Il funerale di Shireen Abu Akleh, ovvero «Neppure i morti saranno al sicuro dal nemico, se vince»

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Credo che nessuno di noi abbia mai visto la polizia manganellare chi – amico, parente, affranto dal dolore – sta portando sulle spalle una bara. Fino a farla cadere, la bara.
Eppure è quello che successo oggi in Palestina, dove la polizia israeliana ha attaccato il corteo funebre che portava il corpo di Shireen Abu Akleh, la giornalista di Al Jazeera uccisa dall’esercito nel corso di “un’operazione militare speciale” – ricorda niente questa locuzione? – nel campo profughi di Jenin.
Ovvero in quei territori che secondo l’ONU sono illegalmente occupati da Israele da decenni – senza che “la sola democrazia del Medioriente” abbia mai ricevuto sanzioni, sdegno unanime o esclusioni dallo sport…
Sono immagini di una violenza terribile, non solo materiale, ma simbolica. Io non sono credente, ma anche per me esiste qualcosa di sacro ed esiste la profanazione. E il corpo di Shireen davvero è stato profanato, e la polizia israeliana davvero ha violato qualcosa di sacro. Con la complicità di tutti i governi occidentali, sempre pronti a impartire agli altri lezioni di civiltà e diritti umani.
Diceva un grande filosofo ebreo, che pagò con la sua vita l’arrivo dei nazisti, Walter Benjamin: «Neppure i morti saranno al sicuro dal nemico, se vince». Non è solo la terra a essere disputata in Palestina.

Sorgente: Salvatore Prinzi | Facebook

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