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L’amarezza è una sensazione persistente. Forgiata da nove anni di grida a vuoto, che solo recentemente hanno trovato un megafono nel lavoro della commissione parlamentare d’inchiesta. Quelle carte però sono intrise anche di speranza. Quella di chi non si è mai arreso alle verità processuali, impegnandosi a ricercare vie alternative per inquadrare la morte di David Rossi. Adesso Francesco Introna e Franco Mario Gelardi, luminari dell’università di Bari e Palermo, ne hanno offerte due. Sono perizie di parte, una medico-legale e l’altra fisico-balistica, e raccontano una storia diversa su quello che accade il 6 marzo 2013 nell’ufficio del manager. “Per la prima volta abbiamo un’immagine piuttosto concreta di come possono essere andate le cose in quella stanza”, afferma Carolina Orlandi, che insieme alla madre, Antonella Tognazzi, ha sempre guardato oltre le sentenze di archiviazione. 

 

 

 

 

“Oggi, grazie al lavoro del prof. Introna, abbiamo dei dettagli che non erano mai stati scoperti – prosegue la ragazza -. Delle lacerazioni che David ha nel fegato che corrispondono sulla pelle a delle lesioni perfettamente compatibili con una ginocchiata o con un pugno, mentre non lo sono con la caduta. In più ha trovato delle ecchimosi che ha sul volto e che non erano mai state evidenziate”. La differenza però, rispetto al passato, potrebbe essere contenuta nell’altro passaggio fatto dai famigliari di Rossi, assistititi dall’avvocato Carmelo Miceli. “Il prof. Gelardi dà una versione che va nella stessa direzione assunta dall’indagine di Introna – racconta ancora Orlandi -. Ovvero, ipotizza che David sia stato trattenuto da più persone fuori dalla finestra per i polsi. Finora la Procura ha sempre sostenuto che si sia attaccato a una sbarra che era all’altezza dell’infisso e poi si sia lasciato cadere. Gelardi, che è un fisico, sostiene che questa ricostruzione non sia possibile, perché altrimenti avrebbe avuto delle escoriazioni sul braccio, che però non ha. Se invece si fosse dato una spinta all’indietro, il corpo sarebbe ruotato prima di toccare terra. Invece, dal video della telecamera di sorveglianza, sappiamo che ciò non avviene”.

 

 

 

 

Da qui la conclusione alla quale è arrivato il docente. “L’ipotesi più plausibile – sottolinea Orlandi – è che sia stato trattenuto da due persone a una certa distanza dal muro esterno e questo giustificherebbe anche le ferite che ha sul polso, all’altezza dell’orologio”. Un lavoro che adesso deve essere completato con il passaggio più importante: il trasferimento in una Procura degli atti per ottenere la riapertura delle indagini. Siena, come più volte sostenuto da Miceli, non è una destinazione gradita. Genova, che ha competenza a indagare sui magistrati toscani e che già lo ha fatto una volta, archiviando poi il tutto, potrebbe essere una soluzione di compromesso. Più che il luogo però adesso è l’indirizzo dell’eventuale inchiesta che conta per la famiglia: “Questa volta chiederemo la riapertura per omicidio. Noi vogliamo capire chi ha voluto che David morisse e soprattutto perché”.

 

 

 

Sorgente: Siena, caso David Rossi. Carolina Orlandi dopo le nuove perizie: “Ora un’indagine per omicidio” – Corriere di Siena

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