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«La storia del contingente italiano della missione ‘Miasit ‘con base a Misurata è diventato un caso diplomatico tenuto sotto traccia per non alimentare polemiche su un’operazione in un territorio strategico ma conteso dalle potenze mondiali», denuncia in una sua inchiesta il quotidiano Domani.

Prepotenze truffaldine

Fino ad oggi 250 soldati italiani sono rimasti bloccati in Libia oltre il tempo massimo della missione (180 giorni), in attesa dell’arrivo del nuovo contingente, che però ha posticipato la partenza a causa dei ritardi dell’ambasciata libica a Roma nel rilascio dei visti per i loro passaporti. Ma è un vizio, oltre che una beffa.
L’ambasciata libica fa sapere che per ogni giorno di permanenza in più sul territorio con il visto scaduto sicuramente ci sono delle penali da pagare. E la scorsa estate il ritardo provocato artatamente era stato addirittura di tre mesi, denunciano Youssef Hassan Holgado e Giovanni Tizian.

Miasit, missione di sopporto a chi?

La missione Miasit nasce nel 2018, ma da allora è diventata di fatto marginale. Era stata istituita in risposta alle sollecitazioni di Fayez al Sarraj, allora presidente, che chiedeva addestramento per i suoi uomini per contrastare l’immigrazione illegale e ricevere supporto sanitario garantito dall’ospedale da campo italiano ‘’Role due’ di Misurata.
Oggi quell’esecutivo non c’è più, e al suo posto ci sono due centri di potere diversi. E noi, nel senso dei nostri militari, siamo finiti nel mezzo. La Libia vive uno stato di profonda crisi politica dopo il rinvio del voto previsto per il 24 dicembre 2021. E la nuova data è nel futuro del forse mentre il parlamento di Tubruk ha scelto un diverso premier. Due per non farne uno.

Nel nuovo caos libico a sventolar bandiera?

Gli italiani mal visti non fanno nessun addestramento e stanno fare la guardia ad un ospedale da campo che serve a ben poco. Due o tre visite al giorno. Numeri esigui rispetto agli anni più cruenti della guerra civile libica, in cui serviva effettivamente un aiuto umanitario e militare per il governo riconosciuto dalle Nazioni unite. Inutile e costoso. «Nel 2020 la stima di spesa è stata di oltre 47 milioni di euro, soldi che vanno a coprire i costi del personale impiegato, circa 400 unità, e quello dei mezzi sia terrestri che aerei utilizzati».

Disprezzo per la presenza italiana

Il caso che crea più tensioni, riguarda i container con i viveri per il contingente trasportati dall’Italia fino al porto di Misurata. Giunti nello scalo portuale libico vengono spesso bloccati. Sospetto ma semi ufficiale giro di corruzione, e i viveri finalmente arrivavano, anche se un po’ deteriorati.

La Difesa a sua difesa

«Siamo a conoscenza che il rilascio dei visti e le pratiche di sdoganamento delle merci possono subire ritardi a causa delle procedure burocratiche, ma in merito a quanto segnalato, le uniche incombenze di cui si ha conoscenza riguardo l’arrivo delle merci giunte via mare sono di carattere doganale». Ponzio Pilato era uno che si assumeva le sue responsabilità.
Di certo, il porto di Misurata è al centro di recenti scandali di corruzione. Lo denuncia il giornale online Lybia Herald, con la notizia dell’arresto di nove agenti doganali per 25 milioni di euro rubati, altro che ‘bakshis’!

Bti trasformation index

Uno studio del 2022 del ‘Bti trasformation index’, 300 esperti di geopolitica, rivela l’esistenza solo a Misurata di oltre 200 milizie diverse, tra le più spietate, accusate di crimini gravissimi, molte delle quali collegate al governo del generale Haftar. Alcuni di questi gruppi gravitano proprio attorno agli interessi del porto, il più importante in Libia e sempre più sotto il controllo turco.

Erdogan e famiglia

Alla fine del 2021 Berat Albayrak, ex ministro dell’Economia e genero del presidente turco aveva presentato un’offerta per avere in concessione per 25 anni l’area più contesa del porto di Misurata. Peggio: «A settembre alcuni funzionari libici ci sono entrati con uomini dell’intelligence turca dentro la base. Sono stati lasciati entrare bypassando tutti i controlli possibili e immaginabili», la denuncia riportata dal Domani.

L’incolumità dei soldati

Quando i membri del contingente escono dalla base devono farlo in abiti civili e disarmati, così vogliono i libici. Zona rischio e girare alla larga. Nessun funzionario militare (o politico) di ‘alto rango’ in visita neppure a Natale. Salvo un incontro solo online col generale Figliuolo, quello della vaccinazione anti Covid, che ha ora la direzione del Comando operativo vertice interforze. Tra ipotesi e speranza, quella di trasferire la missione da Misurata a Tripoli. ipotesi.

Ancora rassicurazioni che non convincono

Il teatro di guerra in cui si muove il contingente non è rassicurante. Nell’estate del 2020 un incontro tra il governo di accordo nazionale e membri della difesa turca e del Qatar hanno raggiunto un accordo per creare una base militare a Misurata. In questo scenario la presenza italiana è vista come un’intrusione, fastidiosa, nel controllo completo nell’area.

Prima le tribù del Fezzan

Qualche anno prima, giugno del 2018, erano state le tribù del Fezzan (il centro sud della Libia) a definire la presenza italiana occupante del territorio libico. E nel comunicato si chiedeva alle tribù locali di combattere contro l’esercito italiano.

Sorgente: Soldati italiani a Misurata, quasi ostaggi tra libici e turchi –

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