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Su Limes un interessante e poderoso pezzo sulla Polonia nell’attuale crisi di Paolo Morawski, collega e amico RAI riscoperto, che a Varsavia c’è nato. Quasi un libro e riassunto impossibile. Analisi presa a scatola chiusa non contando le singole opinioni ma la serietà delle argomentazioni, studi e osservazioni sempre intelligenti che uno non deve per forza condividere ma rispettare.

Vista da Varsavia, l’Ucraina è già nella Nato e nella Ue. Ne consegue che la Polonia e i suoi vicini non sono più Est, ma Centro di una un’Europa saldamente filo-atlantica. La profezia (inascoltata) del 1977. La guerra come svolta nelle relazioni con Kiev.

La solidarietà dei polacchi

Nel 2015 la Polonia ha voltato le spalle all’ondata di rifugiati provenienti dall’Africa e dall’Asia, non aiutando altri paesi europei (tra cui l’Italia) che ospitavano persone in difficoltà. Di recente ha eretto un nuovo muro al confine con la Bielorussia per impedire l’ingresso alle persone in fuga dal Medio Oriente (Siria, Iraq, Iran) e dell’Afghanistan. Nella società polacca è all’opera una distinzione tra rifugiati «nostri» e «non nostri» che probabilmente viene da lontano.

Solidarność si e no

«Il massiccio e caloroso aiuto dato ai vicini ucraini non è però scontato, pur sommandosi al capitale simbolico stratificatosi nel tempo su Solidarność», nelle sue diverse e degradanti fasi storiche. Lo Stato polacco più di altri ha incorporato la solidarietà nella propria costruzione e narrazione pubblica. Ma non può esistere solidarietà nella dimensione dello Stato nazionale senza pluralismo democratico, Stato di diritto e rispetto dei diritti delle minoranze.

Oggi in Polonia la battaglia politica si svolge nella applicazione di quella che dovrebbe essere la solidarietà «alla polacca». Chi la intende mirata al proprio elettorato e chi vuole applicarla alla pluralità includendo tutte le minoranze e componenti.

Ucraina soprattutto

L’aiuto spontaneo agli ucraini aggrediti dalla Federazione Russa dimostra la forza sociale e umanitaria dei polacchi. Da una parte armi, munizioni, formazione militare: tipologie di aiuti dello Stato. Dall’altra, i polacchi (le persone) che inviano in Ucraina generi alimentari, vestiti, medicinali, attrezzature e quanto può essere utile laggiù; accolgono i rifugiati in casa propria, nelle seconde case e negli immobili sfitti, sovvenzionandoli con collette presso amici e parenti.

Accoglienza dal basso

La società polacca si è prodigata nell’accoglienza aprendo appartamenti, stringendosi, tirando la cinta. Circa 2 milioni di persone hanno trovato tetto e letto, 160 mila solo a Varsavia (la popolazione di Perugia, o di Ravenna). Il governo per mesi è stato superato dagli eventi: la stragrande maggioranza dell’accoglienza è avvenuta «dal basso», a livello di famiglie e di singoli individui, di volontari, associazioni, ong, parrocchie e comunità religiose.

Effetti imprevisti

Ma in un anno si sono accumulati molti effetti imprevisti. È saltato ogni equilibrio nel mercato immobiliare. Sul mercato del lavoro un lavoratore ucraino costa meno di uno polacco, e gli ucraini hanno ‘invaso’ alcuni settori, come le costruzioni. In autunno sui social sono partite malevole bordate anti-ucraine: «ci tolgono il lavoro»«ci passano davanti alle visite mediche»«per noi polacchi non c’è posto negli ospedali»«hanno i nostri stessi privilegi sociali».

Vendette storiche

Memoria di crimini commessi dai ucraini contro polacchi in Volinia durante la guerra mondiale. L’abuso politico delle vicende storiche, le precarietà del welfare nazionale ha creato le premesse di una possibile guerra tra poveri. «Capita di ascoltare polacchi che dicono: ‘Appoggio l’Ucraina ma non sopporto gli ucraini’». Ma finora niente di grave è accaduto. Come si spiega? Domanda chiave cui cerca di darci risposta Paolo Morawski.

