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Per tenere viva la lotta anti-russa, gli Stati Uniti, insieme a quasi trenta Paesi, inviano materiale bellico con un grande sforzo logistico: le armi passano da Polonia e Romania, in particolare i Javelin anticarro

I nord vietnamiti all’epoca della guerra contro gli americani facevano passare i rifornimenti attraverso il mitico «sentiero di Ho chi Minh». E gli Usa provavano a interrompere il flusso con bombe, azioni clandestine, incursioni. Oggi la storia si ripropone con protagonisti gli ucraini. Per tenere viva la lotta anti-russa, gli Stati Uniti, insieme a quasi trenta Paesi, inviano materiale bellico con un grande sforzo logistico. Il vantaggio per i resistenti è quello di avere un punto d’appoggio cruciale a Rzeszow Jasionka, base in Polonia, diventato l’hub, il punto d’arrivo per decine di cargo. Altri potrebbero trovarsi in Romania. Una retrovia che preoccupa Mosca: infatti ha sferrato un primo attacco contro il centro per il training a Yavoriv, vicino al confine polacco. Un primo segnale, atteso, e non sorprenderebbe qualche sabotaggio da parte degli agenti di Putin

I carichi sono scortati fino al territorio ucraino, quindi sono suddivisi in modo da raggiungere il maggior numero di unità possibile ma anche per sottrarli alla caccia lanciata da Mosca. Esiste un corridoio settentrionale e uno più a sud: camion, veicoli camuffati, normali vetture, treno ove è possibile fanno parte della filiera che vede anche il coinvolgimento di civili. Molti che vivono all’estero acquistano online o attraverso intermediari. Offerte arrivano persino dall’America, grazie all’impegno di cittadini comuni. Questa grande macchina non nasce all’improvviso: Kiev sta probabilmente attuando il Resistance Operating Concept, una «cornice» creata con l’aiuto del Pentagono e della Nato fin dal 2018. Tre i pilastri:

1) Coordinamento di civili, reparti regolari, riservisti.

2) Tattica che include guerriglia, disobbedienza civile, metodi non violenti (visti in questi giorni).

3) Canale per favorire il supporto di Paesi amici.

È questa struttura che si è mobilitata per ricevere sistemi anti-aerei portatili ma soprattutto gli anti-carro. I video hanno mostrato le imboscate di piccole formazioni ucraine che colpiscono tank, rallentano una colonna con gli Spike, di produzione israeliana, o il Javelin, statunitense. Per sparare quest’ultimo, l’operatore carica in spalla il tubo che contiene il missile con tutti i suoi sistemi di guida — ha un peso di circa 25 chili, sicuramente sopportabile — e punta l’obiettivo designato: quando il missile parte, riconosce l’obiettivo o per una comparazione di immagini tra quelle che ha in memoria o perché attirato dal calore del motore dell’obiettivo. Una volta arrivato in prossimità del carro, s’innalza di 150 metri e precipita in verticale sull’obiettivo: i mezzi corazzati sono infatti più protetti sui lati rispetto alla parte superiore, dunque l’insidia che arriva dall’alto ha più probabilità di mettere fuori uso il carro.

Proprio per questo si chiama Javelin, che vuol dire giavellotto. Ha una portata di circa 4 chilometri e può colpire qualsiasi veicolo che emette calore. È l’arma più sofisticata contro i mezzi corazzati — secondo gli ucraini ha già messo fuori uso 335 carri armati e oltre 1.000 blindati: numeri non confermabili — ma per gli esperti non può essere sufficiente a fermare l’avanzata dei russi, che cercano di riparare i mezzi con «tettoie» di metallo, tecnica vista in Siria: è un tentativo di far deflagrare all’esterno la carica dell’ordigno. L’Alleanza Atlantica ha inviato oltre 17 mila di questi missili anticarro nell’arco di una settimana, per lo più via terra attraverso Polonia e Romania: sono però piuttosto costosi – fra gli 80 e i 200 mila dollari a esemplare – e i produttori americani sono in grado di realizzarne circa 6.500 all’anno. Ma, come hanno osservato gli esperti, anche modelli meno sofisticati possono incidere: infatti diversi Paesi hanno spedito «pezzi» d’altro tipo, dall’AT4 al Panzerfaust.

I russi rispondono con pesanti missili balistici di precisione a corto raggio, che dal primo giorno dell’invasione hanno colpito tutte le principali città ucraine e gli obiettivi militari. Sono sparati da terra con i carri Iskander, che ne portano due alla volta: la metà di quelli sparati finiscono in un raggio di 5/7 metri. Le città ucraine sono state colpita anche da missili da crociera Kalibr con una gittata di 1.500/2.000 chilometri, che vengono lanciati dal mar Nero e sono usati per colpire con maggiore precisione. Per gli assedi vengono utilizzati invece i BM-21, un sistema di lancio che può sparare centinaia di missili non guidati e quindi meno precisi: cadono in un’area piuttosto vasta e servono a distruggere il bersaglio.

Ci sono poi i cingolati TOS-1, che lanciano missili termobarici, testate devastanti che creano effetti incendiari ed esplosivi: sono composte da gas infiammabile e particelle metalliche, quando esplodono, la sostanza utilizza l’ossigeno presente nell’aria per creare una «bolla» e subito dopo c’è una nuova deflagrazione. Le conseguenze sono temperature altissime, un’onda d’urto più lunga rispetto alle armi convenzionali e ossigeno che brucia: vengono usate per colpire bersagli in un edificio o nei bunker. I russi avrebbero usato anche bombe a grappolo, che possono essere utilizzate da aerei, elicotteri e artiglierie, pensate per contrastare concentramenti di forze: rilasciano una pioggia di sub-munizioni sull’obiettivo, che di solito esplodono con l’impatto e sono molto pericolose – oltre che vietate – per i civili.

Sorgente: La situazione della guerra oggi: quali sono e come arrivano le armi occidentali in Ucraina- Corriere.it

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