0 6 minuti 1 anno

Meloni vuole che metà dell’esecutivo sia composto da esperti di area: per Salvini e Berlusconi resterebbero solo tre dicasteri politici a testa. Ronzulli è un caso. Il leader del Carroccio convoca un consiglio federale

di

ROMA – Si saldano nella rivolta. Matteo Salvini e Silvio Berlusconi si sono convinti che Giorgia Meloni stia giocando a ridimensionarli. Sostengono che voglia un governo con dieci, forse addirittura dodici tecnici su un totale di venti dicasteri. Che comunque abbia in mente un esecutivo in cui metà dei presenti non abbia tessere di partito in tasca. Tecnici d’area, figure inattaccabili.

 

Se i numeri hanno un senso – e decurtando le dieci caselle restanti dalle poltrone che spettano a dirigenti di Fratelli d’Italia – allora ai due partiti alleati spetterebbero cinque o sei ministeri politici in tutto. Tre a testa, al massimo. Una miseria, si lamentano. Per tutte queste ragioni, si preparano ad alzare il tiro. Inizierà domani il segretario della Lega. Ha convocato una riunione del partito, al termine della quale indicherà i ministeri – e forse anche i nomi di alcuni ministri – che ritiene debbano spettare al Carroccio. Saranno almeno sei leghisti. A quel punto, toccherà al Cavaliere alzare la voce, chiedendo pari dignità e analogo trattamento. L’altra pretesa è quella di garantire i fedelissimi, senza accettare paletti sui nomi dalla prossima Presidente.

 

C’è propaganda, certo, che è la benzina di ogni braccio di ferro o trattativa. Salvini e Berlusconi trascorrono la domenica a veicolare queste indiscrezioni, in modo da rendere chiara la minaccia: senza di noi, non governi. Ma in questo caso c’è di più: mancanza di fiducia, distanza di obiettivi, divergenza sulle soluzioni. È anche evidente il solco di consapevolezza sulla gravità della situazione complessiva. Così almeno ritiene Meloni.

È preoccupata. Preoccupatissima. Ha spiegato a Salvini e Berlusconi che il tema delle poltrone e delle chiacchiere da toto-ministri rischia di assomigliare all’orchestrina che suona sul Titanic. Altro che “luna di miele dei primi cento giorni”, è il suo ragionamento, l’autunno presenterà un conto salatissimo. Mancano i miliardi per le bollette, famiglie e imprese subiranno un colpo durissimo. Si teme una reazione sociale pesante. A suo avviso, queste premesse spingono a individuare per l’esecutivo nomi di livello. Alcuni non politici. Chiede ai partner di indicarle diversi esperti d’area, tenendo conto di curriculum ed esperienza, per dare vita a un mix credibile. Possibile dunque che Economia e Interni vadano a tecnici. Come la Giustizia, a Carlo Nordio.

Sono ragionamenti che preoccupano i partner. Sibilano che l’imitazione che Maurizio Crozza fa di Meloni – una leader che appena siede sulla poltrona di premier cambia voce e parla come Draghi – non sia troppo lontana dalla realtà. Ecco spiegata la nota con cui ieri il Carroccio ha annunciato un consiglio federale. Promettendo, in modo inedito ed estemporaneo, una sua lista dei ministri. “Salvini – si legge – è impegnato affinché la Lega dia all’Italia la squadra di governo migliore possibile. Martedì è in agenda un Consiglio federale per condividere e poi scegliere i nomi più adatti”.

Molto, come al solito, ruoterà attorno al Viminale. Salvini è pronto ad alzare ancora di più il tiro. Per due ragioni: ottenere molto di più da una successiva rinuncia, mettere in chiaro che intende partecipare alla squadra dell’esecutivo, nonostante le posizioni filorusse che stridono con l’atlantismo di Meloni. Il piano B però è già pronto: alla fine accetterà lo Sviluppo economico, l’Agricoltura o le Riforme, pretendendo anche l’incarico di vicepremier. Per il Carroccio chiederà in tutto sei caselle politiche (forse includendo anche Claudio Borghi), compresa la Giustizia per Giulia Bongiorno e le Infrastrutture per Edoardo Rixi.

Ma non basta. Meloni deve fare i conti anche con Berlusconi. Certo, è sul tavolo l’opzione di affidare Interni o Esteri ad Antonio Tajani, senza escludere anche lo Sviluppo economico. Ma non è il cuore del problema. I rapporti tra i due leader restano complicati. Pare che la scintilla sia stata la senatrice Licia Ronzulli: il Cavaliere la considera la migliore opzione possibile per guidare la delegazione azzurra nell’esecutivo, dunque il nome giusto per un ministero di fascia medio-alta. Meloni continua invece ad avere dubbi, premendo per individuare profili con precedenti esperienze di amministrazione e curriculum legati ai dicasteri da occupare. Quanto alla squadra politica per FdI, sono in corsa Guido Crosetto o Adolfo Urso per la Difesa, Fabio Rampelli per Infrastrutture o Welfare, Raffaele Fitto per gli Affari europei.

Mancano venti giorni al giuramento della squadra. E nel puzzle neanche mezza tessera sembra ancora al suo posto.

Sorgente: Una dozzina di tecnici al governo. Lega e FI in rivolta: così non ci stiamo – la Repubblica

Please follow and like us:
0
fb-share-icon0
Tweet 20
Pin Share20