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La città scaligera è il simbolo della débâcle della coalizione che mette a segno isolati successi come a Frosinone e Gorizia 

di Emanuele Lavia

La fotografia più impietosa, quando si avvicina la mezzanotte, la scatta Licia Ronzulli, cui Silvio Berlusconi ha affidato la delega al rapporto con agli alleati: “Un suicidio annunciato”. Si riferisce alla sconfitta di Verona, Ronzulli, che aveva tentato fino all’ultimo di convincere Giorgia Meloni a spingere il candidato sindaco Federico Sboarina verso l’apparentamento con Flavio Tosi. “Ma come si fa a vincere quando si rinuncia per partito preso al 23 per cento di consensi?”, chiede Ronzulli.

Verona simbolo del secondo turno

Verona è il simbolo di questo secondo turno che, man mano che i dati diventano più concreti, si trasforma in una debacle per il centrodestra. Il fronte progressista espugna non solo il capoluogo veneto ma anche Catanzaro e Piacenza, scippa agli avversari Alessandria, patria del capogruppo leghista alla Camera Riccardo Molinari, e conquista una città simbolo come Parma. È già tempo di riflessioni, in una serata in cui non si fanno sentire i leader del centrodestra. Meloni, Salvini, Berlusconi, restano lontani da telecamere e microfoni e lasciano spazio ai colonnelli. Ronzulli invita il centrosinistra a non esultare troppo: “È stata la vittoria del non voto”. La senatrice forzista sottolinea alcuni isolati successi (“A Barletta abbiamo trionfato”) ma ammette che il generale rovescio dei ballottagi, per il suo schieramento, ha ragioni non solo locali: “Sul risultato di certo hanno influito anche i dissidi che negli ultimi mesi hanno caratterizzato la nostra parte politica”.

L’autocritica del centrodestra

Il vicepresidente di Forza Italia Antonio Tajani sintetizza così l’esito delle urne: “Dove siamo uniti vinciamo, dove non lo siamo finiamo per perdere. A Verona abbiamo commesso un errore gravissimo”. E sono le stesse parole che Matteo Salvini aveva pronunciato alla vigilia. “Io non so se Meloni poteva fare di più per favorire l’unità – dice Tajani – Ma so che se non può funzionare un sistema in cui un candidato sindaco di centrodestra non invita Forza Italia alle proprie manifestazioni”.

Questo voto darà probabilmente spazio a charimenti interni: i ballottaggi hanno certificato un calo netto della Lega di cui Salvini dovrà rispondere (e uno dei pochi successi del centrodestra è arrivato a Gorizia, nel Friuli di Fedriga). Però sanno tutti che quello che suonando, in questa notte cupa, è un forte campanello d’allarme per l’intera alleanza, in vista delle Politiche. “È bene non dimenticare che al primo turno – dice Tajani – abbiamo vinto a Genova e Palermo, città tre volte più grandi di Verona. Ma la lezione è chiara, e ci obbliga all’unità. A cominciare dalle Regionali siciliane: il passo indietro di Musumeci aiuta ma dobbiamo lavorare di più per una soluzione comune”.

La divisione non paga

Ignazio La Russa rimanda le accuse al mittente: “Sbagliato pensare che a Verona il problema sia stato il mancato apparantamento fra Sboarina e Tosi. Quello non si è fatto per responsabilità di entrambi. Ma la partita si è persa perché altri, e non noi, hanno deciso di spaccare l’alleanza al primo turno”. Il riferimento è a Forza Italia, ovviamente. Ma anche Fdi, a Parma e Catanzaro, non ha appoggiato i candidati di centrodestra al primo turno: “Sì, ma noi – dice ancora La Russa – non abbiamo violato la regola che un sindaco uscente si sostiene, come invece è accaduto a Verona, e non siamo andati a cercare un nome fuori dalla coalizione. Perché Tosi, prima del voto, non faceva parte del centrodestra. E in ogni caso, a Parma come a Catanzaro, non abbiamo avuto esitazioni nell’appoggiare al secondo turno i nomi che rappresentavano l’alleanza”.

In ogni caso, secondo il vicepresidente del Senato, “il risultato di questi ballottaggi non è particolarmente indicativo sul piano politico: al secondo turno sono storicamente più motivati gli elettori di sinistra. Il dato rilevante è quello che emerge dal primo turno: il centrodestra ha vinto ovunque sia andato unito”. Il problema, a questo punto, non è enunciarla ma praticarla, questa compattezza. In un clima che è ancora quello della resa dei conti. Francesco Lollobrigida, capogruppo di Fdi alla Camera, non lesina una puntura di spillo: “Siamo stati traino della coalizione ma purtroppo, a volte, i risultati degli alleati sono stati meno brillanti di quel che speravamo”. Ora tutti di nuovo in attesa di un vertice in presenza che superi l’esperienza non fortunata del video-collage di venerdì scorso, con Berlusconi, Meloni e Salvini a fare da distaccati testimonial di ballottaggi che si sono rivelati un fallimento. Ma la data del summit, al momento, non c’è.

(Guarda il video cliccando il link sotto indicato)

Sorgente: Elezioni 2022: la destra alla resa dei conti dopo i risultati – la Repubblica

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