0 4 minuti 2 anni

Riposa in Pace partigiano Ginetto | Ennio Serventi (Cremona)

Negli anni abbiamo progressivamente smesso di partecipare alle celebrazioni “ufficiali” del 25 aprile scegliendo sempre di sfilare in piazze “alternative”. Le ragioni di questa scelta sono state diverse, ma in fin dei conti tutte riconducibili all’orticaria che ci provocava l’opera di museificazione della Resistenza messa in piedi anche con l’avallo dell’Anpi. Un’operazione politico-culturale che, se per certi versi poteva essere persino “comprensibile” nel tentativo di provare a fissare comunque dei paletti in anni di prepotente revisionismo storico, e mentre i combattenti partigiani per ovvi motivi erano sempre di meno, dall’altro ha però provveduto a depoliticizzare questa data finendo per farla diventare un momento liturgico in cui riuscivano a stare comodi un po’ tutti: dal centrosinistra che nel frattempo stava distruggendo quel po’ di stato sociale che i lavoratori si erano conquistati in anni di lotte, alle istituzioni di uno stato che perseguiva e puniva chi quelle lotte continua ostinatamente a portarle avanti.
Non si tratta, ovviamente, della difesa orgogliosa di un’autoreferenzialità tanto minoritaria quanto politicamente inutile, ma del fatto che per quanto ci riguarda la Resistenza non potrà mai essere il collante ideologico di una qualsivoglia “unità nazionale”, nemmeno solo per un giorno. Perché essa fu, per l’appunto, una lotta “partigiana”, che divise una parte dall’altra. E divise non solo l’occupante dal liberatore, ma anche l’oppresso dall’oppressore, lo sfruttato dallo sfruttatore. Fu, al tempo stesso, guerra di liberazione, ma anche guerra di classe e guerra civile. E sta soprattutto in questo l’attualità, e se vogliamo l’utilità politica e mitopoietica della Resistenza anche per l’oggi, a oltre 75 anni da quell’insurrezione armata. Altrimenti il 25 aprile verrebbe trasformato, come pure stanno pervicacemente provando a fare, in una vuota rievocazione storica, una sorta di rito laico pacificato e inoffensivo.
Eppure quest’anno, per una sorta di eterogenesi dei fini, le celebrazioni ufficiali si sono trasformate in un fatto eminentemente politico, e questo, va riconosciuto, grazie alla postura assunta proprio dall’Anpi rispetto alla guerra e alle posizioni belliciste espresse dal governo. Non solo col rifiuto a farsi arruolare ideologicamente nella guerra per procura contro la Russia, ma soprattutto nel non voler avallare quell’equazione tra la cosiddetta “resistenza” ucraina e quella italiana a cui, soprattutto il bellicismo “di sinistra”, sembrerebbe tenere tantissimo. Un atteggiamento che ha provocato in queste settimane una vera e propria caccia alle streghe nei confronti dei dirigenti dell’Anpi, con la continua richiesta di abiure e “chiarimenti”, fino alle annunciate provocazioni delle bandiere della Nato.
Quindi, proprio perché crediamo che il 25 aprile o è “politico” o non è, crediamo pure che il posto in cui provare a giocare questa partita domani non possa che essere, paradossalmente, la piazza “ufficiale”. Contro la guerra imperialista, contro le spese militari, contro i costi di questa guerra che vengono scaricati sui proletari, e quindi anche contro la rappresentazione politica di tutto questo, se davvero proverà a manifestarsi in piazza.

Sorgente: da ricerca Facebook | Dante Di Nanni

Please follow and like us:
0
fb-share-icon0
Tweet 20
Pin Share20