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Portare ad almeno due il numero di figli per ogni donna. Questa la sfida per l’Italia, che parte da quota 1,24. Da notare: 2 sarebbe un risultato a malapena sufficiente a mantenere costante la popolazione esistente, al netto del saldo tra immigrati ed emigrati. Il cambio di passo è urgente: il numero delle donne in età fertile sta già diminuendo anno dopo anno. Ma due figli per donna non è un obiettivo impossibile: diversi Paesi che avevano visto diminuire la natalità si stanno avvicinando a questo obiettivo. Le ricette in campo sono sostanzialmente due, variamente combinate tra di loro.

 

Svezia e Europa occidentale

Da una parte ci sono i Paesi dell’Europa occidentale, con la Svezia capofila, seguita da Francia e Germania. Qui si è cercato di favorire il lavoro femminile — senza due stipendi difficile fare il secondo figlio — aumentando nello stesso tempo i servizi, dai nidi in su, che consentono di tenere insieme i compiti domestici di cura con gli impegni fuori casa. Poi ci sono i Paesi dell’Est Europa, Ungheria in testa, che hanno puntato in primis su agevolazioni fiscali erogate alle famiglie che riempiono le culle. Cosa cambia tra una strada e l’altra? «Garantire sgravi fiscali alle famiglie che fanno più figli può far reagire immediatamente gli indicatori della natalità. Ma, oltre a essere oneroso per i conti pubblici, potrebbe non bastare per un risultato strutturale. Le decisioni legate alla natalità dipendono dalle disponibilità economiche di ogni nucleo, ma anche dai servizi su cui si può contare. In generale, sarebbe utile una buona combinazione dei due elementi», dice il demografo della Cattolica Alessandro Rosina.

 

 

Il caso ungherese

In Ungheria l’occupazione femminile è decisamente più bassa rispetto a quella maschile: 15,3 punti percentuali di divario (comunque meno dell’Italia che ne ha 19). Il governo Orbàn ha puntato molto su sgravi fiscali per le famiglie che fanno più figli. Qualche esempio:esenzione a vita dalla tassa sui redditi per le donne con almeno 4 figli; prestito a interessi ridotti di 31.500 euro per le donne under-40 che si sposano per la prima volta, un programma di prestiti per famiglie con almeno due bambini per comprare casa con un aiuto per pagare il mutuo che vale circa 3.000 euro per ogni figlio. Tutti questi interventi hanno portato la spesa per sostenere la natalità al 6% del Pil in Ungheria mentre i figli per donna sono saliti da 1,54 del 2017 all’1,6 di oggi.

 

In Germania: si investe sulla natalità il 3,3% del Pil

Modelli sulla scia di quello ungherese sono adottati anche in Polonia e in Russia. Situazione diversa in Germania. I figli per donna sono 1,6, decisamente risaliti negli ultimi anni, e si investe sulla natalità il 3,3% del Pil. Gran parte delle risorse sono mobilitate sotto forma di servizi come i nidi gratuiti. Gratuiti è la parola magica: se il costo della retta supera i 500 euro al mese come a casa nostra, per le tasche di molte famiglie il nido diventa fuori portata. C’è poi una questione culturale: tedeschi e francesi sanno che il nido non peggiora ma migliora la crescita dei neonati. In Francia e in Svezia i nidi sono frequentati dal 50% de bambini. Da notare: in Francia e in Germania il gap tra occupazione maschile e femminile è più basso: 7,9%. La Francia offre anche sgravi fiscali importanti per chi mette in regola colf e baby sitter: con il cheque employ è più conveniente il lavoro regolare che quello in nero (da noi l’80% degli aiuti domestici, in gran parte donne, sono in nero). Per finire, interessante il caso della Spagna. Qui si è puntato su 16 settimane di congedo per i padri (in Italia 10 giorni) per favorire la condivisione dei compiti in famiglia e di conseguenza il lavoro delle donne.

Sorgente: Denatalità, ecco le ricette degli altri Paesi: colf e nidi gratis a Berlino e Parigi, in Spagna 16 settimane di congedo ai papà

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