Anche perché gli attori di questi crimini si sono fatti sempre più prudenti nei loro “affari”: non parlano al cellulare tramite le linee tradizionali ma usano la rete. Costruiscono sistemi di schermatura sempre più sofisticati, come il ricorso ai prestanome cinesi che fungono da vero e proprio “sistema panbancario” che consente loro di spostare somme di denaro in Cina con “stanze di compensazione” che si muovono da Milano a Napoli. E allora, bisogna proprio entrarci nei telefonini e scavare tra le chat, le foto, gli sms e i videomessaggi che sfuggirebbero a intercettazioni tradizionali.
La Procura di Milano lo ha fatto ed è riuscita così a scoperchiare questo monumentale giro di evasione. Per questo prende posizione sul futuro di quei sistemi di “captazione itinerante” che consentono agli investigatori di assumere il pieno controllo dei cellulari, ma che vengono oggi demonizzati dal partito dell’impunità. Senza, diventa impossibile mettere a fuoco anche i “beneficiari ultimi”, vale a dire la grande committenza dei colossi della logistica. Nelle intercettazioni c’è ad esempio un “consulente” legale di Dhl Supply Chain (colosso della logistica finito al centro di un’altra indagine milanese), che parla con Salvatore Bordo, principale protagonista dell’inchiesta, di come ridurre il costo dei servizi esternalizzati. In un’altra, Bordo, intercettato coi trojan, parla di come svuotare e far gestire “da cittadini marocchini” una delle tante società fallite. A pagina 653 dell’ordinanza si legge pure di quando sonda la possibilità di “pagare la Finanza” per “ammorbidire un po’ i toni”.
L’operazione appena conclusa a Milano impressiona per i numeri. Numeri per altro parziali: le somme contestate si riferiscono infatti alle sole cooperative già fallite. Danno però la dimensione di un fenomeno che – ha proseguito Pedio – “dovrebbe destare maggiore attenzione da parte dello Stato, che si dovrebbe cercare di monitorare e prevenire. Noi qua in Procura abbiamo stilato un protocollo con l’Inps sulle anomalie del mercato del lavoro e ci auguriamo che i contributi del Pnrr vadano a implementare i sistemi informatici dell’Inps e dell’Agenzia delle Entrate e che possano funzionare in modo più efficace per intercettare meglio questi fenomeni”. Non è dato sapere quanto sarà effettivamente recuperato all’Erario grazie all’indagine milanese, ma se consentisse di riavere anche solo un decimo di quanto accertato, vale a dire 27 milioni di euro, il costo per i servizi d’intercettazione saranno ben ripagati. Un’altra freccia in meno all’arco di chi bolla come “spreco” uno strumento che permette di stroncare fenomeni criminali che danneggiano tutti: i lavoratori (spesso extracomunitari), le impese oneste e i contribuenti.
Sulla presa di posizione dei pm milanesi plana il Movimento Cinque Stelle. I rappresentanti del M5S nelle commissioni Giustizia della Camera e del Senato attaccano la maggioranza e Azione-Iv “impegnati senza sosta a smantellare i principali baluardi normativi contro il malaffare dei colletti bianchi, proprio quello emerso dall’inchiesta di Milano”. Rivendicano di aver esteso con la legge Spazzacorrotti l’uso del trojan ai reati contro la PA. “Le bufale della maggioranza allargata a Renzi e Calenda sono state smentite dalla stessa magistratura e dai dati emersi nell’indagine conoscitiva in corso al Senato: su intercettazioni e trojan gli addetti ai lavori hanno ribadito che non c’è alcun abuso, né quantitativo né in riferimento alla diffusione illecita dei contenuti, il numero complessivo delle intercettazioni negli ultimi anni è addirittura in calo. E’ ora di smetterla con la disinformazione che strizza l’occhio all’impunità – concludono -, l’Italia ha bisogno di legalità, diritti e giustizia sociale”.