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di Paolo Berizzi

Dai simboli ostentati al “boia chi molla” a Rieti l’elenco dei casi mai sconfessati da Meloni

Chissà, forse ci andò giù troppo piatto Steve Bannon quando, in un video di The Guardian, definì pubblicamente FdI “uno dei più vecchi partiti fascisti”, e la sua leader, Giorgia Meloni, una “fascista, neofascista”. Dopodiché, incisi restano i fatti, i simboli (a partire da quello del partito, dove ancora c’è la fiamma che arde sulla tomba di Mussolini). E la plasticità dei gesti.

Soprattutto quei saluti romani che pochi giorni fa Meloni – non condannandoli – ha definito semplicemente “antistorici”. Non attuali. Con l’ennesima sfumatura verbale la leader di FdI ha mostrato, riguardo al tema delle angolazioni fascistoidi interne al partito, di non potere né volere fare davvero i conti con il passato rinunciando così ai voti di chi in Italia si riconosce ancora nel fascismo. FdI ha un numero altissimo di membri – dirigenti, militanti, consiglieri comunali, sindaci, deputati, eurodeputati – colti in flagrante mentre esprimono simpatia per il ventennio, tra saluti romani e inni al duce.

L’ultimo caso arriva da Rieti e porta la firma del sindaco uscente Antonio Cicchetti (FI): “Dobbiamo andare avanti col grido di battaglia che è sempre il solito: boia chi molla!”, ha scaldato la platea per lanciare la candidatura di Daniele Sinibaldi (FdI). Il vecchio motto fascista rispolverato di Cicchetti, già Msi, già dirigente del Fronte della Gioventù dove si formò la stessa Meloni. Al pari del saluto col braccio teso usato da Mussolini e Hitler. Di quel saluto, e del grido “presente!”, pullulava il sagrato della chiesa degli Artisti all’uscita del feretro di donna Assunta Almirante.

 

Tentazione antica che non va mai in soffitta, quella delle braccia tese. Non proprio un gesto da “Conservatori e riformisti europei”, da “destra moderna”. Si sono esibiti nel saluto romano alcuni big di FdI. Il co-fondatore Ignazio La Russa lo ha fatto alla Camera nel 2017, si discuteva il ddl Fiano. Carlo Fidanza, capodelegazione al parlamento europeo, ripreso dalle telecamere nascoste di Fanpage si è esibito alla cena elettorale della “lobby nera” insieme al co-indagato Roberto Jonghi Lavarini (candidato per FdI alla Camera nel 2018). Braccio teso e un delicato “heil hitler”, Fidanza. Che, dopo l’autosospensione farsa, è ancora al suo posto in Europa. 

Il saluto romano ha portato fortuna alla sua candidata Chiara Valcepina eletta consigliera comunale a Milano. “Saluto Covid”, lo chiamò lei. Il copyright è di La Russa: a febbraio 2020, con un tweet poi rimosso, suggerì: “Per evitare contagi usate il saluto romano”.

In Liguria quattro consiglieri comunali lo hanno preso alla lettera. Nel giorno della Memoria 2021 tre consiglieri di Cogoleto lo fanno in aula: una è Valeria Amadei. A dicembre 2021 replica Ino Isnardi, Ventimiglia. Sono gli stessi giorni in cui a Napoli un nutrito gruppo di dirigenti e militanti si ritrae in posa col braccio teso e il tricolore. Se ne riparlerà quando, due mesi fa, a Napoli deflagra il caso Rastrelli. “Io sono Sergio Rastrelli e sono un vero fascista napoletano”. È la frase che si legge su centinaia di manifesti affissi in città: nella foto c’è lui, il coordinatore cittadino di FdI, che saluta romanamente.

Poi ci sono le camicie nere. Partiamo dalla fine. Da quando, all’assemblea programmatica di Milano, Meloni allarga le braccia e strabuzza gli occhi nell’ormai celebre gag sulla “camicia nera” dove dileggia un cronista. La stessa ironia Meloni ha accuratamente evitato di usarla in altre occasioni. Esempi? La foto del deputato Galeazzo Bignami in divisa nazista da SS.

O quando a luglio 2020 il consigliere di Nimis, Gabrio Vaccarin, eletto con FdI, posa vestito con la stessa sconcertante divisa. Bocca cucita anche a ottobre 2019. In un ristorante di Acquasanta Terme (Ascoli Piceno) FdI organizza una cena celebrativa della marcia su Roma, l’inizio del fascismo. Repubblica ne dà notizia: tavolata per 70 persone e menù sul quale campeggiano il fascio littorio e il simbolo di FdI. C’è lo stato maggiore locale del partito, tra cui Francesco Acquaroli – pupillo di Meloni che verrà eletto presidente della Regione Marche -, il sindaco di Ascoli Piceno, Marco Fioravanti, e Luigi Capriotti, oggi presidente della Provincia di Ascoli. Acquaroli è intervenuto all’assemblea di Milano dove Vittorio Feltri ha ricevuto un’ovazione dai delegati quando ha ricordato che “a Milano è nato il fascismo”. La “matrice” nota. O sconosciuta, per dirla con la leader di FdI. La quale invece dovrebbe sapere bene chi è stato il nazista Leon Degrelle (“figlio adottivo di Hitler”). L’anno scorso i giovani di Gioventù nazionale di Verona lo hanno commemorato con un post. Anche lì, da Meloni, zero ironia.

Sorgente: Destra: braccia tese e slogan, tutte le nostalgie nere dei dirigenti di FdI – la Repubblica

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