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Ai tanti che minimizzano il nazismo del battaglione Azov e delle altre formazioni nazionaliste ucraine come goliardia scusabile a fronte dell’eroismo mostrato sul campo, o addirittura lo bollano come fake news del Fatto e della propaganda russa, chiediamo: hanno mai sentito parlare di golpe dei militari? Ci è venuto in mente leggendo su La Stampa l’intervista di Francesca Mannocchi a Konstantin Nemichev, ex combattente Azov ed esponente del partito di estrema destra National Corps, in cui costui intima al presidente Zelensky di “non cedere nemmeno un centimetro di terra” del Donbass e della Crimea alla Russia, cioè di non negoziare con Putin, come Zelensky aveva detto di voler fare (la sintonia tra i militari estremisti ucraini e la Nato nell’impedirglielo è totale). Intanto gli Azov, il cui inno nazionalista ricorda “Bella Ciao” al Corriere, sono sempre un passo avanti nella battaglia mediatica e nel cuore dei nostri commentatori. Mentre le mogli degli “eroi dell’Azovstal”, dopo lo struggente passaggio a Porta a Porta, si infilano in udienza pubblica da Papa, l’Ansa ci delizia con una storia sanguinaria e appassionata: “Cyborg, il guerriero dell’Azov col braccio di titanio. A 28 anni un passato da guerriero guardando all’antica Grecia”. Si apprende che Cyborg ha “un occhio di vetro”, un “eloquio in perfetto inglese” e che “pezzi del suo corpo sono andati persi tre anni fa per un missile lanciato dall’esercito di Mosca”. Dopo il paragone tra gli Azov e gli Spartani delle Termopili fatto da Giuliano Ferrara, qui siamo al culto del corpo d’acciaio, degno dello scrittore giapponese Yukio Mishima: richiami all’antica Grecia, logica sacrificale, superomismo reazionario con venature mistiche.

Giocare simultaneamente con la minaccia nucleare russa e il nazismo dentro l’Europa (e magari in futuro dentro l’Unione europea) è un sano sport nazionale. Occorre ricordare quel che scriviamo dall’inizio della guerra: i soldati di Azov, ufficialmente inseriti nella Guardia Nazionale ucraina dal 2014, dopo le denunce di Amnesty International sono stati ritenuti dall’Osce responsabili dell’uccisione di massa di prigionieri (tra cui civili) nel Donbass, torture, occultamento di cadaveri nelle fosse comuni. Il loro fondatore Andrij Biletsky, promosso tenente colonnello dal ministro dell’Interno ucraino nel 2014 e membro del Parlamento dal 2014 al 2019, è cofondatore dell’Assemblea Social-nazionale, i cui obiettivi sono “la protezione della razza bianca” mediante una “nazionecrazia antidemocratica e anticapitalista” e l’eradicazione del “capitale speculativo sionista internazionale” (Wikipedia).

Per Biletsky la missione dell’Ucraina è “guidare le razze bianche del mondo in una crociata finale contro gli Untermenschen (popoli inferiori, ndr) guidati dai semiti”. Siamo sicuri che armarli fino ai denti sia una scelta razionale dell’Europa kantiana? Ai nostri media ciò non basta per definire nazista qualcuno: finché non si vedono i forni crematori si può stare tranquilli. La presenza di combattenti ebrei nel battaglione metterebbe al sicuro dal pericolo di antisemitismo; nessuno comprende che se è così, allora siamo in presenza di un fenomeno nuovo, che oblitera il retaggio dell’Olocausto e instaura un nuovo nazismo a-storico, che mischia la propaganda digitale coi richiami ai culti celtici e spiritualistici orientali. Siamo sicuri che non ricatteranno Zelensky, che intanto si presenta in loro compagnia in videoconferenza col parlamento greco come fossero ministri e diplomatici?

I membri di Azov sono stimati tra i 1000 e i 2500, ma è un numero non aggiornato; secondo Der Spiegel, Azov ha attirato mercenari neonazisti da tutta Europa, in particolare dalla Germania, che si sono uniti a ultrà e paramilitari allo scopo di “salvare l’Europa dall’estinzione”. Come li si convincerà a deporre le armi, se si arrivasse a un cessate il fuoco? Ci va a parlare Enrico Letta con una delegazione di Science Po e l’opera omnia di Kant sottobraccio?

Sorgente: Se arriva il cessate il fuoco, chi disarma i nazi dell’Azov? – Il Fatto Quotidiano

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