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Giorgia Meloni ieri ha inviato una nota ai suoi ministeri, per chiedere di essere chiamata “Il Signore Presidente del Consiglio dei Ministri, On. Giorgia Meloni”.

A cura di Annalisa Cangemi

Giorgia Meloni dopo il suo ingresso a Palazzo Chigi, ottenuta senza problemi la fiducia alla Camera e al Senato, invia una nota indirizzata a tutti i ministeri, chiedendo che il suo titolo di ‘presidente del Consiglio’ venga declinato al maschile. Poche parole, firmate dal suo segretario generale Carlo Deodato:

“Per opportuna informazione si comunica che l’appellativo da utilizzare per il Presidente del Consiglio dei Ministri è: “Il Signore Presidente del Consiglio dei Ministri, On. Giorgia Meloni”.

La richiesta ha sicuramente un preciso significato politico, un modo per marcare la differenza con la sinistra. Pur essendo la prima donna alla guida di un governo in Italia la sua scelta è quella di mantenere l’articolo maschile, come tutti i suoi predecessori. Il punto però è che non è scorretto da un punto di visto grammatica l’utilizzo dell’articolo e dell’appellativo femminile. Lo dice chiaramente l’Accademia della Crusca, interpellata pochi giorni fa proprio su questo punto.

‘La presidente del Consiglio dei ministri’ sarebbe per l’Accademia della Crusca la definizione migliore con cui definire Giorgia Meloni. “I titoli al femminile – ha spiegato all’Adnkronos il presidente Claudio Marazzini – sono legittimi sempre, e quindi è giusto dire ‘la’ presidente (eviterei la presidentessa), ‘la’ premier (ma se possibile eviterei l’inutile forestierismo), ‘la’ prima ministra. Chi usa questi femminili accetta un processo storico ormai ben avviato”.

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“Chi invece preferisce le forme tradizionali maschili ha comunque diritto di farlo, secondo l’opzione che fu a suo tempo di Giorgio Napolitano e come la stessa presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati, che scelse il maschile non marcato”.

“Chi vuole interpretate il maschile non marcato come un errore di grammatica, commette un eccesso – ha dichiarato il presidente dell’Accademia della Crusca – Si tratta solo di una preferenza linguistica, magari ormai minoritaria, dettata dall’appartenenza anagrafica a una diversa generazione, o dettata da una cosciente scelta ideologica (una scelta che, di per sé, non vedo come possa essere messa sotto accusa quale fosse un errore grammaticale)”.

Meloni non ha mancato di sottolineare la sua visione politica anche in occasione dei suoi interventi in Aula per la fiducia in Parlamento, dove, per esempio, ha elencato le grandi donne del passato che si sono distinte per i loro meriti, ma ha scelto di ricordarle citando solo i nomi e non i cognomi. “Si è fatto polemica la presidente il presidente – ha detto in un intervento alla Camera – non ho mai pensato che la grandezza della libertà per le donne fosse farsi chiamare ‘capatrena’, punti di vista, priorità. Le donne italiane non hanno decisamente nulla da temere con questo governo”.

E ancora, rispondendo in replica a una critica che le era arrivata dall’onorevole dem Serracchiani ha anche detto: “Ho sentito dire che io vorrei le donne un passo dietro agli uomini. Onorevole Serracchiani, le sembra che io stia un passo dietro agli uomini? Non so da che cosa lei abbia evinto questa lettura ma le debbo dire che non la condivido. Stamattina ho parlato di lavoro, di welfare, di una società che non costringa a scegliere tra lavoro e maternità. Certo ho parlato anche di natalità e di famiglia perché ritengo una sconfitta che una donna debba rinunciare a lavorare se vuole avere un bambino”.

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Sorgente: Meloni vuole essere chiamata ‘il Signore Presidente del Consiglio’: la nota ufficiale ai ministeri

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