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1 – E’ di ieri la notizia che Biden ha chiesto al Congresso di impegnare 33 miliardi di dollari per il sostegno (in gran parte militare) all’Ucraina, i quali miliardi, sommati agli altri in questi anni accantonati per la stessa ragione, diventano una quarantina di cui più di tre usati solo negli ultimi due mesi.
Allo stesso tempo Biden ha chiesto di aumentare il budget militare portandolo a “813,3 miliardi di dollari, 60 in più rispetto alla richiesta avanzata da Biden per il 2022” (https://www.lindipendente.online/…/il-budget-usa-per…/) confermando come questo paese sia quello che destina agli investimenti militari più di ogni altro paese (intorno al 4,5% del Pil che, essendo uno dei più elevati del pianeta, diventa l’investimento militare più elevato del pianeta. Tanto per dire: è circa 13 volte l’investimento militare russo e rappresenta il 40% della spesa militare totale mondiale).
Un informato report della rivista “Sbilanciamoci” di giusto un anno fa (https://sbilanciamoci.info/spese-militari-lobby-delle…/) sciorina una serie interessantissima di dati relativi al “riarmo” planetario segnalando, tre le mille cose importanti, come praticamente nessuna grande area del pianeta (Africa, Medio Oriente, Sudamerica, ecc.) sia esente da questa corsa all’approviggionamento di materiale bellico in cui i principali fornitori sono gli Usa e, molto distaccati, la Russia, la Francia, la Germania, Cina. Nel 2020 l’esportazione di armi Usa si è assestata sui 9400 miliardi di dollari, quello russo sui 3000 (un terzo), quello Francese sui 2000 e quello tedesco sui 1200. Le prime tre posizioni di produttori di armi, manco a dirlo, sono americane, e cioè “Lockheed Martin, Raytheon e Boeing, che nel 2020 hanno fatturato dalla sola vendita di armi rispettivamente: 58,2 miliardi di dollari, 36,7 e 32,1” (https://www.key4biz.it/la-classifica-mondiale…/398971/…). Come termine di paragone si tenga conto che le prime nove aziende di materiale bellico russo hanno fatturato, tutte assieme, meno della metà di Lockheed Martin.
2 – Qualche settimana fa (mi spiace, non trovo più l’articolo, ma credo fosse una intervista al “Riformista”) all’inizio della guerra in Ucraina, l’ex ambasciatore Sergio Romano – che come molti altri non credeva in una invasione russa – ammise che aveva sottovalutato il ruolo delle aziende belliche americane tra le ragioni di una possibile guerra. Assegnando proprio a queste il ruolo di eminenze grigie che guidano l’operato di Biden il quale, secondo lui e ormai secondo chiunque abbia un minimo di cervello, è uno dei due veri protagonisti della guerra (l’altro è Putin) essendo l’Ucraina solo uno dei tanti teatri di guerra (Siria, Libia, ecc.) in cui si affrontano i due paesi che guidano. Il confronto tra i due, l’ho detto e ridetto ormai fino alla nausea e con me decine di altri ben più titolati commentatori, ha una sola ragione: gli Usa vogliono fermare la deriva multipolare e la Russia vuole accelerarla.
3- Sulla rivista di politica internazione Foreign Policy (fondata tra gli altri da Samuel Huntington) ieri è comparso un articolo assai interessante sulla questione (https://foreignpolicy.com/…/russia-ukraine-war-biden…/). E’ una panoramica delle posizioni emerse in questi mesi negli Stati uniti – tra addetti ai lavori – circa la vera guerra, quella russo-americana, combattuta per interposta persona. Attualmente la posizione dominante è quella di quanti ritengono la Russia una tigre di carta con un esercito di cartone, armi obsolete ed una economia fragile che non può sostenere a lungo uno sforzo bellico come quello in Ucraina nelle condizioni attuali (cioè fornitura armi pressocché infinita ai combattenti ucraini) e che pertanto sarà destinata, la Russia, a collassare.
