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Appello bipartisan perché il governo resti. Ma serve una maggioranza di unità nazionale. L’esecutivo non è indifferente alla “rivolta dal basso” contro la crisi aperta dai 5S. Meloni contro i primi cittadini: “Senza pudore”. Divisione tra i governatori di FdI e quelli della Lega

«Qualcosa si è mosso», annuncia il primo cittadino di Pesaro, Matteo Ricci, a metà pomeriggio. L’appello bipartisan dei sindaci lanciato dal fiorentino Dario Nardella insieme ai colleghi di Venezia, Roma, Milano, Genova e Torino ha superato quota mille nell’arco di poche ore, ha valicato i confini degli opposti schieramenti e pare abbia «molto colpito» il presidente del Consiglio.

Mario Draghi è rimasto in silenzio tutto il weekend, trascorso in famiglia nella villa di Lavinio sul litorale laziale, in attesa di partire oggi per l’Algeria, ma sempre informato della discussione interna ai partiti e non indifferente alla rivolta “dal basso” contro la crisi al buio aperta dal M5S: alle numerose richieste che «vengono dal Paese reale», da una miriade di categorie e associazioni, laiche e cattoliche, a non lasciare il governo.

Tuttavia la settimana inizia senza che si siano registrati progressi sostanziali, osservano a Palazzo Chigi: nessuna novità in grado di cambiare il quadro politico che giovedì aveva portato alle dimissioni del premier e dunque di indurre mercoledì un ripensamento. Ma mancano ancora 48 ore. E Draghi il giorno delle sue comunicazioni al Parlamento valuterà gli eventuali “fatti politici” che dovessero nel frattempo verificarsi. Tenendo presente un dato, rimarcato da chi è più vicino al capo dell’esecutivo: l’incarico ricevuto da Sergio Mattarella è un mandato di unità nazionale, quel che dovrà emergere nelle Camere per cambiare il corso delle cose è l’esistenza di quel mandato, che torni a dare agibilità politica al governo.

In concreto, spiega un ministro vicino all’ex banchiere, è difficile che si vada avanti senza i grillini perché a quel punto anche per il Pd sarebbe complicato restare in una maggioranza a trazione leghista, ma è altrettanto difficile che Draghi possa non valutare come un fatto politico l’eventuale frattura interna al M5S e lo smarcamento (il tentativo è in atto, si vedrà se riesce) di una grossa fetta di parlamentari da Giuseppe Conte proprio in nome del sostegno al governo. Sempreché non ci si metta pure il centrodestra: se anche Salvini e Berlusconi dovessero cedere alla sirena delle urne, allora sarebbe finita, ma il fronte draghiano confida di poterli ancora recuperare alle ragioni della stabilità.

È comunque forte la marea che sale «dal Paese reale» e dalle cancellerie di mezzo mondo per persuadere il premier a restare: tra le tante telefonate, si segnala anche quella del premier olandese Mark Rutte, il falco che sbarra la strada alla proposta italiana di un tetto al prezzo del gas, mentre la vicepremier ucraiuna, Iryna Vereshchuk, s’è detta convinta che solo «con un leader come Draghi, noi vinceremo questa terribile guerra».

Basterà? Al netto del segnale atteso dal Parlamento, certo è che le mobilitazioni spontanee e i numerosi appelli — delle forze economiche e sociali, oltre che delle istituzioni locali — sono ritenute «molto importanti» a Palazzo Chigi. Un’onda trasversale destinata a ricacciare ancor più nell’angolo Conte, rendendo evidente come l’avvocato sia rimasto senza popolo.

Se n’è accorta pure Giorgia Meloni, partita subito lancia in resta contro i sindaci che «usano, senza pudore, le istituzioni come sezioni di partito». E perciò accusata dai dem di «analfabetismo istituzionale», di avere cioè «una strana idea di democrazia». Anche perché «tra i firmatari ci sono moltissimi esponenti di centrodestra», fa notare Nardella. Fdi ha provato a rispondere schierando contro l’iniziativa pro-Draghi i tre governatori di partito: per Marsilio in Abruzzo, Musumeci in Sicilia e Acquaroli nelle Marche si tratta di «una forzatura che chi ricopre un ruolo istituzionale non può permettersi». Al vetriolo Stefano Bonaccini: «Centinaia di sindaci burattini? Semplicemente surreale».

 

Sorgente: Mille sindaci per Draghi. Si apre uno spiraglio: il premier attende segnali – la Repubblica

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