso di almeno 650 camion di aiuti quotidiani nella Striscia.

A trovarli, 650 autisti palestinesi. In tanti si stanno rifiutando di mettersi al volante per Gaza. Anche perché la procedura descritta da Yussef Qattam, che l’ha subita, prevede la manomissione del veicolo. «Dopo aver distrutto il cibo, hanno messo manciate di zucchero nel serbatoio e nel motore del mio tir. L’uomo armato a quel punto mi ha detto “ora puoi riprenderti il camion”. L’agguato mi è costato 300.000 shekel (circa 74 mila euro, ndr) in riparazioni dal meccanico e per la mancata consegna. La sera del 24 maggio, una volta a casa, ho ricevuto la telefonata di mio fratello. Era stato assaltato anche lui».

Sorgente: L’autista che porta gli aiuti a Gaza: “Assalito dagli estremisti israeliani ho visto il disprezzo nei loro occhi” – la Repubblica


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