L’altra posizione, minoritaria ma che conta esperti del calibro di Mearshmeier (il decano degli studi “realisti” di Relazioni internazionali, https://www.mearsheimer.com) sostiene che la posizione dominante è un azzardo pericoloso poiché costringere Putin, la Russia, ad “arrendersi” (cioè a ritirarsi dall’Ucraina senza se e senza ma), con l’arsenale nucleare tattico e strategico che si ritrova nonché con la rinnovata “volontà di potenza”, significa automaticamente costringere Putin ad usare l’arma atomica.
I sostenitori della prima opzione sono dunque per una operazione di “war endless” il cui fine abbia la capitolazione russa. I sostenitori della seconda parlano apertamente invece della necessità di venire a patti col gigante euroasiatico per il bene di tutti poiché, fermo restando il conflitto sulla strategia generale del dominio del mondo in cui gli Usa debbono avere un ruolo centrale e che durerà anni, è meglio evitare situazioni che possano sfuggire di mano.
4 – Sempre ieri Lavrov, il ministro degli esteri russo, in una intervista rilasciata all’agenzia di stampa cinese Xinua (https://tass.ru/politika/14524159) sosteneva che le trattative per un accordo con l’Ucraina sono eterodirette da Nato e Usa, che questi hanno deciso che non ci saranno trattative e per questo continuano ad inviare armi sempre più pesanti. Si è doluto di questa posizione, invitando l’Ucraina a decidere da sola, ma ha anche detto che la Russia è pronta a continuare la sua “operazione speciale”.
In effetti se è vero che l’Occidente non smette di inviare armi all’Ucraina sempre più “offensive” è anche vero che la Russia riesce spesso ad intercettarle e a distruggerle come è anche vero, però, che non solo una parte rilevante di queste armi arrivano a destinazione ma soprattutto che il flusso occidentale è virtualmente infinito (visto chi sono i principali produttori di armi, cioè i paesi più ricchi al mondo) mentre la capacità di distruzione di questo flusso della Russia è relativo sia per le condizioni economiche che per la incapacità di produrre armi a ritmi forsennati come avviene per l’Occidente.
5 – Allo stato attuale la Russia ha occupato non solo le Repubbliche indipendentiste del Donbass a lei amiche ma si sta spingendo fino ad Odessa “annettendo” le zone russofile che hanno in comune una cosa: sono tutte sulla costa del Mare d’Azov e pertanto prenderle significa la chiusura (o quasi) al mare dell’Ucraina.
Nella regione di Kherson, la prima ad essere completamente sotto il controllo russo per la sua vicinanza con la Crimea, dal primo maggio si passerà, a quanto pare, al rublo russo. Il che significa, che tutti i territori in cui si è insediata dopo il 24 febbraio la Russia li considera al sicuro da possibili controffensive ucraine (se volete le cartine militari aggiornate giorno per giorno sulla situazione vi consiglio questa pagina: https://www.understandingwar.org/…/ukraine-conflict…)
Il che significa anche un’altra cosa. Che mano a mano che la Russia avanza consolida le sue posizioni militarmente e impianta basi militari di difesa-offesa stabilmente in modo da assicurarsi, nel tempo, una presenza a presidio delle zone conquistate e un potente fattore di deterrenza nei confronti di eventuali controffensive ucraine.
Le quali, assai probabilmente, non tarderanno ad arrivare.
Se infatti diamo per scontato che le posizioni americane prevalenti (quelle “war endless” prima ricordate) continueranno ad essere prevalenti a lungo, allora è plausibile pensare che l’Ucraina attaccherà i territori controllati dai russi per riprenderseli. O almeno tenterà.
6 – Ora, ai fini del ragionamento in questo articolo, non è importante valutare se le contro offensive ucraine – da qui a qualche mese/anno – risulteranno vittoriose sul campo.
