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Di Megas Alexandros (alias Fabio Bonciani), ComeDonChisciotte.org

Domenica scorsa ho avuto il piacere di intervenire all’interessantissimo dibattito in diretta, andato in onda sul canale youtube di ComeDonChisciotte – tema: “Quale mondo ci attende dopo la guerra” (cliccate sopra per chi volesse rivederlo.

Tra i vari temi trattati, in merito al problema che il mondo sta affrontando in relazione alle ben note sanzioni imposte dall’Occidente alla Russia, in conseguenza dello scoppio del conflitto in terra di Ucraina, ho fatto riferimento ai numerosi ristoranti della catena americana McDonald’s che hanno chiuso o stanno per chiudere in Russia. Pare siano oltre ottocento punti vendita.

Chi ha qualche anno in più sulle spalle, può benissimo ricordare come la coda interminabile dei moscoviti per entrare nel primo  McDonald’s aperto nel paese (era il 1990), con la loro voglia di accedere ai consumi di tipo occidentale, fu, proprio il simbolo dell’avvento della globalizzazione, contrapposto al crollo dell’Unione Sovietica.

 

Come sappiamo, le sanzioni nascono con l’intento ben preciso di mettere in estrema difficoltà il paese che le subisce, ma nella realtà dei fatti, in un mondo così globalizzato e basato su principi di economia spesso fallaci, si finisce per capovolgere la situazione ed il risultato è che, a doversi sobbarcare i danni più grossi, sono invece proprio le famiglie e le imprese dei paesi sanzionatori.

In alcuni dei miei articoli recenti, ho cercato di spiegare quanto questo sia reale, se pensiamo soprattutto alla misura sanzionatoria principe di aver estromesso la Russia dal sistema di pagamento internazionale SWIFT, il quale oltre a recare danno alla Russia stessa, sta comportando danni ancora maggiori a tutti gli interlocutori del settore privato dei paesi esteri che di fatto operano con il paese di Putin.

Prendo spunto da un commento apparso sul nostro canale a seguito della trasmissione, in merito al tema dei ristoranti McDonald’s per chiarire ulteriormente la questione e dissipare ogni possibile confusione sul fatto che la loro chiusura non danneggi maggiormente la casa madre americana rispetto ai franchisor russi titolari dell’attività.

Certo, anche in questo caso, come in ogni altro caso di difficoltà che il settore privato deve affrontare in conseguenza delle sanzioni, per limitare o annullare i danni, il ruolo fondamentale lo assume il governo del paese e le politiche che adotta per far fronte al problema.

Ma restiamo al caso McDonald’s: la catena americana opera in franchising, ovvero consente ad operatori economici del paese dove approda, di aprire e gestire i propri ristoranti in base ad un preciso contratto che permette loro di utilizzare il brand, il know-how ed il relativo marketing, in cambio del puntuale pagamento di importanti royalties.

Il primo ingente danno economico che la catena americana subirà dalla chiusura di tutti questi ristoranti corrisponderà al mancato incasso delle royalties di oltre 800 ristoranti, che vi assicuro sono veramente un sacco di soldi – parliamo di oltre 2 miliardi di dollari all’anno di entrate (come confermato nella parte finale dell’articolo da Chris Kempczinski, amministratore delegato di McDonald’s).

Oltre a questo, dobbiamo considerare il futuro mancato sviluppo in quel paese ed il danno di immagine immediato che una multinazionale di tali dimensioni, subisce nel resto del mondo dove opera.

Non dobbiamo neanche tralasciare il fatto, che essendo la Russia tra le prime potenze mondiali, il danno di immagine e di profitto, potrebbe benissimo allargarsi in maniera incalcolabile per la catena più famosa al mondo dell’hamburger – questo, qualora i paesi a lei vicini o satelliti, per non parlare dell’altro colosso che si sta mostrando pienamente solidale (ovvero la Cina), cominciassero anche loro a chiudere ristoranti.

Mi direte, è già finita qui! Non credo proprio..

Per farvi capire meglio il livello di quanto questa dannosa situazione possa essere esplosiva e di difficile calcolo previsionale, voglio prendere spunto da un vecchio articolo del 2014 apparso su Linkiesta [1], che evidenziava tutte le criticità relative alle chiusure dei tre ristoranti McDonald’s in Crimea. Chiusure decise dalla casa madre in virtù delle sanzioni al tempo imposte alla Russia, per aver annesso ai suoi territori la penisola tanto contesa.

E purtroppo per noi, in quel momento, a restare con il fiato sospeso per l’evolversi della situazione, fu proprio una delle maggiori aziende italiane nel settore alimentare: Il Gruppo Cremonini.

Come si può leggere nell’articolo, Cremonini attraverso la sua società Marr Russia, specializzata nella produzione di carne bovina, era fornitore di McDonald’s in tutta la nazione.

Il 2 febbraio del 2010 la società inaugurò uno stabilimento alla periferia di Mosca con un potenziale di produzione di 35-40mila tonnellate all’anno di hamburger. In altri termini, si parlava di 80mila hamburger all’ora, destinati, in buona parte, proprio a McDonald’s. Negli anni, le piattaforme di distribuzione sono cresciute ed al 2014, quando è stato scritto l’articolo, erano arrivate a cinque.

Certo, il gruppo Cremonini è ben inserito e diversificato sul territorio (come si evince dal suo sito ufficiale, in merito ad ulteriori recenti investimenti) e ad oggi, pur non conoscendo lo status contrattuale in corso con il colosso americano, certamente le sanzioni non saranno aria fresca per l’azienda italiana e per tutte le altre aziende estere fornitrici ufficiali di McDonald’s in Russia.

Dall’altra parte proviamo, sempre con le difficoltà del caso, ad analizzare cosa invece tutto questo comporta per la Russia intesa come Stato, ma soprattutto per il suo settore privato.

Forti dell’esperienza passata in Crimea dove i locali ad insegna McDonald’s, furono immediatamente ribattezzati Rusburger (una mini catena dai connotati nazionalistici) e dove i Big Mac furono sostituiti dagli EchPochMak, triangolini ripieni di carne e patate inventati in Tatarstan – dovrebbe lasciarci, veramente senza parole, la velocità con cui la Russia ed i suoi imprenditori, a distanza di pochi giorni dall’entrata in vigore delle sanzioni, siano già pronti (con tanto di marchio già depositato il 12 marzo scorso) ad occupare i locali attualmente chiusi di McDonald’s con la nuova catena, tutta a tinte nazionali, targata “Lo zio Vanja”[2].

Addirittura, il documento di registrazione, ossia il marchio (vedi foto sottostante) si qualifica come quasi identico a quello della catena americana.

La famosa “M” di McDonald’s viene ruotata per formare una B gialla (che nell’alfabeto cirillico corrisponde alla V di Vanja) su sfondo rosso: un colpo d’occhio e di maestria fantastico.

Al momento, ancora nessun locale così targato è stato ancora aperto, ma il piano apparente è quello di rilevare i ristoranti McDonald’s già chiusi e poi rimetterli in moto.

McDonald's era la globalizzazione, oggi è l'emblema della sua fine

[… continua dalla sorgente ]

Sorgente: McDonald’s era la globalizzazione, oggi è l’emblema della sua fine – Come Don Chisciotte

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