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L’intervista di Noam Chomsky, nei tempi in cui si discute su titoli e virgolettati, e mai sulla lettura del testo, in realtà contraddice la narrativa predominante del conflitto.

Noam Chomsky e quel titolo furbo del Corriere

Qualche giorno fa il grande linguista americano Noam Chomsky ha rilasciato un intervista al Corriere della sera alla quale è stata data grande risalto soprattutto per il titolo scelto dal quotidiano, volutamente fuorviante e “indirizzante”, cioè un  virgolettato: “I resistenti come i partigiani. Sono eroici”, nel tripudio della sinistra liberal e dell’area di governo che così ha potuto schierare tra le sue fila in mutande felpate mimetiche dai salotti tv o dai social, una delle voci radicali e pacifiste più autorevoli.

C’è un però: Chomsky, pur definendo “eroica” la resistenza ucraina, nella sua riflessione a 360° gradi contraddice pesantemente la narrativa predominante di questo conflitto.

Ma si sa, l’opinione pubblica, nei tempi della globalizzazione web, si forma in base alla rapidità con cui circolano titoli e virgolettati, commenti sui titoli, meme, e mai sulla lettura reale di un testo.

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Ma cos’ha detto dunque Chomsky?

I passaggi principali dell’intervista sono quelli che da noi verrebbero bollati come bla bla bla di un “complessista”.

È troppo presto per pronunciarsi sul “male come la somma di tutti i mali”, ma è già sostanziale, a prescindere dagli orrori in Ucraina. Ha invertito gli sforzi per affrontare la crisi del riscaldamento globale, suscitando un’euforia nei maggiori produttori di petrolio, liberati dal fastidio degli ambientalisti e lodati come salvatori della civiltà mentre raccolgono enormi profitti e accelerano la catastrofe globale.

Sulla Resistenza ucraina che il linguista giudica eroica- e da quindi un appiglio ai liberal per farne un titolo, il linguista rimarca però la differenza con quella italiana, di cui si discute molto qui da noi, ricordando alcuni elementi storici spesso rimossi:

La “liberazione” dell’Italia da parte degli Alleati è questione complessa. Quando le forze alleate liberarono l’Italia meridionale nel 1943, stabilirono il governo Badoglio e della famiglia reale, accogliendo i collaboratori fascisti, come nella Germania liberata. Mentre si dirigevano verso nord, disperdevano la resistenza antifascista e smantellavano gli organi di governo locali che i partigiani avevano formato nel loro tentativo “di creare le basi per un nuovo Stato democratico e repubblicano nelle varie zone che riuscì a liberare dai tedeschi”, cito Gianfranco Pasquino. Negli anni successivi gli Usa intervennero radicalmente in Italia per far sì che la destra conservasse il potere».

Ma ecco la vera tranvata alla narrazione del conflitto:

Ci sono due modi per determinare cosa ha in mente Putin. Uno è speculare sulla sua mente contorta. L’altro è ascoltare quello che dice da tempo. Per 30 anni il governo degli Usa è stato avvertito, in modo fermo e chiaro, che stava perseguendo un percorso pericoloso e inquietante respingendo le preoccupazioni della Russia in materia di sicurezza e, in particolare, le sue esplicite linee rosse: nessuna adesione alla Nato per Georgia e Ucraina, nel cuore geostrategico della Russia.

 

Gli avvertimenti sono arrivati dai diplomatici più rispettati (George Kennan, Henry Kissinger, l’ambasciatore Jack Matlock), dagli attuali ed ex direttori della Cia. Il segretario alla Difesa di Clinton, William Perry, è andato vicino alle dimissioni in segno di protesta quando Clinton ha deciso di violare la ferma e inequivocabile promessa del suo predecessore a Gorbaciov che la Nato non si sarebbe allargata “di un pollice a est”, vale a dire a est della Germania.

L’Onu può agire nella misura in cui lo consentono i cinque membri permanenti. Hanno bloccato qualsiasi tentativo di agire da parte del Consiglio di sicurezza o di altre istituzioni dell’Onu quando ciò lede i loro stessi interessi.

La mappa delle sanzioni è chiara. La maggior parte del mondo non partecipa. Le sanzioni sono state imposte dall’anglosfera, Ribattendo che gli Usa e i loro alleati sono impegnati in atrocità scioccanti proprio in questo momento: in Afghanistan, Yemen, Palestina…

E arriva la conclusione di Chomsky:

Le guerre possono finire con la distruzione di una parte in causa, come in Cecenia o Iraq, o con una soluzione diplomatica. Ma gli Stati Uniti si rifiutano ancora di perseguire una soluzione diplomatica, così come la Cina, che potrebbe anche assumere un ruolo costruttivo se lo volesse.

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Sorgente: Noam Chomsky e quel titolo furbo del Corriere che distoglie dalle sue parole • Kulturjam

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