Economia in discesa ma riarmo da paura

I lavoratori ucraini costano meno e per una parte di classe media polacca è un vantaggio notevole nonostante la situazione di crisi economica. Inflazione (tra le più alte in Europa) e forte rincaro dell’energia. Cresce il numero dei poveri, aumenta il lavoro nero, si estende la zona grigia tra attività legali (tassabili) e non. Si moltiplicano gli scandali, gli episodi di corruzione, le truffe all’erario, i conflitti d’interesse.

‘Obywatelskie rewolucje’ del 1989-91

Ai polacchi la guerra ucraina ricorda che le rivoluzioni civili (obywatelskie rewolucje) del 1989-91, la caduta della cortina di ferro, la fine delle democrazie popolari e dei comunismi reali, lo scioglimento del Patto di Varsavia e la dissoluzione dell’Urss – non sono affatto finite. La lettura polacca è che Putin e il suo regime vogliono impedire all’Ucraina di compiere la propria rivoluzione democratica e raggiungere il campo dell’Europa occidentale.

La spinta baltica contro Mosca

Vista dalla Polonia, la guerra che la Federazione Russa ha lanciato contro l’Ucraina non riguarda solo quest’ultima, ma rientra in una più ampia strategia del Cremlino tesa a impedire che l’Ue si allarghi e si consolidi a est. Nel dicembre 1991 la Polonia fu il primo paese a riconoscere l’indipendenza dell’Ucraina e nel maggio 1992 firmò un trattato interstatale. Per Varsavia un’Ucraina indipendente, sovrana e filopolacca era e resta la migliore garanzia di sicurezza a est contro eventuali revanscismi russi.

Volodymyr Zelens’kyj

Nel discorso che il 22 maggio 2022 il presidente Volodymyr Zelens’kyj ha tenuto a Kiev davanti alla Verkhovna Rada (parlamento) ha tracciato un quadro insolitamente roseo delle relazioni polacco-ucraine: «Il 24 febbraio ha cambiato tutto. Ha cambiato le nostre nazioni. Ha cambiato i nostri paesi. (…) Ucraini e polacchi stanno fianco a fianco nonostante i litigi e le nuvole del passato».

Storia e memoria

Ma ad avvelenare i rapporti tra polacchi e ucraini sono ancora gli spettri della seconda guerra mondiale. Per gli storici il numero più probabile di polacchi uccisi dagli ucraini nel 1943-44 fu di circa 100 mila. Si trattò di «pulizia etnica a carattere genocida» pianificata ed eseguita con freddezza su civili per lo più inermi. Circa 10-15 mila ucraini furono uccisi nelle azioni di rappresaglia polacche, anch’essi in gran parte civili. Altri da ambo le parti avanzano cifre molto più alte.

Il nazista Bandera

Nel luglio 2018, il presidente polacco Duda denunciò l’organizzazione Oun-B, la fazione di Bandera, dell’Esercito insurrezionale ucraino (Upa), come responsabile dei massacri. Chiedendo di poter dare un nome a sepolture di massa anonime (come chiedono adesso gli ucraini agli occupanti russi). Le maggiori controversie riguardano ancora oggi il giudizio sull’Upa. Per la parte polacca dei criminali. Per la parte ucraina, qualche pecora nera, ma degli eroi per l’indipendenza ucraina: prima contro i tedeschi, poi contro l’Armata Rossa, gli occupanti sovietici e l’Nkvd.

Controstoria

I polacchi difendono il loro operato nel ventennio 1918-39 e la costituzione della seconda ‘Rzeczpospolita polacca che garantiva a tutte le minoranze uguali diritti’, ma gli ucraini accusano i polacchi di averli trattati come cittadini di serie B e di non riconoscere che la Confederazione polacco-lituana non fu «Stato nazionale», bensì un paese composito con molti eredi (lituani, bielorussi, ucraini), non solo polacchi.

