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In questi tempi di cattive notizie vogliamo dare almeno una buona nuova: Giorgio esce dal carcere dopo 8 mesi di detenzione preventiva. Ora è ai domiciliari con tutte le restrizioni perché la misura cautelare non è ancora del tutto caduta. Infatti, da queste parti sappiamo bene che l’utilizzo della giurisprudenza e dei dispositivi di limitazione delle libertà hanno le loro peculiari caratteristiche. Ricordiamo che anche Giorgio si trova a dover pagare preventivamente all’interno dell’inchiesta che vorrebbe accusare compagni e compagne del centro sociale askatasuna, dello spazio popolare Neruda e del movimento no tav di associazione a delinquere.Sin dal principio l’abbiamo detto, l’associazione a delinquere si trova negli uffici della questura e della procura, nelle poltrone che assicurano un posto caldo e profumatamente pagato per devastare i territori, soffocare spazi di solidarietà e sperperare denaro pubblico per gli interessi di pochi affaristi. Noi siamo associati per resistere perché di questi tempi è l’unico modo possibile per costruire un futuro migliore.Giorgio anche durante la sua detenzione al carcere delle vallette di Torino ha praticato solidarietà e resistenza: le sue lettere ci hanno raccontato cosa significhi vivere in un luogo infame come il carcere. In questi mesi molti giovani hanno messo fine alla loro vita non appena messo piede lì dentro. La resistenza continua, anche per loro e per tutti e tutte coloro che continuano a lottare!Di seguito pubblichiamo l’ultima lettera che Giorgio ha inviato dal carcere in cui approfondisce le mobilitazioni che ci sono state in questi mesi e le condizioni di vita dei detenuti.Da diversi mesi non scrivo lettere. Il tempo scorre rapidamente nel tran tran carcerario, ma un giorno di tranquillità non c’è mai. La sezione dove sono, la quinta, è un via vai incessante di prigionieri e di avvenimenti.Episodi di tutti i tipi: litigi per futili motivi di convivenza in spazi ristretti, episodi incresciosi, incomprensioni tra etnie diverse. Oggi nella quinta sezione sono presenti 18 italiani, 4 albanesi, 5 senegalesi, 10 arabi, 2 georgiani, 2 slavi, 2 romeni.Fare una riunione ogni quindici giorni per mantenere comportamenti corretti tra di noi, codici di relazione adeguati al contesto, isolare o qualche volta allontanare, con le buone se possibile chi non si attiene alle decisioni prese o non è gradito per essersi “macchiato” di reati odiosi. Non ci sono solo rose qui, ma anche tante spine.Costruire una rete di prigionieri che abbia fiducia nell’agire collettivo non è facile. Individuare soggetti di riferimento per costruire livelli di autorganizzazione per risolvere da soli i problemi, grandi e piccoli che siano, richiede tempi lunghi e tortuosi. Tra i prigionieri “attivi” ci sono differenze tra chi “impegnato” lo fa per altruismo e vocazione antistituzionale e chi è “interessato” a guadagnare punti, nella speranza, per nulla scontata, che ciò porti a benefici nelle relazioni dei vari educatori o nella concertazione tra custodi e custoditi.Continua inesorabile lo stillicidio di suicidi nelle carceri: ad oggi sono 75. Solo a Torino ben 3 negli ultimi mesi. In un carcere metropolitano come le “Vallette” si addensano così gravi contraddizioni, patologie e dipendenze, che producono dentro la macchina opprimente della sorveglianza malattie, psicosi, depressioni ed in alcuni casi morte.Domenica 24 luglio al Blocco C si era impiccato un 38enne pakistano, Nuamad Khan, con patologie psichiatriche. La notte di ferragosto Alessandro Gaffoglio, 24 anni, al suo primo arresto, si è soffocato con un sacchetto di nylon al Blocco A in una sezione di medio o basso rischio psichiatrico. Era stato portato lì dopo aver cercato di togliersi la vita al Blocco B, alla decima sezione Nuovi Giunti, dove le prime quattro celle sono per i “detenuti problematici”, celle prive di tutto con il blindo chiuso, isolati e senza possibilità di andare all’aria. Quella volta il segretario della UIL Polizia Penitenziaria ci aveva deliziato, miserabile sciacallo, con queste righe in un comunicato stampa: “… Questo suicidio è ascrivibile, in parte, al fallimento del modello detentivo che con la falsa denominazione di sorveglianza dinamica viene attuata con celle aperte con ristretti (Ndr – Noi) per lo più in ozio e sottoposti a vigilanza irrisoria…”Venerdì 28 ottobre dopo l’apertura delle celle, verso le 8, due prigionieri della quinta e settima sezione, che fanno parte del gruppo di sostegno interno al Blocco B (gruppo volontario ed autogestito che si occupa di organizzare attività sportive e di assistenza) sono saliti al terzo piano “Nuovi Giunti” per invitare chi vuole ad andare in palestra. Mentre passavano di cella in cella dopo aver aperto un blindo socchiuso si sono accorti che un giovane del Gambia, Tecca Gimbe, penzolava con un cappio al collo appeso alla plafoniera del neon e si era “lasciato andare” dal letto a castello. Era chiuso in cella da solo. Sono accorsi agenti ed infermieri ma non c’è

Sorgente: Siamo associati per resistere: finalmente Giorgio è uscito dal carcere! – Osservatorio Repressione

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