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Il 9 maggio sulla Piazza Rossa, la parata per la Vittoria della Russia nella Grande Guerra Patriottica (la nostra Seconda Guerra Mondiale), è stata anche quest’anno piena di bandiere rosse, di stelloni purpurei, di falci e martello.

 

Anzi, quest’anno più che mai. Le immagini hanno la potenza che riconosciamo ogni anno: un Paese unito, un esercito forte, una celebrazione vera. Da una decina d’anni si è aggiunto un rito ancora più profondo, quello del Bessmertnyj polk, il«reggimento immortale»: il popolo sfila portando con sé foto ingrandite dei propri famigli che hanno fatto la guerra. Era iniziata come una cosa spontanea a Tomsk, ora è in tutte le città del mondo, e a Mosca il corteo lo apre Putin con la foto di suo padre.

 

Un tempo la parata era percepita dall’Occidente con inquietudine ed orrore. Nel romanzo La Talpa di Le Carré, è descritto come l’Intelligence britannico analizzasse ogni singolo fotogramma dell’evento, per comprendere soprattutto le dinamiche oscure tra i vertici del Cremlino. Era un momento oscuro, critpico, pericoloso quanto lo era l’Unione Sovietica.

 

Oggi, per me, tutto è cambiato. Guardo alla parata come ad un grande spettacolo sincero, rispettoso, sommamente edificante. Assaporo la bellezza marziale dei soldati. Ammiro la tecnologia bellica n metallo verde che sfila tra rulli di tamburo. Godo nel vedere la bava alla bocca degli occidentali che non si capacitano del gesto di Shoigu – che tecnicamente dovrebbe essere buddista – che quando passa sotto l’icona della Vergine si toglie il cappello e si fa il segno della croce.

 

E poi, jet supersonici, prodotti completamente tra i confini nazionali, solcano il cielo.

 

Penso, soprattutto, che non abbiamo niente del genere, noi. Non solo in Italia. Mi salgono alla mente le immagini dei poveri veterani americani d’Iraq, a cui magari fanno una sfilata a Disneyland, dove fanno ciao in divisa a fianco di un tizio con in testa una gigantesca, inquietante maschera di Topolino.

 

E poi, rivedo tutte quelle bandiere rosse. La falce e il martello dappertutto. Per decenni erano state, per me anticomunista sin da ragazzino, simboli di pericolo, di disagio, di sottosviluppo, di mancanza di consapevolezza. Piano piano, questa percezione sta cambiando.

 

Perché la bandiera rossa, la falce e martello, l’URSS non rappresentano più il comunismo. Non rappresentano più il trionfo di un’idea materialistica che ciecamente cerca di sottomettere la Storia – rappresentano l’esatto contrario. Rappresentano una forza spirituale. Rappresentano non idee, ma anime – quelle di milioni di persone, morte e vive, che si sentono ancora unite, e che, come stiamo imparando, non intendono essere cancellate dal mondo moderno.

 

Ciò che rappresenta ora la Russia, con tutti i suoi simboli antichi o antichissimi, è perciò qualcosa che non ha confini geografici.

 

Ho iniziato a sentire che non avevo più la ripulsa nei confronti della bandiera rossa vedendo i video dei carri russi, dove è  esposta assieme alla bandiera della Russia degli Zar.

 

La comprensione di ciò che stava succedendo era immediata: nell’anima russa, la storia sanguinaria del dissidio tra i due concetti di Stato, la monarchia imperiale e l’impero sovietico, era stata riassorbita in nome di qualcosa di più grande: la continuità. La continuità di qualcosa di più grande della catastrofe nel Novecento, qualcosa di più grande perfino della Storia.

 

Cosa può essere più grande della Storia? Rispondiamo: lo spirito.

 

Lo spirito della Russia si manifesta terrorizzando il mondo moderno. Lo spirito è ciò che permette alla Russia di procedere nonostante il progetto infame di renderla il paria delle nazioni, le sanzioni, i boicottaggi, le umiliazioni, il ladrocinio di miliardi della Banca Centrale russa programmato da Draghi, Yellen e Von der Leyen.

 

Lo spirito è ciò che permette di discernere il Bene dal Male: e quindi chiamare i tatuati runici con il loro nome, cioè nazisti.

 

Lo spirito è ciò che permette di prendere decisioni così enormi come quella dell’Operazione Z.

 

La storia procede dallo spirito, e non viceversa.

 

Così come la forza discende dalla mente: se volete vedere il contrario, guardate ai nazisti che comandano l’Ucraina, spegnendo ogni negoziato, grazie alle armi che stiamo loro regalando.

 

Così come l’economia procede dalla politica, i mercanti sono sottomessi al potere del Re: e se volete vedere il contrario, guardate all’oligarcato ucraina che mette al vertice dello Stato un pupazzo, mentre nella Russia di Putin si spera che si sia capito cosa è stato della boria oligarchica.

