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«Non voleva dire ciò che ha detto…», come se il mondo avesse a che fare con un nonno un po’ stonato dall’età. Peccato che lui, Biden, governi la superpotenza economica e militare planetaria, che il suo avversario nella guerra in corso delegata in Europa sia un certo Putin, dagli scrupoli incerti ma con tante bombe atomiche, mentre nell’altro emisfero sempre lo stesso Biden minacci un’altra guerra, questa volta col gigante economico Cina, per Taiwan, i microprocessori e la supremazia economica e militare.

Piero Orteca sulla nuova geopolitica del pianeta passando per poesia e letteratura.

Siamo ridotti male

Che il pianeta debba mettere il suo futuro nelle mani di leader nevrotici, dall’ambizione sfrenata o con chiari problemi cognitivi, è una vera iattura. In uno dei cicli più difficili della sua storia recente, l’umanità deve fare i conti con l’assoluta mancanza di punti di riferimento affidabili. “Si sta/ come d’autunno/ sugli alberi/ le foglie”, avrebbe recitato il monumentale genio poetico di Giuseppe Ungaretti.

Xi, Vladimir e Joe

Di Xi Jinping e, soprattutto, di Putin, sappiamo quasi tutto quello che dovremmo sapere. Anche se facciamo il solito vecchio errore del “copia e incolla”, sovrapponendo le “asimmetrie” o, peggio, gli avventurismi autoritari dei leader, ai Paesi che guidano, mettendo tutto nello stesso calderone. E l’Occidente democratico e “illuminato”? Dovrebbe essere il porto sicuro in cui rifugiare i nostri fragili vascelli, sballottati dai violenti flutti di una geopolitica impazzita. Invece, anche in questo caso, ci siamo imbarcati su un transatlantico senza timone.

Kipling

Capitani coraggiosi”, intitolò il suo fenomenale romanzo Rudyard Kipling: è proprio quello di cui avrebbe bisogno un’America sempre più divisa e in crisi d’identità. Un Paese alla spasmodica ricerca della sua perduta grandezza “unipolare”, sotto la Presidenza di un quasi ottuagenario che ha chiari problemi, diciamo, “comunicativi”, se non proprio “relazionali”. Joe Biden ha detto che l’ordine mondiale non si tocca. Certo, ha ragione quando si riferisce a cambiamenti imposti con la forza, ma ha torto se pretende di “stoppare” la scalata alla supremazia economica planetaria di altre potenze (la Cina).

Fuori dal copione inciampa

Il Presidente Usa, di tanto in tanto, esce dal copione che gli dettano i suoi “adviser” e parla a braccio, rischiando di scatenare un “casus belli” al giorno. In diplomazia, è semplicemente un incapace. Anzi, è pericoloso. Un onesto funzionario statale che, ogni tanto, si sveglia di soprassalto e fa il Masaniello. A Tokyo, ne ha combinata un’altra delle sue, rispondendo ai giornalisti sull’ambiguità geopolitica di Taiwan, durante la sua visita ufficiale in Giappone.

Guerra alla Cina per Taiwan

Dunque, Biden ha detto che “se la Cina dovesse invadere l’isola, gli Stati Uniti scenderebbero in guerra contro Pechino”. Facendo saltare dalla sedia il Segretario di Stato Antony Blinken e quello alla Difesa, Lloyd Austin, costretti a smentire in diretta il loro Presidente.

In effetti, Biden ha preso lucciole per lampioni, confondendo sciaguratamente lo spirito (e la lettera) del Taiwan Relation Act, del 1979, che regola i rapporti di alleanza tra i due Paesi. Il documento, infatti, non parla di “intervento diretto” degli Stati Uniti, ma solo di non meglio precisati aiuti militari.
Lo scivolone di Biden (l’ennesimo) è stato provocato da una domanda specifica: In Ucraina non siamo intervenuti direttamente – gli è stato chiesto – ma per Taiwan lo faremmo? “Sì, lo faremmo – ha risposto Biden – perché questo è un impegno che abbiamo preso”.

Errori o pessime intenzioni?

In realtà, come abbiamo visto, Biden mente o, peggio, non sa quello che dice. Problemi cognitivi? Forse. Ma anche questioni di interessi abbondantemente divergenti, rispetto all’Ucraina. Gli Stati Uniti non possono permettersi di perdere il primo produttore mondiale di semiconduttori e di altri componenti tecnologici, ad altissimo valore aggiunto, indispensabili per le catene di montaggio “intelligenti” dell’industria “4.0” o, addirittura, per quella, avveniristica, “5.0”. L’Ucraina, in termini economici, per loro conta molto di meno. Ecco perché la sostengono da lontano, mentre per Formosa sono pronti a sbarcare con tutto il Settimo cavalleria.

Semiconduttori e ‘laptop’

Due pesi e due misure. Democrazia? No, semiconduttori e “laptop” di ultima generazione. La sfasata di Biden ha provocato reazioni furibonde a Pechino, ha stupito molti alleati (o pseudo tali) americani nel Sud-Est asiatico e ha gettato sconcerto in molti ambienti politici Usa.

La CNN democratica

La CNN ha immediatamente aperto il fuoco, con un servizio di Stephen Collinson su La confusione strategica di Biden su Taiwan. Il giornalista del network televisivo americano è di una durezza inusitata nel suo commento: Se un Presidente degli Stati Uniti continua a giurare di fare qualcosa e i suoi collaboratori continuano a insistere che non la farà, nessuno è più sicuro di cosa credere. Si tratta di uno stato di cose potenzialmente pericoloso per le questioni internazionali. E ancora, prosegue Collinson:Le sue osservazioni si sono rapidamente riverberate in tutto il mondo, scatenando una rabbia ribollente a Pechino. Ora tutti si stanno scervellando per scoprire se Biden ha commesso l’ennesima gaffe, dopo avere ripetutamente superato le sue stesse posizioni diplomatiche dichiarate, o se invece ha abbandonato decenni di politica estera statunitense”.

Se dopo Trump è questo Biden

La conclusione dell’analista della CNN e sconfortante e allarmante nello stesso tempo: Le ultime osservazioni del Presidente seguono la robusta risposta all’invasione russa dell’Ucraina. Biden ha confuso le aspettative e ha rianimato le alleanze della guerra fredda, per contrastare Mosca. E sta effettivamente combattendo una guerra per procura da 40 miliardi di dollari contro il Cremlino. Quindi, non è irragionevole pensare che Biden sia più aggressivo di quanto si credesse, e questo potrebbe avere conseguenze per Taiwan. O potrebbe indurre la Cina a cambiare il suo comportamento, sulla base della percezione che gli Stati Uniti abbiano già cambiato il loro.

Sottinteso in casa Usa

Ieri, il Presidente, dopo la pedata assestata ai fragili equilibri esistenti nel Sud-Est asiatico, ha cercato di correggersi, dicendo “che non voleva dire quello che ha detto”. Insomma, pare di capire, quando parla Biden, scrivetegli i discorsi o fatelo stare zitto.

E, se queste sono le premesse, allora non occorre essere raffinati politologi, per pensare che l’immediato futuro dell’umanità assomiglia, pericolosamente, a un incrocio molto trafficato e senza semafori.

Sorgente: Biden in Asia, quasi guerra con la Cina. Prima dice e poi smentisce –

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