Quello che mi interessa segnalare è che se non si va ad un accordo, si va alla guerra permanente di logoramento. Cioè ad un supplemento della guerra che da otto anni si combatte in Donbass stavolta duplicemente allargata: territorialmente e militarmente poiché l’esercito russo è sul fronte direttamente e le armi Usa/Nato continueranno ad arrivare in Ucraina sempre più numerose.
Nella testa degli statunitensi “war endless” per guerra di logoramento si intende logoramento russo. Prima o poi (il problema è capire quando ci sarà il “poi”: mesi, anni, decenni?) la Russia non ce la farà più a sostenere il peso di una guerra continua in quelle zone e sarà costretta a ritirarsi e a capitolare militarmente, economicamente, moralmente e, soprattutto, nelle sue convinzioni di essere soggetto principale del multipolarismo.
Il fatto è che assieme al logoramento russo ci sono altri due logoramenti di breve-medio-lungo periodo: quello ucraino e quello europeo.
Se pensiamo all’altra “arma nucleare ma non nucleare” che ha in mano la Russia, cioè il gas, la questione si complica. Se domani la Russia decidesse – proprio per ribaltare il logoramento o almeno condividerlo col nemico – di chiudere il gas all’Ucraina e all’Europa – ancor prima di usare armi nucleari – lo shock sarebbe, come tutti sappiamo, devastante.
Questa guerra si regge sulla possibilità che l’Europa non precipiti in una altra crisi economica probabilmente ben peggiore di quella dei subprime. Chiudere il gas alla Germania e all’Italia (oltre che ai vari paesi che sopravvivono grazie al gas russo) significherebbe uno scenario di devastazione prossimo a quello della guerra con supermercati magari non bombardati ma vuoti e distrutti perché presi d’assalto. Razionamenti energetici che farebbero saltare strutture sanitarie, pubbliche, industrie energivore persino incapacità di finanziare l’Ucraina in guerra (al punto di vista dei danari e delle armi), eccetera eccetera.
Questo solo per accennare a cosa può significare la chiusura del gas.
Non meno devastante sarebbe pensare ad una guerra di lungo periodo anche se a “bassa intensità”. Commerci strategici interrotti, sanzioni e contro sanzioni che non si capisce bene chi danneggino, cataste di morti nelle zone di guerra, rimodulazioni non necessariamente vantaggiose per l’Occidente degli equilibri internazionali e via dicendo in un crescendo che potrebbe non escludere né la chiusura del gas, in via preliminare, né la Bomba prima o poi.
Gli unici a non perdere sarebbero, almeno per qualche tempo, i fabbricanti di armi e i loro commessi viaggiatori. Gli avvoltoi cioè il cui banchetto potrà proseguire a ritmi sempre più bulimici.
Almeno finché c’è guerra e qualcuno da bombardare.
Anche se speranza non ce n’è.
P.S.: lo so, lo straordinario film di Alberto Sordi – il cui titolo ho preso per questo scritto – era dedicato alle guerre africane, al neocolonialismo, allo sfruttamento occidentale delle risorse di quel continente per tenere in piedi il “western way of life”. Il grande attore-regista forse non immaginava (era il 1974) che i fabbricanti di armi non avrebbero avuto scrupoli anche nel sostenere – direttamente o indirettamente – guerre nella stessa Europa se fosse stato il caso.
Però, ecco, vale lo stesso la pena di rivederlo quel film se non altro per riascoltare il suo monologo finale:
“Perché vedete… Le guerre non le fanno solo i fabbricanti d’armi e i commessi viaggiatori che le vendono, le fanno anche le persone come voi, le famiglie come la vostra che vogliono, vogliono e non si accontentano mai: le ville, le macchine, le moto, le feste, il cavallo, gli anellini, i braccialetti, le pellicce e tutti i cazzi che ve se fregano, costano molto! E per procurarseli, qualcuno bisogna depredare, ecco perché si fanno le guerre!”

Sorgente: Karl Marx Strasse | Facebook

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