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Ecco il decreto del rinvio a giudizio. Il Tribunale di Civitavecchia dispone il processo per 15 tra ex amministratori e dirigenti del vettore. Il paradosso della ex compagnia di bandiera che è parte lesa, ma anche imputata per possibili reati amministrativi. Prima udienza a maggio 2023

Aldo Fontanarosa

ROMA – Mancano le condizioni «per una sentenza di non luogo a procedere». Al Tribunale di Civitavecchia, il giudice Francesco Filocamo motiva così il decreto di rinvio a giudizio per il crac di Alitalia.

Il decreto, disponibile nella sua integralità da ieri, manda a processo 15 tra ex dirigenti ed ex amministratori dell’ormai estinta compagnia di bandiera tra cui Luca Cordero di Montezemolo e Roberto Colaninno. Vanno a processo anche gli uomini di punta del vettore degli Emirati, Etihad, che avrebbe dovuto rilanciare Alitalia: Mark Cramer Ball e James Hogan.

 

 

Accuse impegnative

E se è vero che gli imputati sono presunti innocenti fino a sentenza passata in giudicato, le accuse – ora per alcune, ora per altre persone – sono impegnative:
– voti a favore del bilancio di Alitalia del 2015 che il Tribunale sospetta «falsamente certificato»;
– una perizia di comodo che avrebbero creato una plusvalenza milionaria, «falsa»;
– l’ostinazione di presentare come operativa la compagnia anche quando perdeva 60 milioni al mese, di media;
– spese di catering, per una cena di gala e quattro eventi aziendali «estranee a ragionevoli esigenze di impresa».

Alitalia, in tutta questa storia, svolge due parti in commedia: è la vittima della presunta bancarotta e degli altri reati (difesa – in qualità di parte civile costituita – dall’avvocato Roberto Borgogno); ed è anche imputata (difesa da Giuseppina Morelli).

 

 

Il decreto chiama in causa, intanto, l’ex ad di Alitalia (Cramer Ball); James Hogan (già vice presidente); Montezemolo, consigliere con potere da amministratore delegato per circa 6 mesi, tra il 2015 e il 2016; e quattro dirigenti. Il reato ipotizzato è bancarotta.

L’aumento dei debiti

Il Tribunale contesta l’approvazione della situazione patrimoniale (nel 2016 e 2017) e soprattutto del bilancio del 2015 «falsamente certificato» (anche Colaninno dovrà rispondere su questo specifico punto). Le approvazioni avrebbero fornito «dati di segno positivo difformi dal vero consentendo il progressivo aumento» dei debiti.

Il Tribunale lamenta anche «la registrazione di una falsa plusvalenza nell’esercizio 2016 per 39 milioni». Qui il Tribunale cita la coppia di slot (i diritti di atterraggio e ripartenza da Fiumicino a Londra Heathrow) del valore di almeno 60 milioni, eppure riportati a bilancio per 21. In questo modo avrebbe preso forma la «falsa plusvalenza da 39 milioni», generata per occultare la pericolosa «riduzione del Patrimonio Netto».

L’operazione sugli slot è avvenuta anche sulla base di una perizia di una società di consulenza (costo 35 mila euro più spese); ma redatta «in gran parte da personale di Alitalia».

Alla fine Cramer Ball, Montezemolo e un dirigente avrebbero mancato di «rappresentare l’inesistenza del presupposto della continuità aziendale». Alitalia si avvicinava alla fine; ma nessuno dava l’allarme. Eppure la società arrivava a perdere 60 milioni al mese di media; e accusava «rilevanti scostamenti tra proiezioni di cassa approvate nei Cda del 2015 e 2016» e incassi reali.

 

 

A Montezemolo, Cramer Ball e a un dirigente si chiede conto anche dei 133.571 euro di spese per il catering consumato alle riunioni del Cda (beneficiaria la società Relais Le Jardin); dei 5.961 euro per una cena di gala (Casina Valadier); dei 458.077 euro «inizialmente sostenuti da Etihad per quattro eventi aziendali e poi indebitamente riaddebitati ad Alitalia».

Curiosamente anche Alitalia, ora in amministrazione straordinaria, è imputata. La compagnia – vittima della presunta bancarotta – a sua volta risponderà di un illecito amministrativo (per presunte false comunicazioni sociali e ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità di vigilanza). Alitalia, in sostanza, «ometteva di dotarsi di un modello organizzativo idoneo» a prevenire la serie dei reati in atto.

Le operazioni incoerenti

Operazioni «incoerenti» di Alitalia, infine, avrebbero avvantaggiato la Darwin-Etihad Regional (con perdite per la compagnia italiana tra i 43,7 e i 54,5 milioni); ed Etihad (con perdite per altri 44). Un esempio su tutti. Tratta Ginevra-Firenze e Ginevra-Venezia. Darwin-Etihad Regional decolla ogni giorno con aerei da 50 posti.

L’intesa commerciale prevede che Alitalia le paghi 40 dei 50 posti anche se non riusciva a vendere i biglietti. Scrive il Tribunale: eppure, storicamente, era «noto che Darwin-Etihad Regional era stata in grado di vendere solo 2 o 3 posti per volo».

 

 

 

 

Sorgente: “Conti falsi e lussi a cena”. Così è precipitata l’Alitalia targata Etihad – la Repubblica

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