0 4 minuti 1 anno

desc img

di Monica Ricci Sargentini

Najla el Mangoush: «Per diminuire la marea umana bisogna lavorare perché le persone abbiano una prospettiva nel Paese in cui vivono. Solo così ci saranno meno arrivi»

«Per diminuire la marea umana bisogna adottare una strategia olistica e lavorare perché le persone abbiano una prospettiva nel Paese in cui vivono». Najla el Mangoush, prima donna a ricoprire la carica di ministra degli Esteri in Libia, ha le idee molto chiare. «Il nostro sforzo deve essere rivolto a implementare delle misure in Libia come nel resto del Mediterraneo e dei Paesi africani» dice in quest’intervista al Corriere della Sera a margine dei Med Dialogues di Roma. Di migrazione ha discusso anche con il suo omologo italiano Antonio Tajani che ha, poi, annunciato una visita in Libia.

Il suo piano si potrebbe riassumere con lo slogan «aiutiamoli a casa loro»?
«Assolutamente. I migranti cercano una vita migliore, sognano l’Europa. Chiediamoci come possiamo aiutare queste Nazioni economicamente in modo che diano possibilità alle nuove generazioni».

Quali sono gli ostacoli?
«Non c’è la volontà politica di farlo perché richiede pazienza e pianificazione. Dovremmo sederci intorno a un tavolo, anche con l’Unione Europea, e rivedere le nostre strategie che non possono essere limitate alle motovedette o alla guardia costiera. Creiamo offerte di lavoro, costruiamo abitazioni per i giovani africani. Se facciamo questo in 5 o 6 anni l’immigrazione clandestina diminuirà».

 

La Libia è stata più volte accusata di violazioni dei diritti umani nel trattamento dei migranti. Cosa replica?
«I diritti umani sono importanti, sono contro qualsiasi loro violazione e il nostro governo lavora perché siano rispettati. Dovete anche capire che alcune di queste persone sono state tenute in ostaggio dalla mafia internazionale. Gente che usa la nostra terra per il traffico di esseri umani. Il tema, però, è delicato. Non si può semplicemente andare in un Paese e accusarlo di violazioni. Se veramente vuoi migliorare la situazione, invece di criticare, dovresti lavorare con i locali, capirne la cultura, mostrare qual è la differenza tra trattare le persone con dignità o violare i loro diritti. Molti libici lottano per sopravvivere e quindi quando si tratta di migranti dicono: prima vengo io. Anche io non ho avuto una buona relazione con gli attivisti per i diritti umani: attaccano sempre, non ascoltano, non capiscono la cultura, la lingua, indossano i loro abiti occidentali e criticano».

Sono stati fatti passi avanti per le donne in Libia?
«Il governo di unità nazionale ha cinque ministre: alla Giustizia, agli Affari sociali, alla Cultura e alle Pari opportunità, oltre a me stessa. Questo è sicuramente un progresso se si vede la situazione degli altri Paesi arabi ma anche nel resto del mondo. Io incoraggio sempre tutte le donne a credere in sé stesse e a non avere paura».

Come definisce i rapporti tra Libia e Italia?
«L’Italia è uno dei Paesi più vicini a noi nel Mediterraneo. Abbiamo sempre avuto ottime relazioni e condiviso gli obiettivi. Sono sicura che avremo rapporti sempre più forti».

Le tanto attese elezioni non si sono ancora tenute.
«Il governo non è responsabile di questo fallimento. Tocca alla Camera dei Rappresentanti e all’Alto Consiglio di Stato fornire la base costituzionale per andare al voto. Noi sollecitiamo queste due entità a fare il proprio lavoro ma, evidentemente, c’è qualcuno che non vuole andare a votare per rimanere al potere più a lungo».

Egitto e Grecia hanno contestato il vostro accordo con la Turchia su petrolio e gas. Farete perforazioni nella zona esclusiva turca?
«Siamo un Paese sovrano e abbiamo il diritto di fare accordi che riteniamo vantaggiosi con chi ci pare».

Sorgente: corriere.it

Please follow and like us:
0
fb-share-icon0
Tweet 20
Pin Share20