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“Il tribunale dell’occupazione proroga ancora la detenzione del palestinese Ahmed Manasrah per un anno nonostante le sue condizioni di salute critiche”.
Ahmad Manasrah è stato trasferito dalle carceri sioniste in un centro di igiene mentale. Ecco la sua storia:
Per Ahmad Manasrah e per tutti i bambini nelle mani degli orchi. Ahmad Manasrah, Palestinese, aveva 14 anni nel 2016, quando fu condannato a 12 anni di galera. Aggredito in strada, percosso, minacciato di morte mentre era ferito a terra, interrogato con violenza senza che fossero presenti genitori e avvocati. Ahmad è cresciuto in carcere e la vergogna è infinita: furto di vita, infanzia, amore, speranza, libertà. Un crimine contro l’umanità. Ahmad purtroppo è solo uno dei tanti, come accade là nel paese di cui niente si deve dire né sapere. Samidoun, novembre 2016: “Ahmad, 14, was accused of participating in a stabbing operation against Israeli settlers in the east Jerusalem settlement of Pisgat Ze’ev last year, when he was 13 years old. Ahmad was with his 15-year-old cousin, Hassan Manasrah, at the time, on 12 October 2015. Hassan was shot by settlers and killed on the street, while Ahmad was run over by settlers and seriously injured. Video of settlers screaming and cursing at the bleeding Ahmad and yelling that he should die was widely circulated via social media. Two settlers were injured in the incident, while Ahmad was critically injured and Hassan’s life was taken. Hassan is one of 57 Palestinian children who have been killed by Israeli forces since 5 October 2015”.
Giuseppe Del Vecchio:
“Io sono un bambino.
Il mio nome è Ahmad.
Sono nato in un posto dove le persone si dividevano in due squadre.
La mia squadra perdeva sempre.
Aveva una casa. E l’ha persa.
Aveva un campo da coltivare. E l’ha perso.
Aveva una fontana per bere e lavarsi. E l’ha persa.
Aveva uomini forti, donne forti, vecchietti per bene e tanti bambini come me. E ne ha persi moltissimi.
Ce l’abbiamo messa tutta ve lo giuro.
Ce la stiamo mettendo tutta.
Ma quando due squadre si incontrano e l’arbitro è a favore di quella più forte non si può fare nulla.
La sconfitta è sicura.
E se poi quella squadra non si accontenta di vincere ma vuole annientare l’altra tutto diventa impossibile.
Cosa ci resta quando non hai più nulla?
Io sono un bambino.
E i bambini guardano al domani.
Ma nella mia squadra i bambini fanno cose pazzesche.
Non pensano al loro domani.
Pensano al domani dei loro amichetti più piccoli.
E poi si ritrovano in situazioni come quella in cui sono io.
Investito e lasciato rantolare per strada tra gente che mi voleva morto, portato in ospedale per essere curato ammanettato al letto, portato in prigione, violentato, torturato e in attesa di…
Io vorrei morire anche se sono solo un bambino che dovrebbe giocare pensando a domani.
Ho saputo che la mia storia, le mie foto, il video di quando ero a terra ferito e cercavo di scappare hanno fatto il giro del mondo.
Ma purtroppo l’arbitro continua a far finta di non vedere.
E quel cartellino rosso che dovrebbe squalificare l’altra squadra non arriverà neanche stavolta.
Io sono un bambino.
Mi piacerebbe conoscere i vostri figli ai quali non potete far vedere cosa mi sta succedendo perché una legge dell’onu vi impone di non turbarli.
Ma sapete?
Sono certo che con me si divertirebbero un mondo.
Ma ora sono qui.
Tra questi uomini che mi trattano come un terrorista.
Io sono un bambino.
Io vorrei essere un bambino.
Io non sarò più un bambino”.
di Giuseppe Del Vecchio  18 ottobre 2022

 

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