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Questa mattina ad Ancona era prevista la manifestazione indetta dal movimento ecologista Fridays for future, come in altre città italiane.. Dopo la tragica alluvione che ha colpito una settimana fa il senigalliese e altri Comuni dell’entroterra della stessa zona, era inevitabile che l’appuntamento fosse sotto “Palazzo Raffaello”. Sede del governo regionale, rappresenta il simbolo del potere politico marchigiano, fino al 2020 targato Pd, che in tutti questi anni non solo poco e nulla ha fatto nella prevenzione dei dissesto idrogeologico, ma ha incrementato politiche di devastazione del territorio, cementificando, spianando valli e montagne, dimostrandosi amico di quelle aziende inquinanti che avvelenano l’aria e il contesto dove sono insediate. Aziende come l’Api di Falconara, uno dei siti più pericolosi a livello nazionale, recentemente finito nel mirino della magistratura per l’ennesimo incidente avvenuto alcuni anni fa.

Da due anni il governo regionale è in mano alla destra, con la giunta targata Fratelli d’Italia. Il presidente Acquaroli, pupillo della Meloni, lunedì mattina mentre si contavano i morti (alla fine tredici, anche se il corpo della signora Brunella Chiù non è stato ancora ritrovato), e centinaia di volontari si prodigavano, nonostante l’assenteismo dell’amministrazione comunale di Senigallia, anche lei di destra, per portare aiuto in città e soprattutto nelle frazioni e nelle piccole località dell’interno, non trovava di meglio che riunire i suoi assessori per emettere alcune delibere, tra cui il finanziamento di 50mila euro per il “Saltarello”, ballo folcloristico marchigiano!!

Dunque era inevitabile che la rabbia e l’indignazione della manifestazione, dove erano presenti in buon numero i giovani e meno giovani che fin dalle prime ore sono si sono recati nelle località colpite, prendesse di mira la sede della giunta. E così dopo alcuni interventi iniziali, prima che partisse il corteo, un gruppo di attivisti, quasi tutti senigalliesi, hanno versato sulla scalinata prima dell’entrata principale undici grandi sacchi pieni di fango, accompagnati dal grido “Vergogna, vergogna”.

Poi circa trecento persone, tanti giovanissimi studenti delle scuole medie superiori, hanno sfilato facendo delle soste durante le quali rappresentanti dei vari movimenti presenti hanno portato il punto di vista di chi da tempo si batte contro la devastazione ambientale e sociale: comitati che da più di vent’anni si battono contro la presenza della citata raffineria Api, insegnanti e studenti che hanno chiesto a gran voce di riaprire le scuole, passando sotto la sede del Provveditorato agli studi, il cui dirigente Filisetti è tristemente noto per le sue dichiarazioni fascistoidi.

Fin qui la cronaca di oggi, ma è bene fare un passo indietro e raccontare ciò che è accaduto a Senigallia in questi giorni, anche perché chi scrive ci abita. Possiamo dire che ancora una volta si sono confrontate due società e le relative pratiche: da un lato l’associazionismo di base, i movimenti, supportati dalla solidarietà e dall’intraprendenza di decine e decine di volontari provenienti da tante località regionali e non solo, volontari dove spiccavano i giovanissimi, soprattutto ragazze, che hanno trovato nello Spazio Autogestito Arvultura un punto di riferimento fondamentale, dato che ad oggi più di quattrocento le persone sono state smistate nei quartieri della città maggiormente colpiti e nelle zone interne. Dall’altro l’apparato dello Stato elefantiaco e burocratico, con il Comune il cui centro operativo era praticamente introvabile, tanto che alcuni hanno creduto che fosse proprio presso il centro sociale!

E tuttora si sa di una struttura comunale balbettante, insicura, come se non ci trovassimo in un contesto che purtroppo ha vissuto nel corso della sua storia alluvioni pesanti, a partire dalla metà degli anni Cinquanta, fino ad arrivare a quella del 2014, quando l’alluvione e l’esondazione del fiume Misa, al contrario di oggi, colpì prevalentemente la città, facendo tre morti. E in questi otto anni nulla si è fatto per impedire che si verificasse di nuovo la tragedia. Allora in Regione, fondamentalmente l’ente che ha ampi poteri in materia, come detto c’era il Partito democratico, così come a Senigallia, e tutto più o meno è rimasto allo stato iniziale. In compenso la giunta Acquaroli in così poco tempo è riuscita a fare di meglio, dato che negli ultimi due anni ha ridotto a zero i fondi regionali per gli investimenti sul fronte della prevenzione del dissesto idrogeologico. Del resto da una destra che chiama gli ecologisti “gretini” e fa del negazionismo climatico un cavallo di battaglia cosa ci si può aspettare?

Qualche giorno fa un giornale locale con il solito titolo ad effetto ha chiamato il fiume Misa, che attraversa Senigallia, “mostro”. Se proprio vogliamo parlare di “mostri”, mostruose sono le scelte di una classe politica di governo che finanzia le grandi opere, rilancia in grande il riarmo, continua ad assistere imbelle alle morti sul lavoro, alle alluvioni, ai terremoti, si adopera per distruggere sanità e scuola pubbliche … e l’elenco potrebbe continuare.

A Senigallia e nei territori colpiti è ancora il momento di spalare e aiutare chi è rimasto senza casa, senza lavoro (e aspettiamo di vedere come verranno destinate le risorse), di piangere i morti, ma verrà il momento della rabbia, della lotta per prendere il destino nelle nostre mani.

Alla fine del corteo di oggi è stato dato un nuovo appuntamento nel capoluogo regionale per il 15 ottobre, ad un mese esatto dall’alluvione. Per saldare le tematiche ambientali e quelle sociali, perché giustizia climatica e giustizia sociale sono due facce della stessa medaglia.

 

Sorgente: Sacchi di fango davanti alla sede della Regione Marche

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