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Intervista alla scrittrice sopravvissuta alla Shoah: “Il suo ruolo gli vieterebbe di dire certe cose e lui con arroganza lo fa. Bisognerebbe protestare”

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Non si tira indietro Edith Bruck quando le chiediamo di commentare le parole di Ignazio La Russa su quanto accaduto il 23 marzo del 1944. Le rileggiamo insieme: “Via Rasella è stata una pagina tutt’altro che nobile della Resistenza, quelli uccisi furono una banda musicale di semi pensionati e non nazisti delle SS”. La scrittrice sopravvissuta alla Shoah indugia solo un attimo: “Che tali parole arrivino da un rappresentante delle istituzioni è ancora più grave. Dovrebbe dimettersi”.

Siamo di fronte a minimizzazioni per screditare la legittimità morale della Resistenza?
“Non parlerei di minimizzazioni ma di mistificazioni. Menzogne. La Russa mente sapendo di mentire. Le sue non sono esternazioni casuali. Sono pensate, volute. È orgoglioso delle sue convinzioni”.

Tanto da omettere che il battaglione Bozen preso di mira dai partigiani rispondeva alle SS?
“Lancia una sfida, cosciente di rimanere impunito, di farla franca”.

Dunque ci vede un attacco deliberato?
“Il suo ruolo gli vieterebbe di dire certe cose e lui con arroganza lo fa. Non mi stupisce, in Italia si organizzano manifestazioni fasciste, si esibiscono busti di Mussolini, croci uncinate. Della Costituzione sembra non importi nulla. La Germania ha fatto più seriamente i conti con il proprio passato, qui ci stiamo allineando a Ungheria, Polonia, Romania. Una nuvola nera avanza in Europa”.

Elly Schlein ha definito le parole del presidente del Senato “indecenti” e “inaccettabili” soprattutto “per il ruolo che La Russa ricopre”.
“Sono incompatibili con i valori costituzionali. Non solo cancellano la verità ma rappresentano un danno. Un danno per il futuro, per l’Italia e per i giovani che poco sanno e dovrebbero sapere”.

A che porterà quest’opera di cancellazione?
“Purtroppo tutto ciclicamente ritorna. Non sono pessimista come Primo Levi, non credo che la storia si ripeta identica. Ci sono però segnali preoccupanti. Bisogna sempre spiegare chi sono i morti, altrimenti i giovani non capiscono e magari ridacchiano”.

Si riferisce a qualcosa in particolare?
“Nel 1983 sono tornata a Dachau. All’ingresso c’era una scritta con il numero di morti complessivo, che non spiegava altro. Dachau è stato il primo campo di concentramento in Germania, dove inizialmente furono deportati i tedeschi handicappati e pochi antinazisti, poi alcuni preti e zingari e solo infine gli ebrei. Ma la maggior parte dei morti sono stati ebrei. Questo va spiegato. I morti vanno spiegati”.

Eppure alcuni analisti ritengono l’antifascismo una parola novecentesca.
“(ride) In Italia stiamo raggiungendo livelli vergognosi. In ogni caso sono incapace d’odio. Da quando sono uscita dall’inferno dei campi sono diventata una persona migliore, perché mai vorrei assomigliare ai miei aguzzini. Oggi non ci sono Pertini o Nenni, ma abbiamo Mattarella, che si è recato al Mausoleo delle Fosse Ardeatine a rendere omaggio alle vittime, e c’è il Papa, capace di parlare a tutta l’umanità. È stato Francesco a dirmi che non bisogna tacere, che bisogna battersi per un mondo migliore”.

Come ci si può battere contro il revisionismo istituzionale?
“Quando Giorgia Meloni ha ricordato le vittime delle Fosse Ardeatine definendole genericamente “italiani” bisognava protestare. Conosciamo la storia. Ma nei telegiornali Rai si è glissato sulla notizia. Le sembra possibile? Alle Fosse Ardeatine sono stati uccisi 335 antifascisti, tra i quali 75 ebrei. I nostri politici dovrebbero spiegare che cosa è successo e invece mentono. La loro è malafede. Sanno benissimo quello che dicono, ne sono coscienti. E questo rende il loro atteggiamento ancora più colpevole. Avevano l’occasione di spiegare chi è morto alle Fosse Ardeatine e l’hanno persa. Anche così si avvelenano le masse”.

Ci avviciniamo al 25 aprile, La Russa che farà?
“Non lo ha ancora chiarito, ma a questo punto ha poca importanza, sarebbe una partecipazione di facciata”.

E nella sua vita, che ruolo ha l’antifascismo?
“Quando sono arrivata a Roma nel 1954 mi faceva la corte un ragazzo ma ero diffidente, temevo fosse fascista. Poi mi ha portata alle Fosse Ardeatine mostrandomi dove era stato ucciso suo padre. Era il figlio del partigiano Mario Tapparelli. Dopo ho conosciuto Nelo Risi, mio marito, un grande antifascista”.

Come difendere oggi verità e memoria?
“La mia arma è la voce. Solo così la mia sopravvivenza può servire a qualcosa”.

Sorgente: Edith Bruck: “Ha mentito sapendo di farla franca. Dovrebbe dimettersi” – la Repubblica

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