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(Roberta Labonia) – Ma guarda un po’, ora anche il falco per eccellenza americano, l’odioso (a mio avviso) Edward Luttwak, il guerrafondaio consulente strategico della Casa Bianca, ci è arrivato: dalle pagine de La Verità predica di offrire una via d’uscita a Putin, pena un conflitto nucleare.

Le previsioni dei grandi strateghi occidentali, dal decotto Biden fino ad arrivare all’ultima ruota del carro, certo signor Mario Draghi, uno che fino a ieri ci ha intortato affermando che le armi italiane sarebbero servite ad uccidere i nemici russi e a far arrendere Putin (con buona pace della nostra Costituzione), si stanno rivelando per ciò che sono, una grande panzana. Sta accadendo l’esatto contrario: più armi letali Usa&Co inviano agli ucraini, più si alza il livello dello scontro armato, più si alza il numero delle vittime, in primis ucraine, più i tempi di questa guerra si vanno dilatando.

Il Donbass sta soccombendo. Ne è la plastica dimostrazione Mariupol, una città praticamente rasa al suolo e il cui residuale, tragico simbolo di resistenza si identifica nella mega acciaieria Azovstal, la cui difesa è ormai affidata agli uomini del battaglione Azov e a poche unità della marina ucraina. In queste ore hanno trovato ultimo rifugio nell’acciaieria anche oltre 1000 civili disperati. Gli ultimatum russi secondo i quali , almeno a parole, gli ucraini che si fossero arresi avrebbero avuto salva la vita, fino ad ora sono caduti nel vuoto.

Circa un’ora fa, l’appello di un comandante dei marines ucraini ha squarciato il velo dell’ipocrita propaganda occidentale: il comandante ha chiesto un intervento diretto da parte di ” tutti i leader mondiali” volto ad attuare “una procedura di estrazione” per portarli tutti “sul territorio di altro Stato”. Una richiesta talmente impervia e difficilmente praticabile da non poter essere dettata se non dalla disperazione.

“Questo potrebbe essere il nostro ultimo appello” , ha detto, “siamo, forse, di fronte ai nostri ultimi giorni, se non ore. Il nemico ci supera in numero di 10 a 1. Hanno un vantaggio in aria, nell’artiglieria, nelle loro forze a terra, nell’equipaggiamento e nei carri armati”. La concretezza di queste parole ci da la misura di quale piega stia prendendo realmente questa guerra nel Dombass.

Che altro dobbiamo ascoltare ancora per farci comprendere quanto falsa e criminale è stata in questi 2 mesi la propaganda occidentale? La narrativa secondo la quale gli ucraini possono avere la concreta possibilità di sovrastare le forze armate russe è fallace e ha avuto quale unico effetto quello di alzare il livello di scontro e delle atrocità e, ciò che è più grave, quello di allontanare la possibilità di instaurare un tavolo dei negoziati serio col despota Putin.

L’ipocrita politica delle sanzioni fin qui attuata dalle forze occidentali non ha prodotto risultati determinati sull’andamento di questa guerra. Putin non è crollato. L’unica via da intraprendere affinché ciò avvenga, e lor signori lo sanno bene, sarebbe quella di adottare l’embargo totale sugli idrocarburi russi, gas compreso. Una via lacrime e sangue, per l’Europa in primis, così come lo sarebbe quella di farsi trascinare da Putin in un terzo conflitto mondiale in cui gli Stati Uniti, per primi, non intendono farsi trascinare.

L’unica via percorribile è rimasta quella di rimettere in moto gli ingranaggi della diplomazia e cercare con Putin un punto di caduta sul Dombass. Più i giorni passano, più lui avanza (e i morti crescono), più alte saranno le sue pretese. Che aspettiamo ancora?

Sorgente: Ucraina, la via dei negoziati si impone. Che aspettiamo ancora? – infosannio – notizie online

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