 

Lo spirito, non le seimila testate atomiche, sono ciò che in questo momento rende la Russia una superpotenza. La possibilità di mandare dei ragazzi – purtroppo – a morire senza raccontare loro, come è successo a migliaia di giovani americani morti tra deserti e colline brulle, colossali menzogne dettate da interessi economici e politici immorali e sanguinari.

 

Lo spirito, non gli stipendi e l’odio esoterico, sono ciò che tiene unito un gruppo umano. Al di là dello Stato, la comunità delle anime. Al di là del voto, la preghiera.

 

Ciò mi è diventato lucidamente visibile nel caso della babushka con, appunto, la bandiera rossa. Avete presente: la vecchina che esce a salutare i soldati pensando che fossero russi, ma invece erano ucraini, e quindi rifiuta il cibo che le offrono quando li vede calpestare la bandiera rossa.

 

«Quella che sta calpestando è la bandiera per cui i miei genitori sono morti»…

 

La babushka Z ora in Russia ha già monumenti e opere d’arte che la ritraggono. La profondità della sua storia, raccontata in un video di neanche un minuto, è stata istantaneamente compresa da milioni di persone.

 

Renovatio 21 ne ha scritto, e ha pure sottotitolato il video che gli ucraini, in un gesto che mostra la totale mancanza di spirito, avevano mandato in rete.

 

 

Non ho realizzato subito che cosa davvero mi colpiva di questa scena. Riguardandola, ho capito.

 

È quello che, brandendo il bandiera rossa, la nonnina – tecnicamente ucraina – aveva detto subito andando incontro ai soldati che pensava russi.

 

«Abbiamo pregato per voi, per Putin e per tutto il nostro popolo».

 

Preghiere. Parlava di qualcosa che non è ideologia, non è materialismo, non è nazionalismo. Parlava dello spirito.

 

Pensateci: quello che sembra dire la nonnina, è che per anni, conservando lì a fianco la bandiera rossa, lei e i suoi famigli, come in una catacomba ucraina, hanno pregato.

 

Non solo hanno pregato: lo dicono pure, finalmente, a quelli che credono i loro liberatori. Chi è dall’altra parte, non può capire: e di fatto sghignazza, bullizza, umilia, oltraggia simboli e persone – lontano dalla via dello spirito e dalla sua forza infinita, che può vivere e moltiplicarsi dentro i rosari di una vecchina.

 

Questa è, in ultima analisi, la radice del conflitto in corso.

 

Da una parte, il mondo delle banche e della sorveglianza totale, dell’uomo-macchina e della pornografia alfanumerica, dei servi neonazisti del Grande Reset.

 

Dall’altra, l’umanità che rifiuta di cedere, rifiuta di smettere di pregare, rifiuta di separarsi dallo spirito.

 

Perché lontani dal cammino dello spirito, stiamo vedendo cosa può succedere agli esseri umani. MenzogneTorture e assassinii di inermi. TradimentiMadri che vengono canzonate per la morte del figlio. CrudeltàPaganesimoCannibalismo.

 

Ecco la fine del Logos, ecco l’uomo divenuto bestia e pupazzo, pasto per i demoni e oggetto di sacrificio al Niente.

 

Lontano dallo spirito, c’è il collasso della Civiltà.

 

Ecco perché la bandiera rossa oggi dice un’altra cosa, e ci parla di un mondo che va protetto, e non resettato; amato, e non distrutto. Un mondo per cui pregare Dio senza mai pensare di sostituirsi a Lui. Un mondo che non dobbiamo stancarci di chiedere a Dio di salvare.

 

Le nonnine che ancora pregano sono forse la più grande vittoria che deve celebrare la Russia.

 

Ecco perché la bandiera rossa dello spirito, alla fine, trionferà.

 

 

Roberto Dal Bosco

 

 

 

 

PROSSIMOC.S. Lewis, la Via della legge naturale

DA LEGGERENoi e la guerra nucleare della Necrocultura

PENSIERO

C.S. Lewis, la Via della legge naturale

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Clive Staples Lewis tentò, nelle sue opere, di trovare la strada verso la verità delle cose, cercando di rinvenire nelle sapienze e religioni antiche (compreso il cristianesimo) una medesima Via della legge naturale, che accomunava tutti gli uomini di tutte le latitudini ed epoche.

 

Questo suo grande interesse alle fonti originarie e costitutive dell’essere non nascondeva una specie di ecumenismo equivoco né un riduzionismo o compromesso che salvaguardasse un cammino superficiale di condivisione.

 

Era piuttosto volto a individuare un nucleo forte di verità a cui ogni persona potesse aderire con tutte le sue facoltà.

 

 

Cos’è la Via della legge naturale?

Da grande e profondo studioso qual era, Lewis rinvenne nell’Induismo delle origini, come scrisse nel volume L’abolizione dell’uomo del 1943, la capacità dell’uomo di conformarsi alla legge naturale:

 

«La condotta degli uomini che possiamo chiamare buoni consiste nel conformarsi al grande rituale o schema del naturale e del sovrannaturale che si rivela tanto nell’ordine cosmico quanto nelle virtù morali… Questa rettitudine, correttezza, ordine si identifica con la satya o verità, con la corrispondenza alla realtà».

