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19 April 2024
0 5 minuti 2 anni

Dopo il voto del Parlamento europeo. «Siamo fiduciosi che i tribunali annulleranno questo tentativo di greenwashing»

Secondo Greenpeace il voto di ieri del Parlamento europeo sulla Tassonomia verde è «oltraggioso». Non esiste parola più adeguata per descrivere la scelta di «etichettare il gas fossile e il nucleare come “verdi” e far fluire così più denaro verso le casse che finanziano la guerra di Putin in Ucraina» e per questo – annuncia l’associazione – «continueremo a opporci in tribunale». Greenpeace ha annunciato un’azione legale contro la Commissione europea: il primo step sarà la presentazione di «una richiesta formale di revisione interna» del documento adottato, ma «in caso di esito negativo, porterà la causa alla Corte di Giustizia europea». Secondo Ariadna Rodrigo, della campagna Finanza sostenibile di Greenpeace Ue, l’azione è ispirata «dalle attiviste e dagli attivisti per il clima che questa settimana si sono riuniti a Strasburgo, e siamo fiduciosi che i tribunali annulleranno questo tentativo di greenwashing sostenuto dalla politica, si tratta di una chiara violazione delle leggi dell’Unione europea». Anche il Wwf valuta azioni legali: «Non è ancora finita. Non rinunciamo a combattere».

Dalla tassonomia, una parola il cui uso mutuato dalla botanica significa classificazione, discende un elenco che aiuta il mondo finanziario a far chiarezza su quali attività economiche siano realmente sostenibili: quella «verde» dovrebbe indirizzare i capitali privati verso investimenti per la decarbonizzazione, contribuendo agli obiettivi di mitigazione del cambiamento climatico. Eccolo il problema: «L’Europarlamento con il voto di oggi ha ceduto alle lobby di gas e nucleare sostenendo la proposta della Commissione di classificarli come fonti energetiche sostenibili. Un duro colpo al Green Deal Europeo e a un’ambiziosa politica climatica in linea con l’obiettivo di Parigi di «contenere il riscaldamento globale entro 1,5° C, indispensabile per fronteggiare l’emergenza climatica. Una scelta politica senza alcuna base scientifica, come invece richiede il regolamento sulla Tassonomia», spiega Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente.

«L’esito del voto dimostra in modo drammatico la miopia e la sudditanza alle lobby del fossile di una certa politica che ancora una volta antepone il mero profitto alla salute dei cittadini e alla tutela del Pianeta», affermano Eleonora Evi e Angelo Bonelli, co-portavoce nazionali di Europa Verde, insieme a Nicola Fratoianni, segretario nazionale di Sinistra italiana.

A porre l’accento sui rischi per il nostro Paese del voto di ieri è Davide Panzeri, responsabile del Programma Europa del think tank ECCO: «Abbiamo perso un’occasione chiave. Una tassonomia senza gas e nucleare avrebbe accelerato l’abbattimento delle emissioni climalteranti e favorito la competitività del nostro comparto industriale, composto in buona parte da piccole e medie imprese. Il rischio ora è che i fondi privati, fondamentali per favorire la transizione verde, vengano fagocitati da grandi gruppi industriali per sostenere il piano di rilancio del nucleare di Macron e lo sviluppo dell’infrastruttura gas tedesca».

Insomma, il voto europeo potrebbe rallentare la transizione energetica in Italia. Per il nostro Paese la priorità dovrebbe essere quella di recuperare risorse finanziarie da investire in un sistema energetico decarbonizzato, «che si concentri sullo sviluppo di nuova capacità rinnovabile, sulle tecnologie abilitanti (come lo stoccaggio e le batterie, i sistemi intelligenti di gestione della domanda), sul rafforzamento delle reti elettriche e delle reti intelligenti, sulla trasformazione dell’industria italiana e sulla riconversione delle PMI, sull’efficienza energetica e la mobilità a emissioni zero. L’Italia trarrebbe grande beneficio da una tassonomia che indirizzi i capitali internazionali verso i settori strategici in cui il Paese ha realmente bisogno», spiega un’analisi pubblicata da ECCO.

Questa Tassonomia verde, poi, potrebbe fregare anche tanti cittadini-risparmiatori: molti scegliendo di investire in un pacchetto «verde» potrebbero – a loro insaputa – finanziarie lo sviluppo di gas e nucleare. Un bel regalo a quella che Re:Common definisce «finanza fossile», cioè l’insieme di banche, compagnie assicurative, fondi di investimento e fondi pensione che erogano servizi finanziari alle società dei combustibili fossili.

Sorgente: ilmanifesto.it

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