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Prima della guerra era precipitato nei sondaggi del suo Paese, oggi è un imperatore del popolo col 94% dei consensi. Ma l’ostinazione contro qualsiasi compromesso e l’attivismo mediatico creano ora anche imbarazzi nel mondo che lo sostiene

di Francesco Battistini

Etiopia, qualche mese fa. Scava che ti scava, il paleontologo americano William Ausich trova finalmente il fossile marino che cercava da una vita: una rarissima stella piumata del Giurassico Superiore, un invertebrato di 150 milioni d’anni fa. Lo raccoglie, lo pulisce, lo fotografa, lo studia. E alla fine annuncia al mondo: si chiamerà Ausichicrinites Zelensky. Come il presidente ucraino. Perché questa specie di stella marina, spuntata nel deserto del Tigrai, è famosa per la sua capacità di perdere un braccio e di rigenerarlo dal nulla. E perché Zelensky, spiega, è proprio così: ostinato nel riprendersi le terre perdute, col «coraggio di difendere un’Ucraina libera».

A Star is Born. Da «Ballando con le Stelle» a stella fissa nel De Bello Ucraino. Da Servitore del Popolo a eroe pop. Presidente venuto dal cabaret, protagonista della tragedia. Quando Vladimir Putin l’invase, sicuro d’eliminarlo, il sesto capo dell’Ucraina indipendente era ormai precipitato nei sondaggi e aveva contro due terzi degli elettori: deludente nella lotta alla corruzione e nei negoziati sul Donbass, inconcludente nelle promesse di legalizzare la cannabis e la prostituzione e l’aborto gratuito e il gioco d’azzardo, costretto a rimpastare i ministri, snobbato dai media, sporcato dal Trump dell’Ukrainagate, persino diffamato per via di qualche vizio privato… «Sei un incapace irresponsabile», l’attaccava l’oppositore Petro Poroshenko. «Suona il pianoforte, ché ti vien meglio», lo irrideva l’ex premier Yulia Tymoshenko. Poi, ecco quella notte. Che notte: «Ricordo d’essermi svegliata con rumori strani all’esterno — racconta la moglie Olena — e ho visto che Volodymyr non era accanto a me. Sono andata nell’altra stanza ed era già vestito, senza cravatta. L’ultima volta che l’ho visto in abiti civili. Gli ho chiesto: che succede? E lui: è iniziata».

 

Un anno di guerra dopo, Volodymyr Oleksandrovyc Zelensky detto «Ze» è un imperatore del popolo al 94 per cento dei consensi. «Un leader spirituale», l’esalta il fidato consigliere Oleksandr Kornienko. «Uno dei più grandi leader mondiali», lo decanta il fedelissimo Andrij Ermak. «È diventato un soldato e siamo tutti con lui», ha cambiato idea Poroshenko. «Siamo un solo popolo e un solo cuore», gli promette adesso la Tymoshenko. Pure all’estero, non solo a Sanremo, è tutt’un grazie dei fiori e un festival degli onori: il premio John Kennedy per il coraggio, la Pergamena della libertà a Filadelfia, la medaglia d’oro Ronald Reagan a Washington, la spilla Churchill a Londra, la targa dell’Ordine del Leon Bianco a Praga, la coccarda dell’Ordine di Viestur a Riga, la catena dell’Ordine di Vytautas il Grande a Vilnius, il cordone dell’Ordine dell’Aquila Bianca a Varsavia, l’onorificenza Dubcek per la speranza a Bratislava… A una conferenza stampa, una giornalista si commuove e gli chiede d’abbracciarlo. In ogni Parlamento sfodera la sua retorica prêt-à-porter — che si parli del Muro al Bundestag, della Shoah alla Knesset, di Pearl Harbor al Congresso, di Churchill a Westminster — e scatena ovazioni minimo di tre minuti. Lui, che è figlio d’un ingegnere cibernetico, ha inventato la guerra online: le centraliniste di Kiev messe a chiamare le mamme russe («lo sa che suo figlio è qui al fronte?»), i video per i red carpet di Cannes e di Venezia, l’infowar su TikTok che rende inutili la Cnn e tutte le Amanpour del mondo. Hashtag la victoria siempre. Col suo autentico kit di magliette militari, i suoi confidenziali selfie dal bunker, la sua (insta)grammatica social, Zelensky ha mummificato di colpo le roboanti parate, le algide posture, gli slogan ingessati di Putin. Secondo Time e il Financial Times, è lui l’uomo dell’anno. Per il Times of Israel, ha in poppa il vento trionfale dell’Elohìm biblico. Per The Hill, è un eroe globale. E se Deutsche Welle lo proclama «praticamente un santo», Der Spiegel lo chiama «eroe in divenire». «La più grande guida dei nostri tempi», dice lo scacchista russo Garri Kasparov. Lo scrittore Jonathan Safran Foer ne esalta «l’irraggiungibile lealtà», l’attore Sean Penn «il coraggio, la dignità, l’amore che emana», Erri De Luca lo paragona al Leonida delle Termopili che oscurò il re dei Persiani… Ze vanta innumerevoli tentativi d’imitazione, segno che piace; una dozzina di tentativi d’omicidio, segno che fa paura; milioni di meme, segno che divide.