 

Allo stesso modo, aggiungeva Lewis, era per i Cinesi il Tao, ossia la realtà vera al di là di tutti i predicati; così ancora era per gli antichi Ebrei, che lodavano la Legge in quanto era costitutivamente vera, tanto che la parola emeth (verità) significava ciò che non inganna, che non muta, ponendo quindi l’accento sulla saldezza della verità.

 

Per Lewis ciò che accomunava profondamente tutte queste concezioni (potremmo aggiungere, sulla scorta degli studi documentati del grande scrittore nord irlandese, dalle forme platoniche, aristoteliche a quelle cristiane e orientali) era il riconoscimento del valore oggettivo e della legge naturale.

 

L’atteggiamento corretto che proponeva Lewis era dunque quello di riconoscere un nucleo forte oggettivo entro cui collocarsi in modo da misurare la giustezza e verità dei singoli comportamenti.

 

La prospettiva era quindi quella di procedere dal piano ontologico dell’essere a quello etico del dover essere. Chi si fosse posto fuori dal riconoscimento della Via della legge naturale si sarebbe collocato al di fuori della comprensione della realtà.

 

 

La fonte di tutti i giudizi di valori

La fonte di tutti i giudizi di valore era quindi la Via della legge naturale, il riconoscimento di un ordine oggettivo che Lewis individuava nelle sapienze e religioni antiche.

 

Le ideologie moderne che prescindevano da questo non erano che, secondo le testuali parole di Lewis «frammenti della Via, arbitrariamente strappati al loro contesto globale e quindi isolatamente esasperati».

 

La rivolta delle nuove ideologie contro la Via della legge naturale era, secondo una metafora calzante dello scrittore, la rivolta dei rami contro l’albero: distruggendolo, i ribelli avrebbero scoperto di avere distrutto se stessi.

 

Porsi all’interno della Legge naturale significava accettare uno sviluppo dal di dentro, una possibilità di vero dialogo nella profondità dello spirito umano, così come Lewis rinveniva in Confucio «con coloro che seguono una Via diversa è inutile consultarsi» e anche in Aristotele «Aristotele diceva che soltanto coloro che sono stati bene allevati possono utilmente studiare l’etica».

 

Coloro che non condividevano la Via, ossia lo stesso punto di partenza fondamentale, non conoscevano quanto poteva essere discusso e in questo senso Lewis interpretava il Vangelo di Giovanni (Gv, 13,51):  «Ma questa gente che non conosce la Legge, è maledetta!».

 

Quella persona «ben allevata», a cui faceva riferimento Aristotele nell’Etica Nicomachea, era quella che, secondo l’espressione di Platone nella Repubblica, poteva riconoscere la Ragione quando essa giunge.

 

Il prescindere dagli insegnamenti del riconoscimento della Via della legge naturale conduceva, in senso utilitaristico, a fare ciò che a ciascuno piaceva, a decidere da soli cosa l’uomo doveva essere e a far sì che lo sarebbe diventato.

 

 

Il potere dell’uomo sulla Natura

In questo riduzionismo ideologico causato dalla non accettazione dell’ordine oggettivo e della Via della legge naturale si collocava quindi il rapporto uomo-Natura, ossia la pretesa dell’uomo di esercitare il potere su altri uomini, con la Natura a fungere da strumento.

 

Lewis si chiedeva quindi, ponendosi nella prospettiva utilitaristica e ideologica dell’uomo moderno, cosa potesse significare questa presunta conquista della Natura da parte dell’Uomo (le maiuscole erano ben evidenziate dallo scrittore).

 

Lo stadio finale di questa «conquista» avrebbe decretato la sconfitta della natura umana, ossia l’ultima parte della Natura ad arrendersi all’Uomo.

 

Tolto il ricorso alla Via della legge naturale, l’Uomo moderno avrebbe scelto quale altra via artificiale produrre, quale tipo di coscienza produrre, quale concetto di «bene» instillare, quale tipo di umanità creare:

«Questi Condizionatori non sto supponendo che siano cattivi. Piuttosto, non sono affatto uomini (nel vecchio senso). Sono, se volete, uomini che hanno sacrificato la loro parte di umanità tradizionale per dedicarsi al compito di decidere quale senso attribuire per il futuro alla parola “Umanità”, “Buono” e “cattivo”».

 

Una volta allontanatisi dalla Via della legge naturale, rimarcava Lewis, sarebbero caduti nel vuoto: «La conquista finale dell’Uomo si è rivelata come l’abolizione dell’Uomo».

 

Con altre straordinarie e accorate parole, Clive Staples Lewis sottolineava l’illusione dell’Uomo che aveva ripudiato la legge naturale: 

 

«Tutte le apparenti disfatte della Natura non sono state altro che ritirate strategiche. Pensavamo di averla messa in fuga, e invece era essa a trascinarci con sé. Ciò che ci sembravano mani alzate in segno di resa erano in realtà braccia spalancate in attesa di rinchiudersi per sempre su di noi».

