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Tra le storie che dimentichiamo, c’è quella del modo in cui nacque la Nuova Banca di Sviluppo dei BRICS (la sfidante del FMI).

La Nuova Banca di Sviluppo dei BRICS

I paesi più ricchi, dopo la crisi del 2007 prolungatasi in Europa con la crisi dei debiti sovrani, rifiutarono un cambiamento delle quote di partecipazione all’interno del FMI.
Un cambio delle quote voleva dire un cambio di peso politico e voti, non gradito ai più ricchi (Nord America e Europa).

Il Congresso degli USA bloccò la proposta di riforma delle quote del FMI a marcire, senza mai esplicitare la decisione (così da non irritare la Cina, principale acquirente del debito USA e, in quel momento di crisi, scialuppa di salvataggio per gli europei).

Sul peso dei BRICS nella crisi europea, basti ricordare:
– I grandi investimenti cinesi in Grecia, con eclatante acquisto del Pireo;
– La partecipazione dei capitali russi nel settore bancario cipriota.

Il sostanziale (ma non formale) immobilismo degli USA, spinse gli emergenti ad organizzare una propria banca internazionale concorrente; decisione presa nel 2013, formalizzata nel 2014 con la fondazione della stessa, diventata operativa a partire dal 2016.

Anche se non sembra, nel frattempo di cose ne sono successe:
Brexit (con crisi di vari governi britannici e morte della regina);
– Cacciata di Trump con rivolta popolare (e attuale invito di Trump alla rivolta di nuovo);
– Intervento russo in Ucraina 2022 (la guerra c’era già dal 2014 e gli ucraini bombardavano i russofoni da anni, ma è un’altra storia).

Questi fatti hanno reso più dinamico il blocco emergente.
In pochi anni hanno affiancato alle proprie organizzazioni regionali (a cui dedicai un post) che ogni Stato coltiva nel proprio settore (benvenuto multipolarismo), organizzazioni più vaste: SCO (gruppo di Shangai) che ormai travalica l’Asia e arriva in Europa e Africa (con Egitto e Russia Bianca).

A preoccupare l’Occidente è la pioggia di domande di adesione: le ultime sono Algeria e Zimbabwe, prima c’erano state Iran e Argentina (in schema russo-cinese, come le africane).

Tasselli che denotano qualche guaio in paradiso: una rivalità tra moderati, marittimi e del Sud (India e Brasile) e duri e puri, dirigisti e euroasiatici (Cina e Russia) – già nel 2013, sulla formazione della Nuova Banca di Sviluppo, India e Brasile frenarono il protagonismo cinese, imponendo che tutti i paesi contribuissero in modo eguale.

Tra le storie che dimentichiamo, c'è quella del modo in cui nacque la Nuova Banca di Sviluppo dei BRICS (la sfidante del FMI).

I paesi del G20 hanno la possibilità di accedere più velocemente ai BRICS; Egitto, Turchia, Indonesia e Nigeria bussano per entrare; il Messico (complice l’ingombrante vicino di casa e qualche problema con i cartelli) guarda più calmo (intanto nazionalizza il litio).
Nel 2021, la Banca dei BRICS ha accolto come nuovi membri: Bangladesh, Egitto, Emirati Arabi e Uruguay.

Può piacere o non piacere, ma mentre gli statunitensi si sparano a vicenda per le sorti di Trump, il resto del mondo non ha intenzione di stare a guardare.

 

 

Sorgente: La Nuova Banca di Sviluppo dei BRICS che sfida il FMI – Kulturjam

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