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky con “lo spirito dell’Ucraina” nominato persona dell’anno di Time per il 2022 (Foto ANSA/TIME)

Zelensky insieme alla presidente della Commisione  Europea Ursula von der Leyen durante il summit Ucraina-Eu  del 3 febbraio 2023 (Foto EPA/SERGEY DOLZHENKO)Zelensky insieme alla presidente della Commisione Europea Ursula von der Leyen durante il summit Ucraina-Eu del 3 febbraio 2023 (Foto EPA/SERGEY DOLZHENKO)

Heroyam Slava! È vera gloria, naturalmente. Da comico che recitava nei panni d’un finto presidente, a presidente un po’ per caso che impersona un presidente vero: «Uso ciò che lo spettatore ama in un attore, questo sentimento di umanità. È molto facile da fare, perché io rimango me stesso». Salvator Mundi, si racconta uno e trino: è nato attore con la vocazione per entrare in tv, è cresciuto politico con la fissa d’entrare nella Nato, è resuscitato comandante con l’obbligo d’entrare nella Terza guerra mondiale. La mutazione definitiva, alla boa dei 45 anni: il primo Ze ancora vagiva nei suoi studi di Kvartal 95 declamando che «la politica è uguale al cattivo cinema, i politici recitano troppo e io li osservo come può osservarli un produttore televisivo»; il secondo Ze cresceva viaggiando tra Bruxelles e Washington e avvertendo che «se non possiamo stare nella Nato, non chiedeteci d’essere neutrali»; il terzo Ze, quello divinizzato d’oggi, è rinato il 24 Febbraio con la storica risposta agli americani che gli proponevano la fuga da Kiev («ho bisogno d’armi, non d’un passaggio»).

Un tempo doppiava la vocina dell’orsetto Paddington, ora si ritrova a far la voce grossa con l’Orso russo. È il piccolo Chaplin che si fa beffa del Grande Dittatore. Che abbraccia il mappamondo, sogna un’Europa aperta all’EUkraine e una Mosca sigillata per sempre. Su questa russofobia peserà il fatto che da bambino sia vissuto per un po’ nella Mongolia iper-comunista. Conterà che i suoi amici oligarchi, qualcuno anche un po’ corrotto, gli abbiano fatto assaggiare le delizie del mercato occidentale. C’entrerà che pure lui tenga qualche conto off-shore alle Virgin Islands e belle proprietà fra la Georgia e la Versilia. O magari dipenderà tutto da dov’è nato: la ferrosa e cosacca Kryvyj Rih bombardata ogni settimana da Putin, la culla dell’anarchismo contadino di Nestor Machno e del machnovismo rivoluzionario che già sfidava Lenin e i bolscevichi. «Gli ucraini non sono una minaccia per la Russia — spiega lo storico Timothy Snyder —, ma la loro democrazia, sì. Zelensky è giovane, democratico, coraggioso, ebreo, russofono. Non solo smentisce la propaganda di Putin, che vuole i russofoni e gli ebrei perseguitati in Ucraina: mostra come potrebbe essere un nuovo presidente, se in Russia ci fossero libere elezioni». Da attore, Ze non ha mai smesso di recitare in russo. Da presidente, non ha mai smesso di parlare ai russi. E di tutti i video, forse il più duro ed efficace l’ha messo su Telegram lo scorso settembre, 200esimo giorno di guerra, nel mezzo della controffensiva e della battaglia per sbloccare il grano a Odessa: «Pensate ancora che siamo “un unico popolo”? — ha guardato fisso in camera —. Allora non capite proprio nulla. Davvero non capite chi siamo? Che cosa difendiamo? Di che cosa si tratta, per noi? Leggetelo sulle mie labbra. Senza gas o senza di voi? Senza di voi. Senza luce o senza di voi? Senza di voi. Senz’acqua o senza di voi? Senza di voi. Senza cibo o senza di voi? Senza di voi. Perché per noi il freddo, la fame, il buio e la sete non sono tanto terribili e mortali quanto la vostra “amicizia e fratellanza”. Ma la Storia rimetterà tutto al suo posto. Avremo gas, luce, acqua e cibo. E tutto questo, lo otterremo senza di voi».