 

 

Fabio Trevisan

 

 

Articolo previamente apparso su Ricognizioni

 

 

 

 

Immagine di TrentAnthonyFrancis via Deviantart pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial 3.0 Unported (CC BY-NC 3.0)

 

 

 

 

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NECROCULTURA

Noi e la guerra nucleare della Necrocultura

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La notizia più sconvolgente della settimana: gli USA ammettono di aver aiutato a uccidere generali russi in Ucraina. Così, nero su bianco, sul New York Times. In pratica, si vantano.

 

Che sia vero o no (e sarà vero), non è nemmeno quello che conta: conta la volontà di renderlo pubblico, e su quello non abbiamo dubbi. Perché non si tratta di un leak: il NYT, il Washington Post e tutti gli altri giornali sono oramai ridotti a meri ripetitori di ciò che passano loro i servizi segreti – cioè il vero scheletro che sorregge il Paese, esattamente come il KGB lo è stato per la Russia durante le annate di caos eltsiniano e dopo.

 

Non si sono fermati lì. Ore dopo, sul canale NBC, hanno ostentato anche il fatto, se possibile ancora più allucinante, di aver passato l’Intelligence necessaria ad abbattere un cargo russo con a bordo centinaia di soldati.

 

Non è tutto: poco dopo hanno rincarato la dose, e fatto sapere di aver partecipato all’affondamento dell’incrociatore Moskva, 520 persone a bordo, l’imbarcazione militare russa più importante nel Mar Nero – lo schiaffo più plateale e doloroso subito dalla Russia in questa guerra. Poco dopo, gli americani mostrano un video dei test di una nuova torpedine che cola a picco una nave in un colpo solo.

 

C’è di che rimanere sbalorditi. C’è di che rimanere senza parole. Non è il danno bellico e umano: è l’intenzione che vi è dietro. È la mente in cui nasce, e il quadro verso cui tutto ciò conduce.

 

Non dovete aver dubbi: gli USA vogliono lo scontro diretto con la Russia. Gli americani vogliono la Terza Guerra Mondiale.

 

Un’altra spiegazione non può esserci. In realtà, non è possibile spiegare l’Ucraina di questi ultimi 8 anni in altro modo: una lunga, martellante, sanguinaria provocazione dell’orso atomico. Il quale, ricordiamolo en passant, è la più grande potenza nucleare del pianeta.

 

Qualcuno sta invocando la pioggia di fuoco termonucleare sulla terra – sull’Europa, subito. Vi prego di capire che non c’è altra analisi da fare. Il pupazzo Zelens’kyj, e prima di lui Poroshenko, e tutta la truppa infinita di ultras nazisti, a quello servono, e a nient’altro. Micce per la bomba atomica. Per le bombe atomiche: perché ce ne sono a migliaia e migliaia, e, come ha ricordato qualcuno, sono come le ciliegie: inizi con una e finisci per consumarle tutte.

 

Non è nemmeno esatto dire così, ci rendiamo conto. Putin ha parlato e riparlato di «strumenti» che possiede solo la Russia. Ci sono i missili ipersonici. C’è il drone subacqueo  termonucleare Poseidon, in grado di generare uno tsunami radioattivo che spazzerebbe via la Gran Bretagna e chissà cos’altro (le città USA più popolose, sono sulle coste dei due oceani).

 

Ma non è solo il Cremlino il problema. A quel punto, cosa tireranno fuori gli americani? Bombe a neutroni? Un’arma EMP, un impulso elettromagnetico che frigge ogni circuito elettrico della Russia e dell’Europa? Un’arma biologica di nuovo tipo? Un’invasione di insetti militarizzatiArmi a microonde? Milioni di sciami di microdroni assassini? Oppure un’alterazione genetica massiva con spargimento di gene drive sulla popolazione nemica, di cui per anni, come rivelato dallo stesso Putin, avrebbe raccolto il genoma?

 

Non lo sappiamo, non sappiamo immaginarlo: e nessuno può farlo. Perché in una situazione come questa il pianeta non si è trovato mai.

 

È bene che lo ripetiamo. È bene che lo capiamo: non c’è mai stato, nella storia della Terra, un momento come questo. Ci hanno portato, sul serio sull’orlo dell’abisso. Qualcuno ci ha accompagnati tenendoci per mano. Ora, ci vogliono spingere dentro.

 

Quante cose, capiamo a questo punto. Che cos’era il comunismo? Cos’era la lotta al comunismo? Era una scusa idiota, una foglia di fico. Il comunismo è finito, eppure la lotta contro la Russia si è fatta infinitamente più feroce.

 

Pensateci: al Paese invece, per lo meno nominalmente, il comunismo ancora c’è – la Repubblica Popolare Cinese – non ci chiedono di fare la guerra, anzi, dimentichiamoci dei campi di concentramento degli uiguri, dei martiri cattolici, delle centinaia di milioni di feti massacrati, facciamo affari con il Partito Comunista Cinese.

 

Quindi, cos’era l’anticomunismo? Cos’era la NATO?

 

La risposta più semplice che abbiamo in questo momento incredibile, è che essi erano solo copertura per la lotta alla Russia. Se guardiamo dentro all’ora presente, sappiamo che ciò è vero.

