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28 March 2024
0 5 minuti 1 anno

Mentre le graduatorie per l’assegnazione di un alloggio si allungano, da Milano a Napoli migliaia di edifici di edilizia popolare sono chiusi e inutilizzati

Un ufficio trasformato in una casa, pochi metri quadrati senza un bagno e una credenza a dividere la camera da letto dal salone. “Questo è tutto!”, dice Carla spalancando le braccia sull’uscio. Da dodici anni vive qui, al secondo piano di un palazzo occupato alla periferia di Roma. È anziana e invalida, esce solo per andare in ospedale o dal medico.

Carla, 64 anni, racconta la sua storia a patto che non si riveli il suo vero nome. Nel 2000 ha fatto domanda per un alloggio popolare. In graduatoria aveva racimolato un ottimo punteggio. Nel frattempo dormiva per strada, sulle panchine della stazione Termini, e di giorno si dava da fare per trovare un lavoro che le permettesse di pagare un affitto. L’impiego poi è arrivato, in una ditta di pulizie che la pagava 700 euro al mese. “Ma quando non mi hanno rinnovato il contratto, occupare è stato l’unico modo per avere un tetto sopra la testa”. Carla ha fatto altre richieste di un alloggio popolare negli anni a seguire. Ma sta ancora aspettando una risposta dalle istituzioni. “La casa me la daranno quando sarò morta? Non me ne farò nulla”, dice.

I mezzi d’informazione parlano di emergenza abitativa. I sindacati degli inquilini e le organizzazioni del movimento di lotta per la casa la considerano, invece, una questione strutturale delle città italiane. Le graduatorie per gli appartamenti di Edilizia residenziale pubblica (Erp) sono infinite. Gli alloggi popolari, in molti casi, non vengono costruiti da decenni. E, stando alle elaborazioni su dati del 2016 della Federcasa, l’associazione di categoria degli enti gestori, su 785mila case pubbliche esistenti in Italia, 55mila risultano sfitte. Appartamenti non assegnati per mancata manutenzione, perché fatiscenti o per qualche ostacolo burocratico.

Un vuoto che pesa, anche economicamente, sulle strategie di contrasto alla precarietà abitativa.

Sempre secondo Federcasa, sono 320mila le richieste inevase di casa popolare, mentre il bacino potenziale degli aventi diritto è di 1,8 milioni di persone. Per fronteggiare questa situazione, dicono all’associazione, bisognerebbe realizzare 200mila nuove case popolari e rigenerare il patrimonio esistente. Federcasa ritiene che le risorse messe in campo dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) siano “notevolmente sottostimate rispetto alle necessità reali e, soprattutto, non incidono significativamente sulla disponibilità di nuove abitazioni”.

Carla nella sua casa del palazzo occupato dove vive da dodici anni, Roma, settembre 2022.  - Marco Mastrandrea per L'Essenziale

Carla nella sua casa del palazzo occupato dove vive da dodici anni, Roma, settembre 2022. (Marco Mastrandrea per L’Essenziale)

Secondo la Federproprietà, nel 2016 a Bologna 604 alloggi pubblici erano inutilizzati. Il sindacato inquilini Sunia recentemente ha denunciato che in Toscana ci sono 3.600 appartamenti Erp sfitti. In Campania, l’amministrazione regionale ha creato una piattaforma telematica unica per le assegnazioni e la mappatura delle case popolari e del fabbisogno abitativo. A Napoli la graduatoria non veniva aggiornata da circa vent’anni: così gli appartamenti, una volta restituiti per cessata locazione, non sono stati riassegnati.

Milano è il caso più eclatante. Secondo l’ultima rilevazione, dello scorso marzo, sono 5.555 gli appartamenti sfitti dell’Azienda lombarda per l’edilizia (Aler Milano) e 5.580 quelli gestiti dalla Metropolitana milanese (Mm), società creata dal comune nel 1955 per progettare e gestire le principali infrastrutture metropolitane, che dal 2014 che dal 2014 cura il patrimonio immobiliare della città. “Molti alloggi sono ancora in fase di ristrutturazione. Molti sono usurati dal tempo e quindi indisponibili. Altri vengono lasciati fermi in attesa di essere messi sul mercato e venduti per esigenze di bilancio, soprattutto per quanto riguarda Aler”, spiega Bruno Cattoli, dell’Unione inquilini Milano. Inoltre, sottolinea, il processo di assegnazione è un percorso a ostacoli reso macchinoso dalle procedure burocratiche e dai controlli sulla documentazione dei richiedenti, che prendono altro tempo. Passano mesi prima che l’inquilino possa mettere piede nella casa che gli spetta.

Sorgente: Le case popolari ci sono ma rimangono vuote – Maurizio Franco – L’Essenziale

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