Imperialismo coloniale

Russia ultimo impero coloniale d’Europa, ha accusato il presidente polacco Andrzej Duda. Che quella attuale sia guerra neocoloniale lo sostengono in molti pur litigando sui dettagli. La più efficace definizione di colonialismo sovietico fu data nel 1977 sulla rivista dell’emigrazione polacca ‘Kultura’ a Parigi. «L’Unione Sovietica è oggi l’ultimo impero coloniale al mondo e prima o poi la tendenza universale alla liberazione nazionale dovrà colpire anche la sua anacronistica esistenza».

«Pensare l’Est a est»

L’appello del 1977 e le attuali dichiarazioni polacco-ucraine possono e devono essere discusse, purché si smetta di guardare con sufficienza alle nazioni dell’Est europeo. «La guerra della Russia in Ucraina, si rammaricano in molti, ha messo a nudo i pregiudizi dell’Europa occidentale amplificati da un complesso di superiorità. Pregiudizi venati di razzismo antislavo che limitano la capacità di leggere i fatti».

L’Europa del Centro e dell’Est

L’Europa del Centro e dell’Est spesso viene presentata come un’anomalia che costringe a fare i conti con complessità e identità plurime dove la memoria e l’oblio si sovrappongono come nel caso ucraino. E dalla paura dell’anomalia nasce la tentazione di pensare: vicende incomprensibili per noi occidentali. «E ciò che è incomprensibile porta all’indifferenza, all’equidistanza, (…) che è un’estrema forma di semplificazione».

Rzeczpospolita Obojga Narodów

Le ripetute spartizioni della Polonia-Lituania di fine Settecento. Nel 1795 la Rzeczpospolita Obojga Narodów, la Confederazione polacco-lituana creata nel 1569 dall’unione del Regno di Polonia e del Granducato di Lituania, cessò di esistere. Le terre che erano state polacche, divennero periferie, colonie di potenze dominanti e ostili: Russia, Prussia, Austria imperiale.

Boemia, Bulgaria, Moldova, Serbia e Croazia vennero inghiottite dagli imperi del tempo, terre ‘vinte’ culturalmente invisibili, rimosse.

Europa occidentale erede coloniale

Dalla fine del Settecento in poi sono state le grandi potenze vincitrici a plasmare, filtrare, trasmettere informazioni e conoscenze su quell’area, orientandone a proprio piacere e vantaggio storia, punti di vista, sensibilità. L’effetto è una visione estremamente semplificata del nostro continente, che i nazionalismi tra XIX e XX secolo hanno cristallizzato.

Le categorie di Est e Ovest

L’Est di ieri oggi si pensa Centro, come se l’allargamento dell’Ue a Ucraina e Moldova fosse già avvenuto. Nelle teste polacche è già avvenuto, oltre c’è già un nuovo Est: la Bielorussia, la Russia e forse la Georgia, l’Azerbaigian, l’Armenia. Intanto il nuovo Centro rivendica un ruolo, sprona gli altri europei a fare di più per l’Ucraina, s’indigna contro chi «cala le braghe» davanti a Putin.

Tra Baltico e mar Nero

Il nuovo Centro tra Mar Baltico e Mar Nero, in latino Intermarium: tra i mari, appunto. «Un ritorno drammatico della frattura in seno all’Europa tra il suo Est e il suo Ovest (…) lungo l’antica faglia, quasi dimenticata, che delimitava le due tradizioni storiche europee, quella latina occidentale e quella post-bizantina».

La guerra cosa alimenta

C’è un’ulteriore realtà che la guerra della Russia contro l’Ucraina alimenta: la Polonia è oggi atlantista quanto l’Italia nel secondo dopoguerra. La Polonia persegue due fondamentali direttrici, atlantismo ed europeismo. Tuttavia per Varsavia l’atlantismo appare sempre più ‘identitario’ dell’europeismo, come se far parte della Nato fosse cento volte più importante di far parte dell’Ue.

Antemurale Christianitatis

Certamente lo è dal punto di vista della sicurezza. Ecco perché c’è chi rispolvera l’antica idea dell’antemurale: secoli fa ‘antemurale Christianitatis’, oggi baluardo tra Baltico e Nero per arginare il ritorno russo. Con la guerra non si è spostato verso est solo il baricentro dell’Ue, ma anche la vecchia cortina di ferro.

Sorgente: Polonia, Ucraina, Nato, Ue, Occidente –

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