 

Perché? Perché la guerra totale alla Russia? Possiamo dare una risposta politica: la Russia, con il nuovo millennio, ha invertito il suo processo di assimilizzazione nella formula mondialista. Non riuscendo a globalizzarla, i padroni del vapore vogliono cancellarla. Una volta decapitata, la sua infinita superficie di risorse sarà annessa al mercato. Se volete, è la dottrina dell’ammiraglio americano Cebrowski: la guerra per ottenere risorse naturali per gli Stati globalizzati, per mantenere e potenziare la massa finanziaria che permetta la continuazione del neoliberismo e del Washington consensus.

 

Oppure: la guerra alla Russia come semplice continuazione del Grande Gioco ottocentesco, l’impero britannico contro la Russia, per il dominio dell’Asia, il ruolo poi passato all’Impero americano, la talassocrazia angloide contro la forza tellurica degli Zar, e bla bla bla.

 

Forse queste risposte possono bastarvi.

 

A me, francamente no. Da credente, non posso non pensare a Fatima. Non mi riesce di non tornare con la mente alla più grande apparizione di Nostra Signora, dove la Russia era citata esplicitamente. Ne abbiamo scritto.

 

Eppure, si può andare ancora più a fondo.

 

Perché chi sta spingendo questa follia, non sta prevedendo solo la distruzione della Russia, ma dell’intera umanità. Chi sta portando gli USA alla guerra diretta con Mosca non può non prevedere che il risultato potrebbe essere la devastazione atomica del globo.

 

Ergo, gli apprendisti stregoni hanno in mente la cancellazione della vita umano, o quantomeno la sua riduzione – il suo reset. Sappiamo infatti che la dottrina atomica circolante prevede che, alla fine, la guerra atomica possa essere sopravvissuta. Resterà un piccolo gruppo di umani, una società semplificata dove vigeranno le regole dell’utilitarismo più mortifero (per esempio, l’esclusione degli anziani e dei malati dalle riserve del cibo, etc.).

 

Sapete che negli USA esistono diversi complessi sotterranei che consentirebbero all’élite di sopravvivere. Robert Kennedy jr. in un’intervista recente ha raccontato che nei giorni della crisi missilistica di Cuba lui e suo cugino John John dovevano andare lì, ma alla fine il padre e lo zio hanno rinunciato per il segnale che questo poteva inviare alla popolazione. Oggi, ogni vero miliardario statunitense ha il suo bunker survivalista. Qualcuno, insomma, resterà. Questo lo hanno calcolato.

 

Tutto il resto, invece, potrebbe essere spazzato via. Il punto di tutto potrebbe essere proprio questo: il reset termonucleare del pianeta. Indiscutibile, inappellabile. Una (piccola) nuova società che riemerge, e l’orrido brulicare dell’umanità che viene curato per sempre. È il sogno dell’élite fatto realtà.

 

Ciò ci porta a fare una considerazione. Questa è una guerra per l’instaurazione della Necrocultura – a suon di atomiche. È la Cultura della Morte a guidare la mano sanguinaria che trascina il mondo nell’abisso della guerra.

 

La Necrocultura ucciderà milioni. Ma ancora di più, quando avrà finito il suo lavoro, sul poco che resterà, la Necrocultura imporrà la sua legge. La violenza diverrà l’unica regola. La crudeltà diverrà l’unica virtù. Il cannibalismo sarà una forma di alimentazione normale, forse dominante. La perversione non troverà più alcun argine. La bontà diverrà un disvalore. Cristo si ridurrà a un pallido miraggio nel cuore di pochissimi.

 

Capite cosa c’è dietro alle armi a Zelens’kyj, ai generali morti, alle navi affondate, alle bombe che seguiranno. Capite qual è il quadro: è la guerra termonucleare della Necrocultura.

 

A questo punto, ho pochi dubbi che si farà. Hanno messo lì un presidente demente, una marionetta che lancia minaccia dalla fabbrica del complesso militare-industriale: sul serio, genialmente, parla di armi agli ucraini dagli stabilimenti della Lockheed-Martin, nel caso vi servisse più chiarezza.

 

Biden è in totale assenza di cervello. Non è più nemmeno in grado di leggere i teleprompter. Nessuno oramai dice il contrario. Era così anche prima di essere eletto. Anzi, lo hanno eletto proprio per quello: un’altra marionetta, più vuota ancora di quella di Kiev, se possibile, per condurci all’inferno.

 

Sì, hanno truccato le elezioni per fare la guerra alla Russia, impedita dai quattro anni di Trump: ci è impossibile pensare il contrario, e non ci importa se dirlo ci costerà un altro ban, un’altra lista di proscrizione, un altro virus hacker a polverizzare il traffico su questo sito.

 

E quindi?

 

Tante persone ci chiedono se stiamo facendo provviste, come ci stiamo preparando, etc. Qualcosa abbiamo scritto. Un minimo siamo pronti, ma sappiamo perfettamente che non è vero, è una percezione fasulla: nessuno è pronto a quello che può succedere. Perché mai era accaduto prima, mai, nell’era dell’atomo, la Guerra Fredda è divenuta calda.

