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La candidata alla segreteria sta andando meglio del previsto nelle sezioni. Nel voto del 26 febbraio potrebbe perdere di misura. E il Partito democratico sembra destinato a spostarsi ancora più a sinistra

di Mario Lavia

Elly win-win, se vince cambia la storia del Partito democratico, se perde, perde di poco e conterà molto. Lo staff di Elly Schlein vede rosa, secondo le previsioni nei circoli del Pd lo scarto tra lei e Stefano Bonaccini sarà in una forbice tra il 15 per cento e il 10 per cento, una distanza tutt’altro che incolmabile nelle primarie aperte del 26 febbraio, il che fa dire agli schleiniani che «siamo sorpresi anche noi, la partita è apertissima». Per parte sua, Bonaccini ha detto da Giovanni Floris di «essere pronto» ma forse sperava di andar meglio nelle vecchie “sezioni” del partito (da sottolineare che manca ancora il Sud, probabile serbatoio bonacciniano, quel Sud dove proliferano le polemiche per le irregolarità, come al solito).

Una grande incognita destinata a pesare sul risultato finale è quella della risposta alle regionali di domenica prossima. A seconda della reazione del popolo delle primarie (che bisognerà vedere quanto sarà largo: un milione? Uhm), la bilancia penderà per il governatore dell’Emilia-Romagna o per la sua ex vice.

Dando per scontata una duplice sconfitta in Lombardia e nel Lazio bisognerà infatti capire se ne scaturirà una spinta conservativa tale da indurre a stringersi attorno alla figura più solida, che è quella di Bonaccini; o viceversa, potrebbe venire avanti una spinta ribellistica a favore della newcomer Elly nel segno dell’attacco al quartier generale, pur nella paradossalità di avere tra i ribelli buona parte dell’ancien régime: e obiettivamente vedere Francesco Boccia nei panni di Marat o Dario Franceschini in quelli di Robespierre è un po’ inquietante.

Resta per il momento da capire le ragioni del largo voto ottenuto da Schlein. Certo è che sinora lei ha saputo combinare appunto Marat e Boccia, nel senso che ha incarnato una genuina spinta al rinnovamento, quasi alla rottamazione (parola aborrita), con la sapienza congressuale dei vecchi elefanti, da Franceschini a Nicola Zingaretti, da Andrea Orlando appunto a Boccia e quindi quella che avrebbe dovuto essere una essere una contraddizione irrisolvibile si è rivelata una miscela fruttuosa.

Strano che Bonaccini non abbia insistito più di tanto su questo sghembo incrocio di nuovo e di vecchio: in fondo non farebbe violenza alla verità se dicesse che i principali responsabili dei guai attuali del Pd sono addebitabili ai massimi supporter di Elly. Lui resta il favoritissimo per la vittoria finale nei circoli, ma che succederebbe se le primarie dessero un verdetto diverso (cosa mai successa nella storia delle primarie) assegnando la vorrai a Schlein (che potrebbe giovarsi dei consensi che nelle sezioni stanno andando a Gianni Cuperlo, la cui scesa in campo sembra aver frenato proprio la candidata della sinistra)? Sarebbe la fotografia di una base dem scollata dal suo elettorato più largo, dunque un dato politico da far rabbrividire il leader che dovrà gestire il futuro del partito.

In ogni caso il risultato del 26 febbraio, anche qui per la prima volta, non sarà un massacro per il perdente: niente 70 per cento come nella duplice vittoria di Matteo Renzi (2013, 2017) e nemmeno il 66 per cento di Nicola Zingaretti (2019). Sarà un vittoria più di misura, il che incentiverà la prospettiva di una gestione unitaria magari affidando allo sconfitto la presidenza del partito.

Dal punto di vista politico, in questa situazione di equilibrio dove peraltro la candidata della sinistra o vincerà o perderà di poco – questo sembra il dato che già si può prendere in considerazione – il Pd sembra destinato a spostarsi a sinistra, rendendo verosimile la prospettiva di un abbraccio (che può essere mortale) con Giuseppe Conte, e la conseguente apertura di uno spazio al momento non valutabile ma ampio per il Terzo Polo.

Una vittoria di Elly Schlein potrebbe dunque mutare il panorama politico complessivo lanciando il Pd verso un’autentica terra incognita e investendo Carlo Calenda e Matteo Renzi di una più evidente responsabilità di riempire un vuoto nel campo riformista. Sta a Stefano Bonaccini, per adesso, cambiare marcia. Elly è più tranquilla. Com’era il vecchio slogan di Sanremo? Comunque vada sarà un successo.

Sorgente: Per Schlein il congresso del Pd è già un successo (e un problema per Bonaccini) – Linkiesta.it

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