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L’incredibile caso di un nigeriano residente a Treviso che ha ottenuto la revisione del processo. Era stato arrestato per aver spacciato a 600 km dal paese dove viveva. Ora farà richiesta dei danni

TREVISO. Ottenere la revisione del processo dopo due condanne in primo grado e in Appello ed essere alla fine assolto non è un evento comune. Specie se l’imputato è uno straniero, accusato e condannato in due gradi di giudizio per spaccio di droga ad una pena di 6 anni e 4 mesi.

Ma la storia di Osamuyi Odia Omogbe, un nigeriano di 34 anni, che vive e lavora da alcuni anni a Treviso, ha qualcosa d’incredibile. È l’emblema della malagiustizia che alla fine redime se stessa, davanti a prove che per miopia erano state ignorate.

Lui, all’epoca dei fatti, viveva in una valle sperduta dell’Alto Adige a 600 chilometri di distanza da Macerata, città dove, tra il giugno del 2017 e l’aprile del 2018, secondo un’indagine delle forze dell’ordine locali, avrebbe spacciato eroina a quattro tossicodipendenti. Non poche dosi di droga, ma oltre un centinaio di cessioni, per incassare somme che andavano da 30 a 35 euro a dose.

La vita di Osamuyi Odia Omogbe cambia all’alba del 2 dicembre 2018 quando le forze dell’ordine bussano alla sua porta di casa, all’epoca residente a Silandro in Val Venosta, dove il nigeriano di giorno lavora come tuttofare in un residence turistico e di sera frequenta la scuola professionale del metallo.

Gli contestano un reato pesantissimo: spaccio di sostanze stupefacenti. Non droghe leggere ma eroina. Lui cade letteralmente dalla nuvole e per una settimana rimane dietro alle sbarre del carcere di Bolzano, prima di essere scarcerato con altra misura cautelare. Gli anni successivi sono scanditi dalle udienze dei processi, in cui lui grida la sua innocenza. In aula non ci sono prove della sua colpevolezza. Anzi.

Quelli che dovevano essere i suoi grandi accusatori, i tossicodipendenti ai quali avrebbe spacciato eroina, non lo riconoscono in aula. Un testimone dice che lo spacciatore aveva il viso butterato dall’acne, mentre Osamuyi Odia Omogbe aveva la pelle liscia. Un altro, incalzato in aula dal pm sbotta con la frase “E che devo dichiarare una cosa per forza perché gli fa comodo a lei?” Altri, in aula, non lo riconoscono tra i presenti come lo spacciatore, che avrebbe venduto loro quasi quotidianamente, l’eroina.

Ma alla fine il dubbio che dovrebbe naturalmente insinuarsi che Osamuyi Odia Omogbe sia stato arrestato e processato per un clamoroso scambio di persona, non fa breccia. Prima il tribunale di Marcerata lo condanna alla pena di 6 anni e 4 mesi di reclusione e 28.000 euro di multa (la più alta fra gli imputati). Poi la Corte di Appello di Ancona conferma la sentenza e infine viene dichiarato inammissibile il ricorso per Cassazione.

Quando ormai la fiducia è persa e lo spettro della galera è sempre più concreto, è la compagna del nigeriano, una trevigiana che nel frattempo ha portato Osamuyi Odia Omogbe a vivere nel capoluogo della Marca, a tentare la mossa disperata.

La coppia si rivolge all’avvocato Luigi Torrisi che, dopo aver fatto minuziose indagini difensive, raccogliendo prove testimoniali direttamente a Silandro, predispone un ricorso per la revisione della sentenza ormai definitiva, ottenendo dapprima la sospensione dell’ordine di carcerazione, che gli restituisce la libertà, e successivamente, dopo tre udienze in Corte d’Appello a L’Aquila (celebrate tra l’ottobre 2022 e l’aprile 2023), la revoca della sentenza di condanna con dichiarazione di assoluzione di Osamuyi Odia Omogbe per non avere commesso il fatto.

Tra le prove ammesse nel procedimento anche la testimonianza della famiglia altoatesina che lo ospitava e dei responsabili della scuola da lui frequentata che hanno attestato la sua presenza a Silandro nei giorni in cui la pubblica accusa gli contestava lo spaccio di droga a Macerata. Nessuno prese in considerazione la distanza di 600 chilometri tra Silandro e Mecarata? Sei ore e mezza di auto oppure 9 ore e mezza di treno (con 4 cambi)?

Nelle more del provvedimento del 18 aprile, il giovane nigeriano aveva ricevuto anche una cartella di pagamento da 29.299,76 euro per la condanna. «Siamo soddisfatti del risultato ottenuto anche per le scuse che, al termine dell’udienza, la rappresentante della Procura ha sentito di porgere al ragazzo in nome della Giustizia italiana. A questo punto – continua l’avvocato Luigi Torrisi – chiederemo la cancellazione della cartella e avanzeremo richiesta di risarcimento per ingiusta detenzione».

 

Tratto da La Tribuna di Treviso

Sorgente: Sei anni e mezzo per droga: era innocente. Sentenza nulla, la Giustizia chiede scusa – La Stampa

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