 

Amici mi chiedono se ho pensato di fuggire da mia sorella, nell’Africa nera. Lì, in effetti, potrebbe essere addirittura che si verrà risparmiati. Forse: il caldo è talmente insopportabile che nemmeno l’inverno nucleare (il  cambiamento materiale del clima indotto dalla guerra atomica teorizzato negli anni Sessanta) potrebbe cambiare le cose, verrebbe da scherzare. E l’abbondanza della natura non richiede nemmeno una vera filiera alimentare. Un bel paradosso: in teoria, in Africa la fame non può arrivare, almeno non da quelle parti.

 

No, non ho pensato di scappare. Nonostante i bambini. Nonostante il rischio che percepisco lucidamente. Sento, come i tantissimi che sentono quello che sento io, di di non dover cedere al ricatto dell’ansia atomica. È vero che abbiamo tutti i motivi per temere: viviamo a pochi metri da basi americane. Abbiamo un primo ministro che parrebbe aver imbastito con i vertici europei e americani la guerra economica contro la Russia, la prima della storia. Siamo tutti in pericolo, sì.

 

Eppure, per qualche motivo il pensiero non ci assilla come dovrebbe.

 

Forse, perché sentiamo anche qualcos’altro. Sentiamo che, se per qualche ragione, il Signore ci risparmiasse l’olocausto nucleare, ci sarebbe tanto, tantissimo da fare qui. Coloro che ci hanno portato dove siamo non possono restare dove sono, devono essere sostituiti – pena il reiterato pericolo dell’estinzione. Chi ha permesso che l’umanità fosse spinta verso il precipizio, deve essere ritenuto responsabile. Si tratta delle stesse forze che ci hanno imprigionato indefinitamente, per procedere alla nostra sottomissione e alla modifica genetica della popolazione umana.

 

La sete di giustizia che in tanti provano è immane. È più forte della paura dell’apocalisse.

 

È la voglia di restare per combattere con i pochi strumenti che ci sono rimasti. La preghiera. La volontà. L’energia della propria carne. La forza vitale di essere padri, madri, sposi. La potenza della Vita contro la Morte.

 

Se non disinstalleremo la Necrocultura dal vertice del mondo, saremo tutti gettati nella fornace della distruzione finale.

 

Se non cancelleremo le élite della Morte, esse cancelleranno noi.

 

 

Roberto Dal Bosco

 

 

 

 

 

 

 

Immagine di FireKDragon via Deviantart pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 3.0 Unported (CC BY-NC-ND 3.0)

 

 

 

 

 

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PENSIERO

Dragonballe Z

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Bisogna tentare di mantenere la calma, e ricostruire quello che è successo.

 

Il nostro premier si è scagliato contro il ministro degli Esteri Sergej Lavrov.

 

Come noto, Lavrov ha parlato in una trasmissione TV di Mediaset. L’establishment è arrabbiato, sembra un colpaccio, un’esclusiva italiana che non dovremmo permetterci.

 

Tuttavia chi segue Renovatio 21, sa che in questi giorni il Lavrov – dei cui discorsi pubblici cerchiamo di tenere traccia, perché è importante sapere cosa dice la parte censurata del conflitto – ha rilasciato diverse interviste, dai media arabi a quelli cinesi, passando per una quantità di eventi pubblici nei quali ha offerto la sua analisi della situazione, spesso puntualissima.

 

Dagospia aveva anticipato che l’intervista aveva fatto saltare i nervi al governo antirusso. Chi è stato a mettere in moto la macchina che ha portato un ministro di Mosca a parlare sulla TV nazionale italiana?

 

È stato Valentino Valentini, l’ex poliglossico interprete di Berlusconi, testimone diretto degli anni della granitica amicizia italo-russa?

 

È stato un qualche potente della TV con entrature oltrecortina?

 

È stato Berlusconi stesso? Ma come, non era a cuccia dentro il governo? Ma come, non era arrabbiato con Putin perché Vladimir adesso gli butta giù il telefono come ad uno scocciatore? Mistero.

 

La rabbia nel Palazzo, a quel che si diceva, era tanta.

 

Quindi ecco che in un raro caso di apparizione pubblica, il Draghi post-COVID si spende contro l’apparizione catodica del ministro che insultò il suo amico Giggino, fidato capo della diplomazia italiana, il ministro forse più allineato col Mario premier.

 

Ecco quindi, che partono le balle del Drago. Le Dragonballe.

 

 

 

«Prima di tutto, parliamo di un Paese, l’Italia, dove c’è libertà di espressione» dice, con sorrisetto in volto il nostro premier per offendere Lavrov e la Russia.

 

«Questo Paese permette dunque di esprimere le proprio opinioni liberamente».

 

Eh? Machedaverodavero?

 

E noi dovremmo stare a sentire una cosa del genere? Il premier ha idea di cosa sia l’Italia – il mondo – nell’Anno Domini 2022?

