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Il politologo (ex consigliere di Putin): Draghi e Macron non recepiscono le nostre ragioni. Bene il leader della Lega: esiste una possibilità che qui sia ricevuto dal presidente

di Marco Imarisio

«Se non ci riusciamo con le auto di lusso, va bene anche una bicicletta». Sergey Markov è un uomo spiritoso. Questo non toglie che l’ex consigliere di Vladimir Putin dal 2011 al 2018, ex deputato della Duma dal 2007 al 2012, attuale direttore dell’Istituto di Ricerche politiche a Mosca, sempre sotto l’egida dell’attuale «verticale del potere» russa, rimane un uomo molto di parte.

Markov, cosa intende con la similitudine iniziale?
«Credo che la usiate anche voi in Italia… Semplice. Certe mosse negoziali spettano ai governi in carica. Ai Draghi, ai Macron. Ma se loro non ce la fanno a recepire le ragioni del nostro Paese , ben vengano i leader di partiti amici come Salvini. E se falliscono anche loro, toccherà poi agli scrittori, agli attori, ai cantanti, ai poeti. Il problema va risolto. Voi italiani avete già presentato un piano per un possibile compromesso. Ma qui da noi è stato fortemente criticato».

Per quale ragione?
«Le avete inviate a Mosca, e anche all’Onu. Ma Guterres è un personaggio totalmente filoamericano. Non so se per volontà sua o meno, non è in grado di rappresentare l’autorevolezza dell’Onu. Per noi è uno sponsor degli Usa. Il piano di Roma non tiene conto dell’enorme differenza tra la posizione russa e quella europea, che oggi non può essere ricondotta ad un compromesso».

Forse perché il Cremlino continua a sostenere che l’Ucraina è uno stato terroristico e filonazista?
«Ma lo è, senza dubbio. E sta facendo affondare nel sangue fino al ginocchio il suo popolo, con l’aiuto dei politici europei che per otto anni hanno sostenuto uno Stato terroristico. Quindi, al momento un accordo è assolutamente impossibile».

E iniziative come quelle di Matteo Salvini a cosa servono?
«A trovare una futura via di uscita. L’Europa può rifiutare di ammettere la vera essenza dell’Ucraina, ma almeno potrebbe riconoscere l’esistenza di una minaccia diretta ed evidente allo Stato russo. Ed aiutarci ad eliminarla».

Seriamente, un viaggio di Salvini a Mosca potrebbe portare qualche frutto concreto?
«Occorre aggirare questo muro contenutistico che ci danneggia. La Russia usa la forza militare a causa di questa diretta minaccia mentre l’Unione Europea non desidera riconoscere che si tratta di uno Stato terroristico. Bisogna praticare una breccia in questo muro di due concetti così diversi. Salvini può dare un contributo, come Marine Le Pen. Se non ce la fa a convincere l’Italia e l’Europa, con il passare del tempo magari arriveranno attori come Leonardo di Caprio e altri nomi famosi. Perché questo è un problema che riguarda tutti».

A Mosca chi potrebbe ricevere Salvini?
«Esiste una possibilità che venga ricevuto da Putin. In fondo, è il capo di un partito alleato di quello del presidente, Russia Unita. Più probabile sarebbe un colloquio con Sergey Lavrov. Ancora più probabile, quasi certo, un incontro con lo speaker della Duma. Insomma, contatti a livello parlamentare proprio per via di questa vicinanza».

Lei non ha il sospetto che il viaggio di Salvini sia un elemento di propaganda ad uso italiano?
«Questo elemento c’è sempre. Qualunque esponente di partito che intraprende un progetto del genere pensa anche e soprattutto al suo capitale politico, alle sue posizioni interne. Come chiedere di un imprenditore che va all’estero per affari se lo fa per avere più soldi. È inevitabile che sia così. Ma certo non è un nostro problema».

Una visita del papa in Russia non porterebbe risultati più tangibili?
«Non darebbe alcun risultato, perché il Papa deve prima formulare una proposta precisa. Nell’intervista al Corriere, Francesco ha enunciato alcune osservazioni positive per noi, quando ha parlato di un “abbaiare della Nato alle porte della Russia”. Quindi la sua venuta sarebbe anche possibile. Ma al tempo stesso ha riservato giudizi negativi sul patriarca di Mosca, che già si trova in una posizione complicata perché uno Stato terroristico sta conquistando metà del suo gregge. Sull’opportunità di una visita del genere, verrà senz’altro interpellato Kirill. E vi dico già che la sua risposta non sarà positiva».

Quindi per venire a Mosca occorre darvi ragione su tutto?
«Non può essere costruttiva nessuna opinione che ignori il semplice fatto che l’attuale regime di Kiev da otto anni uccide gente nel Donbass e in Ucraina. Se si chiude un occhio su questi fatti non si può essere considerati buoni cristiani né politici democratici. Immagino che Salvini sia interessato al papa, perché i buoni cattolici fanno parte del suo elettorato. Quanto più si mostrerà pacifista, tanti più voti raccoglierà».

Un suo eventuale viaggio non vanifica gli sforzi del premier Draghi o i tentativi di dialogo tra i rispettivi ministeri degli Esteri?
«Non li vanifica, ma li sostituisce. Ma in senso buono. I politici che si occupano di questa vicenda lo fanno perché i presidenti e i ministri non sono in grado di risolvere la questione. Dunque, se uno non può utilizzare l’auto, è obbligato a inforcare la bicicletta. In questo momento, Salvini sarebbe la nostra bicicletta».

Fonte: corriere.it

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