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La destra dopo il trionfo elettorale punta a smantellare la misura che ha salvato dalla povertà un milione di persone. La battaglia in difesa del Reddito sarà soprattutto fuori dai palazzi.

Il reddito di cittadinanza sarà sotto la lente di ingrandimento del nuovo Parlamento italiano. La coalizione di destra, trionfante alle elezioni del 25 settembre scorso, vorrebbe smantellare lo strumento che ha salvato dal baratro della povertà un milione di persone – stando alle elaborazioni dell’Istat. Un disegno politico che troverà una strenua resistenza. Dentro e fuori le istituzioni. “La battaglia a difesa del reddito non può vivere soltanto nello spazio della comunicazione o, peggio ancora, nella polemica politica nell’ambito dell’informazione. Serve dare una possibilità concreta all’organizzazione dei percettori della misura, dei precari e dei poveri e a tutti coloro che desiderano sistemi di welfare universali e maggiormente inclusivi”. A Casale Garibaldi, uno storico spazio sociale di Roma, le Camere del lavoro autonomo e precario (Clap) hanno allestito un coworking dove “smart workers, lavoratrici e lavoratori autonomi possono condividere spazi di lavoro”. Un’esperienza di “ricomposizione del multiverso del lavoro contemporaneo” e “un driver organizzativo del sindacalismo sociale”. Da qui, tra computer e libri, le Clap annunciano battaglia. E la proposta da costruire è quella dei comitati territoriali a difesa del reddito di cittadinanza. “È quanto mai necessario che i disoccupati, i lavoratori poveri, i precari e soprattutto coloro che stanno attualmente beneficiando del reddito trovino luoghi, occasioni per organizzarsi”. Si tratta di “coalizioni sociali territorialmente definite” dove plasmare un modello di lotta replicabile in tutte le città, attraverso “convergenze tra diversi”. L’assioma è sperimentare pratiche inedite, contrapponendosi al paradigma della colpa per cui la povertà è soltanto una faccenda individuale.
Urge un piano collettivo di azione e di elaborazione. “È necessario che una possibile rete di comitati, alla quale stiamo cercando di lavorare sin da subito, trovi nelle forze progressiste di opposizione un concreto sostegno, provando a sperimentare su questo versante una nuova dialettica tra le lotte sociali e la politica”. Un appello rivolto alle sinistre. E al nuovo Movimento 5 stelle. Al festival della scorsa settimana del sindacato indipendente – Clap and go, festival del lavoro vivo – una prima interlocuzione c’è stata. Le realtà conflittuali, il sindacalismo di base, esponenti di Sinistra italiana, Unione popolare e i pentastellati hanno discusso sui temi del lavoro e del welfare. “Il reddito è una misura di giustizia sociale. Noi faremo una fortissima opposizione. E qualsiasi pratica messa in campo per difendere il reddito è opportuna e fondamentale”. Nunzia Catalfo, già senatrice M5s ed ex ministra del lavoro nel governo Conte bis, ritiene “folle” abolire la misura che ha contribuito a creare. “Non parliamo di una battaglia identitaria per un singolo movimento. Ma di questioni cruciali, come la dignità del lavoro, sancita dalla Costituzione, che dobbiamo portare avanti con tutte le forze che intendono spendersi”, dichiara l’esponente M5s a MicroMega. Le piazze e le serrate parlamentari davanti a refrain ideologici e a “strumentalizzazioni politiche” da parte della destra, miope difronte alle difficoltà causate dal l’inflazione galoppante e dal caro bollette.
“Il reddito di cittadinanza deve essere migliorato e non abolito, allo scopo di renderlo un reddito di base effettivamente universale. Aggiungiamo anche che i comitati devono essere anche il luogo in cui la battaglia per il reddito di base si lega alla lotta per il salario minimo legale”, sottolineano le Clap. Secondo uno studio dell’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche (Inapp), il 45,8 per cento dei percettori del reddito di cittadinanza sono lavoratori poveri. Quindi occupati ma costretti a chiedere un’integrazione salariale allo Stato per le retribuzioni “da fame” anche a causa della cronicizzazione dei contratti a tempo determinato e dell’utilizzo massivo del part-time involontario. “Il salario minimo legale e più in generale gli aumenti salariali sono elementi complementari, che riguardano la lotta alla povertà e alle disuguaglianze e, allo stesso tempo, sono il canale per arginare l’espansione del lavoro povero e dello sfruttamento”.