BanShadowban? Processi alle grandi piattaforme che ti zittiscono… Draghi ne ha mai sentito parlare? Draghi ha idea di come si sente attualmente una larga parte dei cittadini italiani?

 

Noi, che siamo censurati (e magari pure spiati) ovunque, dovremmo sentirci dire che abbiamo la libertà di esprimerci?

 

Ma Draghi si è accorto che non esiste una testata in Italia che anche solo mezza cosa fuori dalla narrazione? O meglio: Draghi si è accorto che se ne è accorta una vasta porzione della popolazione?

 

In Italia c’è la libertà di espressione?

 

Ci spiega allora perché i siti russi – Rt.com, Sputnik e talvolta pure il sito ufficiale del Cremlino – sono irraggiungibili?

 

Una balla del genere la deve proprio raccontare ad un popolo che, mentre si esprimeva liberamente in piazza, è stato fatto oggetto di forza ondulatoria fino a che non è stata spenta la protesta nella repressione più triste, tra manganelli, idrantiondate di agenti in borghese ed in assetto antisommossa?

 

Le vagonate di celerini per far chiudere una pasticceria, qualcuno le rammenta? E piazza Duomo a Milano?

 

Ma di cosa stiamo parlando?

 

Ah, sì, la libertà di espressione.

 

Draghi, pur essendo un tecnocrate – termine anche troppo nobilitante per dire impiegato di Stato cooptato ad alti livelli – mai nella sua vita si si dovrebbe essere occupato del tema… tuttavia,  in effetti di libertà di parola aveva parlato giusto qualche settimana fa.

 

Ricordate? Era per dire che gli articoli dove si discuteva dell’assassinio di Putin nel nostro Paese si possono scrivere tranquillamente… lui quindi stava dalla parte del giornale denunciato dall’ambasciatore russo. «In Russia non c’è libertà di stampa, solidarietà a Giannini e ai suoi giornalisti».

 

Fu una mossa geniale, degna di un grande leader lungimirante: il giorno dopo doveva chiamare Putin per parlare della mancanza di gas che sta facendo chiudere le nostre aziende.

 

Ci ribolle il sangue, lo vedete. Basterebbero le prime parole del suo discorso per voler chiudere tutto, per nausearci tra bugie e nonsensi.

 

Draghi dice che ciò che dice il ministro Lavrov è «aberrante». Tuttavia «aberrante», per noi, è avere un premier che non abbiamo votato, un primo ministro privo di partito, fatto piovere dal cielo da chissà chi.

 

Per noi che crediamo che il nostro voto valga qualcosa, sì, avere un premier del genere è aberrante: nella storia repubblicana si contano pochissimi casi di tecnocrati installati al potere, e tutti in era recente (il primo probabilmente è stato il suo mentore, Ciampi), quando la sovranità italiana era già stata patentemente liquidata, come testimonia il caso del Britannia, panfilo sul quale, come sappiamo, il Draghi diede un discorso di benvenuto caloroso (includendo nei saluti tali «Invisibili Britannici»: invisibili britannici di altro tipo ci sa che operano anche ora in Ucraina e forse pure in Russia…)

 

Per noi, il Britannia è aberrante.

 

Per noi  è aberrante la «distruzione creativa» dell’economia promossa apertamente dal gruppo dei Trenta capeggiato da Draghi.

 

Per noi sono aberranti le fake news ministeriali, le dragonballe sui vaccinati che non contagiano, con l’annuncio, un po’ adolfesco, secondo cui «i nostri problemi dipendono dai non vaccinati».

 

Invece, dobbiamo sentire che «oscena» sarebbe la storia di Hitler di origine ebraica raccontata da Lavrov.

 

Il Draghi ostenta sicumera: eccerto, lui sta storia non la ha mai sentita, nonostante fino a qualche anno fa degli studi genetici comprovanti svolti da ricercatori belgi ne parlava in tranquillità il Corriere e tutta la stampa possibile, sempre ghiotta di scandali e paradossi sul tema di svastica e stella di David.

 

Non vogliamo nemmeno entrare nella faccenda. Con evidenza, Lavrov come altri, non si prendono la briga di spiegare cosa sia il zhidobanderismo ucraino, di cui Renovatio 21 ha parlato, ma forse è il caso di fare un articolo a parte: in breve, l’azione di oligarchi ebrei come Igor Kolomojskij, che da una parte crea e lancia il presidente ebreo (russofono) Zelens’kyj e dall’altra imbastisce e finanzia battaglioni nazionalisti pieni di croci uncinate ucronaziste.

 

Ci limitiamo a ricordare che gli stessi nazisti sono quelli a cui l’Occidente – compresa l’Italia – stanno fornendo armi – armi che in un futuro prossimo sappiamo come possano andare in mano a terroristi. Questo è «osceno», questo è «aberrante», non le storielle sulle origini giudaiche dello Hitler.

 

Fornire armi significa dare la possibilità di uccidere. Fornire armi ai nazisti significa aiutare stragi naziste. Ce ne rendiamo conto?