Li ha fregati tutti, Ze. L’eroe senza macchia — l’hanno capito presto Biden e Draghi, i cinesi e Kissinger — aveva pure il suo bel caratterino. Un giullare che piano piano s’era fatto re, armato fino ai denti, e noi senza troppa fantasia a definirlo ancora il Beppe Grillo di Kiev. O-ne-stà, o-ne-stà? Macché: altolà, chi va là! Un grillo poco parlante, va detto: quando il pericolo s’ammassava ai confini e Joe Biden gli mostrava la luna dell’invasione imminente, sleepy Zelensky guardava solo il dito e temeva soprattutto «l’allarmismo che fa fuggire gli investitori stranieri». Un grillo fin troppo loquace per i pacifisti, che oramai non ce la fanno più a sentirlo esigere armi e soltanto armi; per Papa Francesco, gl’indiani o i sudamericani del Mercosur che vorrebbero allunare su una tregua qualsiasi, ma vengono regolarmente additati come disfattisti: caro mondo libero, ma quale pace, «il tango si balla in due», datemi casomai più Himars e più Gripen, altri F-16 e nuovi Leopard, perché adesso tocca a noi e poi toccherà a voi, perché stiamo difendendo la civiltà di tutti, si vis petroleum para bellum… Diranno gli storici se sia stato il bavaglio troppo stretto che ha messo alle tv filorusse, ad aizzare l’Orso Putin. O la de-russificazione troppo severa che ha imposto al Paese, accelerandola un anno prima dell’invasione. E saranno i futuri mesi di guerra, i prossimi anni di legge marziale a mostrarci quanta democrazia possano ancora permettersi l’Ucraina e il populista Volodymyr, mentre vengono azzannati con tanta ferocia. «Nella vita ho fatto di tutto per farvi ridere», aveva promesso quattro anni fa insediandosi a Palazzo Marinskij, «ora farò di tutto perché non piangiate». Non ci è riuscito. Di lacrime s’è riempito il Dnepr, ma non è colpa sua.

 

Sorgente: Zelensky è ancora un eroe senza macchia?

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Un commento su “Zelensky è ancora un eroe senza macchia?

  1. ti capisco benissimo Luna Rossa e non approvo il tuo articolo, hai messo anche alcune pècche di Ze … aggiungici anche queste: “… Insomma se l’Ucraina è considerato uno dei paesi più corrotti al mondo e il primo in Europa un motivo ci sarà e, con questa esenzione, il governo di Kiev non sta certamente arginando questo dilagante fenomeno. E noi continuiamo a sostenere un regime corrotto fino all’osso promettendogli pure l’ingresso nell’Unione Europea.
    Se non ricordo male tra i compiti che il governo di Kiev deve fare per entrare in Europa c’è anche la lotta alla corruzione, l’esenzione per i parlamentari ed i funzionari pubblici di presentare la dichiarazione dei redditi va in questa direzione. Ditelo a Borrell e soci europei che si sbracciano per convincerci che Zelensky sta facendo i compiti a lui dati. …” – https://www.occhisulmondo.info/2023/02/23/esentati-i-parlamentari-ucraini-dalla-presentazione-della-dichiarazione-dei-redditi/