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19 April 2024
0 4 minuti 2 anni

Crisi ucraina. Guerra e Covid, il rapporto semestrale prevede disastri. Aumento del costo della vita e crescita anemica «come negli anni 70»

Luca Celada

La Banca mondiale prevede una brusca frenata per l’economia mondiale. In un rapporto pubblicato ieri il massimo organo per lo sviluppo economico prevede che il prossimo anno il tasso di crescita scenderà dal 5,7% al 2,9%. Abbinato all’inflazione galoppante (attualmente 8% Usa e livelli simili nell’Eurozona) il trend negativo potrebbe prefigurare un periodo di stagflazione, la temuta convergenza di crescita anemica e aumento del costo della vita, paragonabile a quelli degli anni 70 – la crisi globale innescata dagli embarghi sul petrolio.

IL RAPPORTO segnala in particolare gli effetti prevedibilmente nefasti della guerra in Ucraina sul commercio globale e sull’infrastruttura finanziaria, dimezzando previsioni di crescita per il 2022 rispetto all’anno scorso. Nel 2023 e 2024 i dati potrebbero essere ancora peggiori, restando al ribasso per l’intero decennio, soprattutto in paesi poveri ed economie emergenti.
L’ultimo Global Economic Prospects Report mette nero su bianco quello che recentemente si vocifera con sempre maggiore insistenza ai piani alti di finanza ed economia. Solo la scorsa settimana ad un convegno, Jimmy Dimon, amministratore della JP Morgan Chase, la maggiore delle banche Usa, aveva procurato una doccia fredda a Wall street affermando che «le nuvole di tempesta» addensate all’orizzonte economico «potrebbero rivelarsi un uragano». Qualche giorno dopo Elon Musk, l’oligarca/influencer del momento, ha provocato un altro mezzo terremoto con un tweet in cui dichiarava un «super brutto presagio sull’economia» mentre annunciava il licenziamento del 10% della forza lavoro della Tesla.

ORA LA BANCA MONDIALE parla specificamente del conflitto ucraino, e dell’interruzione delle filiere globali del commercio che ha provocato, come responsabile primario dell’impennata dei prezzi. Il petrolio, che aveva toccato minimi ventennali di 20 dollari al barile durante la pandemia, si attesta oggi sui 120 dollari al barile e simili andamenti si registrano sui prezzi dei cereali. Il trend è aggravato dalle sanzioni economiche implementate col preciso scopo di procurare ulteriori disturbi «strategici» all’economia mondiale.
Un cupo pronostico quindi, anche se per ora è la mera previsione della scarsità ad aver fatto impennare i prezzi – e schizzare gli utili di corporation transazionali come la società petrolifere e dei trasportatori. Nel suo rapporto la Banca mondiale avverte inoltre di possibili disordini sociali e della destabilizzazione politica come potenziale corollario della carenza di prodotti primari.
La crisi promette di influire direttamente sull’andamento dei mercati che, attualmente in modalità “correzione” potrebbero venire spinti in territorio ribassista (definito come perdite superiori al 20%). La situazione ha già prevedibili risvolti politici. Ieri il Congresso Usa ha ascoltato la ministra del tesoro Janet Yellen che ha riconosciuto di aver «sottovalutato» il rischio inflazione aggiungendo però che «non erano prevedibili» i doppi scossoni della guerra e dei recenti lockdown in Cina. In realtà sono pochi i passi disponibili ai governi oltre al già iniziato rialzo dei tassi di interesse. Anche per contenere i prezzi dei carburanti (che promettono di ritorcersi contro il partito di Biden nelle elezioni politiche di mezzo termine) c’è poco che il presidente possa fare.

A QUESTO RIGUARDO Biden ha annunciato un viaggio in Arabia Saudita per colloqui col governo di Mohammed Bin Salman, despota implicato nell’omicidio Khashoggi che il presidente aveva in precedenza duramente criticato. Il viaggio di Biden, che questa settimana vedrà anche Bolsonaro, indica un altro prevedibile effetto collaterale, come, cioè, in tempo di crisi le alleanze “strategiche” avranno la precedenza sugli obiettivi “morali” come democrazia, politiche sociali, diritti civili e clima.

Sorgente: ilmanifesto.it

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