 

Com’è possibile aprire la bocca su Hitler quando si stanno armando personaggi con svastiche e rune?

 

Infine, ecco che il nostro – incredibile, davvero – si scaglia contro la libertà di stampa, che aveva sostenuto una manciata di secondi prima.

 

«La televisione trasmette liberamente queste opinioni», cioè, quella di Lavrov, del ministro in carica del Paese con cui siamo materialmente in guerra.

 

Per Dragonball evidentemente non è accettabile.

 

«Lei ha parlato di intervista» dice seccato al giornalista che aveva fatto la domanda. «In realtà è stato un comizio».

 

Il problema, dice il tecnocrate che oltre che di vaccini ne sa anche di giornalismo, è che è stata fatta «senza nessun contraddittorio».

 

Certo, come no: vediamo il contraddittorio che esiste in Italia sui giornali nei confronti suoi e del suo governo. Stiamo vedendo una folla infinita di giornalista che stanno chiedendosi se è il caso che a capo delle migliaia di testate atomiche americane ci sia uno in demenza senile. Stiamo vedendo il fior fiore di contraddittori sulla guerra in Ucraina, sulle armi inviate verso il sangue e il caos, sulle fabbriche che chiudonosul rischio nucleare

 

«Non è un granché professionalmente… Fa venire in mente strane idee». Ah bello, adesso ci parla di professionalità, e poi lancia un messaggio subliminale a qualcuno (Berlusconi? Salvini? Chi?), magari sottintendendo una mezza accusa di potenziale intelligenza con il nemico.

 

Quindi, se il ministro Lavrov non deve parlare in TV, se ogni comunicazione di Mosca deve essere censurata, significa che siamo in guerra con la Russia?

 

La risposta ve l’abbiamo già data: di fatto, sì, e, a quanto ha scritto nero su bianco il Financial Times, dentro ci ha trascinato proprio Mario Draghi.

 

Andate a rivedervi l’articolo: Draghi è considerabile come uno degli attori principali di quella che potrebbe essere la prima vera mossa di guerra economica dichiarata della storia umana: il sequestro (cioè, il ladrocinio) di 300 miliardi di dollari dei russi depositati in Banche Centrali estere. Spariti, puf. Mai successo: nemmeno, durante la Seconda Guerra Mondiale, i danari tedeschi depositati alla Banca d’Inghilterra, con i V2 che si mangiavano il 25% di Londra.

 

Nell’Euroregno dei Draghi, invece, si può.

 

«In Europa, è stato Draghi a spingere l’idea di sanzionare la Banca Centrale al vertice di emergenza dell’UE la notte dell’invasione. L’Italia, grande importatore di gas russo, in passato era stata spesso titubante riguardo alle sanzioni. Ma il leader italiano ha sostenuto che le scorte di riserve della Russia potrebbero essere utilizzate per attutire il colpo di altre sanzioni, secondo un funzionario dell’UE».

 

Così il Financial Times, che non ci risulta sia stato smentito.

 

In Senato, poche settimane prima, Draghi aveva dichiarato un qualcosa che ad oggi non capiamo bene cosa volesse dire – o non dire.

 

 

«Era stato tutto premeditato da tanto tempo» aveva dichiarato Draghi riguardo ad un presunto complotto russo che aveva programmato la situazione attuale.

 

«Le riserve della Banca centrale russa dalla guerra di Crimea ad oggi sono state aumentate sei volte, alcune sono state lasciate in deposito presso altre Banche centrali in giro per il mondo, altre presso banche normali. Non c’è quasi più nulla, è stato portato via tutto, queste cose non si fanno in giorno, in mesi, mesi e mesi. Non ho alcun dubbio che ci fosse molta premeditazione e preparazione».

 

Ci avete capito qualcosa? Stava già ammettendo il suo ruolo in questo attacco frontale a Mosca, che rende l’Italia bersaglio inevitabile? Oppure si tratta semplicemente di un’altra dragonballa nella guerra contro la Russia, una Dragonballa Z?

 

Non ci è dato saperlo, tuttavia di una cosa siamo certi: il disallineamento assoluto di Draghi e del suo governo rispetto all’interesse nazionale.

 

Industrie disintegrate, valanghe di disoccupazione, la fame che può incredibilmente tornare fra noi, la minaccia sempre più viva di uno scontro termonucleare in casa nostra: tutto questo avviene mentre il nostro governo di occupa di armare l’Ucraina e di lamentarsi se il ministro russo parla alla TV italiana.

 

Tutto questo, dopo aver rubato due anni della nostra vita, e una fetta definitiva della nostra prosperità, con il COVID, lasciando una scia di morti e di mRNA che gridano vendetta al cielo.

 

Questo sì è «osceno», e «aberrante», e «fa venire in mente strane idee».

 

In realtà, sappiamo esattamente che idee dobbiamo avere.

 

 

Roberto Dal Bosco

 

 

 

 

Immagine di Attili Filippo via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 3.0 Unported (CC BY 3.0); immagine modificata.

 

 

 

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Sorgente: La bandiera rossa dello spirito trionferà – RENOVATIO 21

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