Con un secondo giro di assunzioni sono rientrati in organico praticamente tutti i sindacalisti della vecchia Alitalia. Non è un caso che sino a quel momento le principali organizzazioni dei lavoratori non avessero speso una sola parola contro i metodi spregiudicati dell’ex presidente Alfredo Altavilla, da poco messo alla porta. Il presidente era partito con una linea dura, poi le condizioni contrattuali proposte erano risultate essere talmente penalizzanti che la compagnia si è trovata a corto di organico mentre cercava di decollare. Il management ha fatto marcia indietro, con i principali sindacati è scoppiata la pace e le assunzioni sono arrivate. Altri 4mila dipendenti restano però ancora in cassa integrazione straordinaria, a carico della collettività. Per loro, a causa di pasticci compiuti dalla gestione commissariale, è appena saltata l’integrazione degli assegni di ottobre, novembre e dicembre. L’assunzione dei cassaintegrati avrebbe l’ulteriore vantaggio di una decontribuzione a carico delle casse di Ita per la durata di 18 mesi.
Ita ha ora avviato il processo di assunzione di 1.200 persone in vista dell’ampliamento della flotta con 39 nuovi aerei previsto nel 2023. Sarebbe logico che attingesse al bacino degli ex Alitalia, recuperando professionalità già formate e sgravando lo Stato di una parte degli assegni. In passato generiche rassicurazioni in tal senso erano giunte anche dal management. E invece no. Nei prossimi giorni partirà il piano di reclutamento in collaborazione con la società Cving, del gruppo Umana. Il 14 dicembre si terranno i colloqui di selezione a Roma, il 16 dicembre a Milano. Le posizioni professionali ricercate sono quelle di assistenti di volo certificati, aspiranti assistenti di volo, piloti. Per i sindacati va bene così. Intanto la compagnia accumula perdite, circa 1,5 milioni di euro al giorno. Certo, il periodo è stato complicato per tutti i vettori, la ripresa post Covid c’è ma non tutte le rotte sono tornate sui valori pre pandemia. A inizio novembre il Tesoro ha versato alla compagnia altri 400 milioni, penultima tranche degli 1,3 miliardi di trasferimenti autorizzati da Bruxelles.
Ita aspetta e spera che qualcuno davvero si faccia avanti perché da sola non può stare. Il governo Draghi aveva accordato una preferenza alla cordata del fondo statunitense Certares con le compagnie Delta ed Air France. Ammesso alla trattativa in esclusiva, il trio si è poi tirato indietro anche perché nel frattempo a palazzo Chigi è arrivata Giorgia Meloni, meno incline alla soluzione francese. In campagna elettorale la presidente del Consiglio aveva espresso la volontà di conservare l’italianità della compagnia e prospettato un nuovo piano di rilancio gestito dallo stato. Nelle ultime settimane ha ripreso quota l’ipotesi Lufthansa magari affiancata da un socio italiano come Fs o l’onnipresente Cassa depositi e prestiti. Si è invece sfilato il gruppo navale Msc di Gianluigi Aponte che, fino all’estate, aveva accarezzato il progetto di un’integrazione aria-mare. Per ora nulla di concreto. Sebbene ci sia chi sostenga che Ita Airways sia stata modellata in base ai desiderata di Lufthansa, la compagnia tedesca ha avuto diverse occasioni in passato per rilevare il vettore italiano e veicolarne il traffico sull’hub di Francoforte. Al momento di chiudere si è però sempre defilata. Attenti commentatori notano come il “gioco” tra Air France e Lufthansa sia più che altro quello di impedire al concorrente di acquisire il vettore italiano. Il cerino resta in mano ai contribuenti che sinora hanno speso oltre 13 miliardi di euro per la compagnia “di bandiera” .