Il “metadone di Stato”
Il reddito di cittadinanza va migliorato. È un punto che accomuna le diverse realtà dell’opposizione politica e sociale al futuro governo delle destre, il cui imperativo, in campagna elettorale, è stato dirottare una porzione significativa delle risorse verso le imprese sotto forma di incentivo alle assunzioni. Punto. “Di fronte alla crisi economica e sociale in atto probabilmente le promesse elettorali porteranno non alla sua completa abolizione ma ad un ulteriore indebolimento dello strumento, accentuando le politiche workfare – già presenti ed implementate dal Governo Draghi – che collegano il sussidio all’accettazione di un lavoro precario e sottopagato” sono le preoccupazioni delle Clap. Nel rapporto del Comitato scientifico di valutazione del reddito di cittadinanza emerge chiaramente come tra le categorie più penalizzate nell’accesso alla misura vi siano gli stranieri e le loro famiglie: il requisito della residenza legale in Italia di almeno dieci anni, di cui gli ultimi due continuativi, è un macigno. La sociologa Chiara Saraceno, presidente del Comitato scientifico, ha dichiarato in un’intervista al quotidiano Il Manifesto, che tale esclusione “rischia di peggiorare le loro condizioni fino a un punto di non ritorno” e che una possibile riduzione del requisito a 5 anni di residenza “costerebbe 300 milioni di euro in più” e “considerate le risorse stanziate, è sostenibile. Non farlo sarebbe miope”. Per il sindacato indipendente, inoltre, il reddito ad oggi è “una misura di natura familistica e non finalizzata a sostenere l’autonomia e l’autodeterminazione dei singoli soggetti, in particolare, delle donne”. Su questi temi, il fronte Meloni non rassicura. E ci sarà, secondo le previsioni delle opposizioni, una torsione ancora più selettiva alle porte d’ingresso del beneficio, “combinando principi di workfare, nella sua espressione radicale, e welfare familistico”. Difesa, quindi, della comunità nazionale bianca “etero-cis-patriarcale che stiamo cercando di sovvertire da anni”.

Ce lo chiede l’Europa
Nicolas Schmit, Commissario europeo per il lavoro e i diritti sociali, ha rimarcato l’importanza di tali misure su scala continentale. “Oggi più di una persona su cinque nell’Ue è a rischio povertà”, dice il Commissario. “In un contesto di aumento del costo della vita e di incertezza dobbiamo garantire che le nostre reti di sicurezza siano all’altezza del compito”. Tradotto: è necessario introdurre e potenziare misure di welfare così da fronteggiare i marosi della crisi economica e della spirale recessiva incombente. Il parlamento europeo si è pronunciato anche a favore del salario minimo, approvando la direttiva sulla validità dei limiti retributivi come elementi cardine per restituire “una vita dignitosa” ai lavoratori. Raccomandazioni e atti caduti nel vuoto tricolore della propaganda politica, dove i percettori di reddito di cittadinanza si sono trasformati in feticci da sbandierare o umiliare durante lo scontro elettorale. Il “divano” e la precarietà esistenziale. “Una battaglia di senso, negata dalle destre che rincorrono, invece, il facile consenso elettorale. Senza pensare alle conseguenze, devastanti sul piano economico, delle loro scelte. E mi riferisco alle pensioni, al futuro dei giovani e alla tenuta del Paese”, rimarca Catalfo. Mentre il governo tedesco ha trasformato il sussidio “Hartz IV” nel “Bürgergeld”, una sorta di reddito di cittadinanza: più soldi nelle tasche dei beneficiari – “peraltro con una nuova forma di indicizzazione all’inflazione” -, meno controllo sociale – la misura era osteggiata dalle sinistre per la pervasività delle sanzioni – e ridimensionamento del principio della condizionalità. Con il protagonismo della rete dei Job-center per individuare un percorso di “occupabilità” adatto alle esigenze (e alle aspirazioni) dei percettori. Un reddito per i residenti, tedeschi e stranieri, in Germania. È il modello a cui Catalfo (e di conseguenza il Movimento 5 stelle) guarda per implementare e valorizzare il reddito tricolore, il cui scopo, principalmente, “è far uscire le persone dalla povertà”, come ribadisce più volte la ex senatrice. Che rilancia su diversi aspetti da concretizzare: rafforzare i servizi sociali, irrobustire le maglie dei centri per l’impiego, avviare percorsi di formazione strutturati e aumentare il contributo economico. “Semmai dovremmo chiederci perché questo dibattito in Italia si trasforma sostanzialmente in una lotta contro i poveri?”, chiedono le Clap. “In questo senso, il nuovo governo conservatore sembra essere senza nessun fraintendimento il rappresentante politico di quel capitalismo italiano, fortemente segnato dalla presenza di piccole e medie imprese senza nessuna capacità innovativa che continuano a sopravvivere tra continui sostegni da parte dello Stato e grazie ai salari da fame o persino al lavoro completamente gratuito”.

Sorgente: Che ne sarà del Reddito di cittadinanza?

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