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Decine di migranti sono morti mentre cercavano di entrare nell’exclave spagnola in Marocco, e ci sono polemiche sul governo di Sánchez

Stando alle stime di alcune organizzazioni che si occupano di diritti umani, 37 migranti africani sono morti venerdì mattina mentre provavano a entrare nel territorio spagnolo a Melilla, l’exclave spagnola nel Marocco orientale. In questi giorni i fatti di Melilla sono stati molto commentati sulla stampa spagnola sia perché quello di venerdì è stato il tentativo di ingresso di migranti più grande degli ultimi tempi attraverso l’exclave, sia perché per ore le autorità marocchine non avevano detto esattamente cosa fosse successo né se ci fossero morti e quanti. Ancora adesso ci sono versioni contrastanti sul numero ufficiale.

Il giornale spagnolo El País ha provato a ricostruire quello che è successo venerdì mattina, partendo dall’allerta lanciata dalla gendarmeria marocchina alla Guardia Civil spagnola, che presidia la cosiddetta “valla”, ovvero le due barriere che dividono il Marocco dalla Spagna attorno a Melilla.

Alle 6:40 di venerdì 24 giugno, la gendarmeria marocchina aveva avvertito che circa 1.500 migranti, provenienti perlopiù da paesi subsahariani, si stavano avvicinando all’exclave con l’intento di entrare in territorio spagnolo dalla barriera di Barrio Chino, a sud-est di Melilla. Attorno alle 8.30 circa 500 persone avevano provato effettivamente a farlo, accalcandosi attorno alle barriere, mentre gli agenti marocchini cercavano di gestire la situazione. 133 persone erano riuscite a entrare, molte altre no.

Per alcune ore erano circolate informazioni molto frammentarie su ciò che stava succedendo a Melilla. Attorno a mezzogiorno il quotidiano La Razón aveva parlato di 40 morti tra i migranti e di cinque tra le forze dell’ordine; nel primo pomeriggio l’Associazione marocchina per i diritti umani (AMDH) della città di Nador, molto attiva sul tema dei migranti, aveva dato notizia dell’attacco alla valla, parlando di «molti feriti», ma non era stata in grado di verificare la presenza di morti.

Solo alcune ore dopo le autorità di Nador avevano diffuso un comunicato in cui confermavano che cinque migranti erano morti nella calca, oppure cadendo dalle barriere che stavano cercando di scavalcare. La sera successiva avevano comunicato la morte di altri 13 migranti che erano stati feriti gravemente, portando il bilancio totale dei morti a 18.

 

Ancora adesso ci sono informazioni contrastanti sul numero delle persone morte. Secondo AMDH e la ong spagnola Caminando Fronteras venerdì sono morti 37 migranti e due agenti delle forze dell’ordine marocchine, e sono state ferite almeno 76 persone, di cui 13 in maniera grave; secondo le autorità di Nador i morti sono invece 23 e i feriti 35, di cui due poliziotti. Fonti del governo spagnolo citate dal Diario parlano di 57 migranti con «ferite di varie entità» e 49 agenti «feriti lievemente».

Il numero comunque potrebbe non essere definitivo. Alcuni video circolati sui social network mostrano decine di migranti inermi a terra, in cui non è chiaro chi sia morto e chi no. In altri si vedono agenti marocchini lanciare pietre addosso ai migranti e, in almeno due occasioni, colpire alcuni di loro, senza che questi oppongano resistenza.

 

Un altro dei motivi per cui i fatti di Melilla stanno ricevendo molte attenzioni dalla stampa spagnola è la reazione del governo del primo ministro socialista Pedro Sánchez.

Quello di venerdì è il primo ingresso massiccio di migranti a Melilla da quando lo scorso marzo il governo spagnolo aveva espresso sostegno al governo marocchino rispetto alla questione del Sahara occidentale (un’ex colonia spagnola, contesa tra il Marocco e il movimento nazionalista del Fronte Polisario), allentando una crisi diplomatica che durava da anni. Sánchez ha definito il “salto” della valla di Melilla un «assalto violento» e ha giustificato l’intervento delle forze dell’ordine marocchine, sostenendo che i responsabili della situazione siano le «mafie coinvolte nella tratta di esseri umani».

Il suo governo è inoltre stato criticato per aver fatto ricorso in alcuni casi alle “devoluciones en caliente”, un particolare sistema di respingimenti rapidi che ha consentito alle autorità del paese di espellere i migranti arrivati a Melilla, senza prenderne le generalità e senza consentire loro di fare richiesta di asilo o altri tipi di protezione. Varie organizzazioni per i diritti umani hanno scritto un comunicato congiunto invocando l’apertura di un’indagine indipendente per fare chiarezza su quanto accaduto.

Sorgente: Cosa è successo venerdì a Melilla – Il Post

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