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Riesplode il conflitto d’interessi: l’ex premier chiede il Guardasigilli per cambiare la Severino

di Emanuele Lauria

ROMA – Chi l’ha sentita all’ora di cena, dopo un pomeriggio trascorso nel suo ufficio al quarto piano di Montecitorio, parla di una Giorgia Meloni nervosa e spazientita. Infastidita – dietro l’ottimismo di facciata – dal fatto di essere finita nella rete degli alleati, nel giogo di diktat e rilanci. Si è rassegnata ad avere una quota di tecnici più bassa di quella che aveva preventivato, ma neanche dietro quelle che ritiene concessioni pesanti fatte a Lega e Forza Italia, la premier in pectore è ancora riuscita a far quadrare il cerchio. Si è spinta a suggerire al Carroccio il nome di un esponente politico “competente” nelle sue file per un ministero di prima fascia come l’Economia: quello di Giancarlo Giorgetti.

 

Mossa spregiudicata ma neppure tanto: in un solo colpo la leader di Fdi ha superato il problema dei no ricevuti da esperti di rango (Fabio Panetta della Bce su tutti), ha fatto una proposta che piace contemporaneamente a Draghi e a Giulio Tremonti (praticamente un’impresa) e ha offerto alla Lega una sorta di upgrade. Matteo Salvini, pur non amando Giorgetti (eufemismo), ha detto sì ma con una postilla non gradita: “Visto che Giorgetti ce lo chiedi esplicitamente tu per un ruolo considerato tecnico, fattene carico”. Ovvero: la Lega mantiene l’opzione su un altro ministero di serie A come l’Interno (Salvini continua a reclamarlo per se stesso ma è pronto ad accogliere benevolmente la nomina del suo ex capo di gabinetto Matteo Piantedosi), più le Infrastrutture (probabile approdo del segretario che non disdegnerà di fare propaganda anti-sbarchi attraverso la Guardia costiera), l’Agricoltura e le Riforme. Non sarebbe un bottino politico di poco conto, per un partito in netto calo di consensi. 

Ma sono pretese considerate eccessive, da Meloni e dai suoi. E anche per questo motivo la Lega non rimuove la candidatura di Roberto Calderoli per la presidenza del Senato, da opporre al nome cui Fdi non rinuncia, ovvero Ignazio La Russa.

Con Forza Italia, se possibile, i rapporti sono ancora più tesi. Anche in questo caso, il lavoro degli sherpa della prossima presidente del Consiglio ha orientato il partito di Berlusconi verso una soluzione interna che potrebbe essere accolta da Fdi: quella di Maria Elisabetta Casellati, anche lei considerata una “competente”, stavolta per il ministero della Giustizia. Non è, certo, il profilo preferito da Giorgia Meloni – che per il ruolo di Guardasigilli preferisce Carlo Nordio – ma la probabile futura presidente del Consiglio, pur di chiudere la partita, è pronta ad accettare anche le polemiche che una scelta del genere provocherebbe. Ad affrontare il sospetto che Fi voglia gestire direttamente il dicastero di via Arenula per cambiare la legge Severino che nel 2013 fece decadere Berlusconi, dopo le proteste contro i magistrati che videro lo stato maggiore di Fi – Casellati compresa – manifestare al palazzo di giustizia di Milano. La Severino potrebbe scattare di nuovo se, entro fine legislatura, sul Cavaliere giungesse una condanna definitiva nel “Ruby ter”.

Dopo aver detto sostanzialmente sì ad Antonio Tajani per la Farnesina, che è dall’inizio l’obiettivo del coordinatore di Fi, Meloni non riesce comunque a superare la rigidità di Berlusconi che vuole un ministero con portafoglio anche per la senatrice Licia Ronzulli. “Licia deve stare dentro il cdm”, è l’ordine perentorio del Cavaliere. Al di là del fortissimo rapporto personale con Ronzulli, la richiesta dell’ex premier deriva anche da questioni interne a Forza Italia: Berlusconi è rimasto scottato dall’esperienza del governo Draghi, nel quale sono entrati tre ministri azzurri (Brunetta, Gelmini, Carfagna) che dopo poche settimane sono diventati corpi estranei al partito, finendo per lasciarlo. Berlusconi ha deciso di affidarsi ora solo ai fedelissimi. Fra cui annovera Anna Maria Bernini, indicata per il ministero dell’Università.

È dentro questo percorso a ostacoli che si muove Meloni, che non vuole compromessi ma rischia di trovarsi con tre ministeri-chiave (Economia, Esteri e Giustizia) in mano a politici “doc” e con un quarto (Interno) affidato a un prefetto che di Salvini è stato strettissimo collaboratore. Le caselle si sposteranno ancora, ma la futura premier adesso deve fare i conti con il calendario: entro domani, giorno dell’insediamento delle Camere, serve un accordo sui presidenti che non può prescindere da un’intesa almeno di massima sul governo. Un fallimento in aula sarebbe già un pessimo segnale.

Sorgente: Berlusconi vuole la Giustizia per FI. Meloni incassa il no di tanti tecnici – la Repubblica

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Un commento su “Berlusconi vuole la Giustizia per FI. Meloni incassa il no di tanti tecnici – la Repubblica

  1. TREMONTI UOMO DEI POTERI FORTI SERVO DI ASPEN DALLA PADELLA ALLA BRACE VOI VOLETE LA RIVOLUZIONE