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Da Larissa a Corato-Andria fino a Rigopiano, serve il coraggio di una responsabilità istituzionale. Di chi non ha fatto quanto doveva per garantire la sicurezza dei cittadini

Il disastro per lo scontro frontale tra due treni a Larissa, in Grecia, in cui sono morte 57 persone, e che sta provocando scioperi e disordini di piazza con studenti e lavoratori riuniti davanti al Parlamento, si è subito imputato ad un errore umano del capostazione: si è trovato da solo a gestire il traffico, in una situazione di stress, assunto da due mesi con una scarsa formazione. Ma il cosiddetto errore umano nei disastri colposi è la conseguenza di colpe ben più alte per aver mantenuto un sistema di sicurezza antiquato che scarica sull’uomo tutte le imperfezioni.

Per questo, oltre l’arresto del capostazione che rischia anche l’ergastolo, il ministro dei trasporti Karamanlis si è dimesso assumendosi la responsabilità politica “per rispetto della memoria delle persone che sono morte ingiustamente”. Il primo ministro Mitsotakis ha chiesto scusa “anche a nome di tutti coloro che hanno governato” precisando che “non dobbiamo nasconderci dietro l’errore umano. Se il progetto delle telecomunicazioni fosse stato completato, questo incidente sarebbe stato praticamente impossibile”. Parole chiare di chi ha il coraggio di assumersi la responsabilità politica di un disastro le cui cause non sono solo materiali e scaricabili sull’anello più debole.

Un coraggio a cui nel nostro Paese non siamo più abituati. Il 12 luglio 2016 tra le stazioni di Corato e Andria lo scontro frontale tra due treni che non dovevano trovarsi sullo stesso binario portò a un disastro ferroviario con 23 morti e 50 feriti per cause analoghe a quelle di Larissa: un capostazione, anch’egli solo, sbagliò a individuare un treno e diede il via libera anziché lo stop, gravando su di lui stanchezza e un sistema di sicurezza ancora fermo al cosiddetto blocco telefonico, cioè il primo sistema inventato dopo l’abolizione del telegrafo.

Ma dopo quel disastro non si dimise nessuno, non vi furono scuse. La Commissione di inchiesta del Senato sugli infortuni sul lavoro venne a capo in pochi mesi delle gravi lacune nel sistema dei controlli, affidato a un ufficio del ministero delle Infrastrutture. Le competenze furono subito spostate in capo ad una neocostituita Agenzia per la sicurezza ferroviaria, alla quale dopo il crollo del ponte Morandi sarà attribuita anche la competenza sulla sicurezza della rete autostradale. Ma oggi quell’agenzia ha soltanto 300 ispettori circa per tutto il territorio nazionale.

Pur nella tragedia stavolta la Grecia è di esempio: oltre le scuse si ammette la responsabilità politica di chi non ha fatto quanto doveva per garantire la sicurezza dei cittadini. In Italia, in identica situazione, gridiamo la solita frase “mai più”, si fanno nuove norme ma ci si sottrae alle responsabilità politiche che non devono attendere che “la giustizia faccia il suo corso”, per addebitare ai magistrati dopo anni l’esito di un processo finito diversamente dalle legittime attese dei parenti delle vittime.

Abbiamo tutti il dovere di dare una risposta, non solo di responsabilità penale, alle vittime della strage di Viareggio, della tragedia di Rigopiano, dell’Eternit di Casale, del rogo della Thyssen Krupp e dei troppi disastri e omicidi colposi. Non si può rispondere semplicemente “è una vergogna”, come ha fatto il ministro Salvini dopo la sentenza su Rigopiano.

Quando frana una montagna ai cui piedi qualcuno ha permesso di costruire un albergo, crolla un ponte la cui gestione è oggetto di una concessione, cede il soffitto di una scuola che non è mai stato controllato, si sgancia la cabina di una funivia per la manomissione dei freni, un treno si scontra con un altro perché non si è investito sul sistema di sicurezza, non basta l’accertamento giudiziario sulle colpe delle persone fisiche. Attendiamo dal 2001 la responsabilità per colpa organizzativa e gestionale di una società anche per il reato di disastro ai sensi del d.lgs. 231.

Ma soprattutto occorre il coraggio di una responsabilità istituzionale: nel Paese dei condoni edilizi, dell’amianto nelle scuole, della mancanza di controlli e di controllori, delle autorizzazioni, concessioni, nulla osta e permessi approvati con il silenzio assenso, senza verifiche reali, occorrono atti di responsabilità da parte di chi avrebbe dovuto affinare le norme sulla prevenzione, dare ai controllori i mezzi per applicarle, destinare risorse umane e finanziarie per tutelare cittadini, passeggeri, studenti. Anche le leggi, i regolamenti, la burocrazia e soprattutto le inerzie sono cause colpose dei disastri. Questa sì che è una vergogna.

Sorgente: Grecia e Italia: disastri, di chi è la colpa – la Repubblica

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