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“L’Ucraina segna la fine del tentativo della Russia di integrarsi con l’Occidente iniziato dopo la Guerra Fredda”, dice il consigliere per la politica estera del Cremlino

di Rosalba Castelletti

SAN PIETROBURGO –  La cosiddetta “operazione militare speciale” certifica una fine, sì, quella dei tentativi di Mosca di integrarsi con l’Occidente. D’ora in poi la Russia guarderà sempre più a Est, a Cina e a India. E anche se un domani tornerà a dialogare con l’Europa, non sarà più come prima. A parlare, a margine del Forum Economico di San Pietroburgo, dopo oltre tre mesi di silenzio, è il politologo Fjodor Lukjanov, direttore della ricerca del Valdai Discussion Club, think tank vicino al Cremlino, nonché presidente del Consiglio per la politica estera e la difesa e direttore di Russia in Global Affairs.

 

 

Quali sono le “nuove opportunità” e il “nuovo mondo” di cui parla il tema di questo Forum?
“La Russia è in una posizione unica perché deve trovare modi per sopravvivere, mentre le forze più potenti negli affari stanno cercando di spingerla fuori dalla scena globale. È una situazione senza precedenti. In questo Forum non si vedono tanti stranieri, per ragioni comprensibili, ma è meglio così. La Russia prima deve capire da sola che direzione prendere e solo poi discuterne con i partner esterni pronti a farlo. In una certa misura, si è trattato di un cataclisma inevitabile. La stagnazione economica russa era iniziata già 10 anni fa, quando Putin era tornato al Cremlino. Era ovvio a tutti, anche a lui, che l’economia russa avesse bisogno di una spinta. Questo terremoto, chiamiamolo così, ha avuto almeno un effetto positivo. Era impossibile continuare a far finta che fosse tutto normale”.

 

Ma è così tutto rose e fiori come si vorrebbe far sembrare?
“Certo che no. La Russia sperimenterà un forte declino economico. Molto presto la guerra economica contro il Paese inizierà ad avere effetti su vasta scala. Sarà l’inizio di un periodo, di un anno o due, di emergenza permanente dove l’economia dovrà affrontare di giorno in giorno problemi sempre nuovi”. 

La soluzione è guardare verso Est?
“Che lo vogliamo o no, negli anni a venire, il principale partner della Russia sarà la Cina perché è l’unico Paese che può sostituire se non tutto, molto di ciò di cui la Russia necessita e che prima importava dall’Occidente. Non è però una prospettiva a medio termine, perché i cinesi sono piuttosto cauti. Aspetteranno di capire se l’economia russa è in grado di reagire all’attuale situazione di forza maggiore e che tipo di opportunità possono cogliere qui. Lo stesso vale per altri partner come l’India. Le potenze non occidentali hanno bisogno di tempo per capire se la cooperazione con la Russia può essere redditizia per loro e anche per adottare meccanismi per evitare sanzioni secondarie. Sono convinto, però, che dopo un po’, l’attuale crollo delle relazioni con l’Europa potrebbe essere leggermente corretto”.

 

 

Quindi la Russia non può sopravvivere senza l’Occidente né viceversa?
“Possiamo, ma il punto è la qualità della sopravvivenza. Possiamo vivere senza l’Europa e l’Europa senza di noi? Sì. Ma dovremmo? Dovremmo privarci deliberatamente di ulteriori opportunità? La logica della cooperazione economica spingerà Russia e Ue a riavvicinarsi. Ma non si tornerà al modello precedente. Quell’era è finita”.

Si riferisce alla fine dei tentativi russi di diventare parte dell’Occidente teorizzata da Vladislav Surkov già nel 2014?
“È la fine di uno scenario davvero unico. Il periodo seguito alla fine della guerra fredda e al crollo dell’Urss è stato eccezionale. Non si trattava solo di cooperazione, che era e resta normale e necessaria. Ma di un’integrazione non basata sulla simmetria, ma sull’idea che la Russia dovesse omologarsi al sistema di valori creato da Europa e Stati Uniti. Ma, nel bene o nel male, la Russia non può. È troppo grande e troppo speciale per diventare una parte ordinaria dell’ordine occidentale. Ci ha provato a trovare un posto in questo sistema. E la sua frustrazione ora si basa in parte sulla sensazione che l’Occidente abbia ignorato quegli sforzi. La cooperazione e l’interazione riprenderanno, ma sarà una relazione più mercantilistica e pragmatica. Non ci sarà mai più quell’idea di uno spazio comune”.

 

Stiamo davvero assistendo alla nascita di una nuova architettura della sicurezza globale?
“Non ancora, purtroppo, perché per ora gli sforzi politici e diplomatici in questo senso sono falliti. E come sempre succede in caso di fallimento, è iniziata una guerra. La logica dello sviluppo futuro sarà definita dal risultato di questa guerra. Perché non è solo un conflitto tra Russia e Ucraina. È un confronto ibrido indiretto tra Russia e Occidente“. 

Che ne sarà dei territori ucraini controllati dai russi? 
“Non sono qualificato per fare supposizioni. Né credo che lo sia nessuno. Perché la fine del gioco non è mai stata annunciata, al di là di obiettivi ampi e indefiniti come “denazificazione” e “smilitarizzazione” che non dicono nulla sul futuro dell’Ucraina. Credo che persino chi ha iniziato l’operazione non abbia chiaro in testa quale sia la fine del gioco. Cambia gradualmente e continuerà a cambiare finché gli sforzi militari porteranno a dei risultati. La vera discussione sulla pace inizia sempre, non solo in questo caso, quando entrambe le parti capiscono di non poter ottenere più nulla con la forza militare. Ma siamo ancora lontani da questo. Per quanto riguarda i territori sotto il controllo russo, quello che posso immaginare è che non saranno mai restituiti all’Ucraina”.

Sorgente: Lukjanov: “Mosca punterà su Cina e India, è morta l’idea di uno spazio comune con l’Ue” – la Repubblica

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