0 6 minuti 2 anni

La Russia e il default a un passo: Mosca al test decisivo, ma  il ministro russo: «Abbiamo pagato»

Marco Sabella

Come al tempo della rivoluzione bolscevica, e più di recente nel 1998, Mosca è in difficoltà nell’ onorare il suo debito estero in valuta. O meglio i soldi in cassa ci sarebbero ma le sanzioni occidentali e l’impossibilità di accedere al circuito internazionale dei capitali di fatto impedisce il servizio del debito pubblico in valuta forte. Gli investitori stanno infatti aspettando di ricevere il pagamento di 117 milioni di dollari di cedole su due obbligazioni russe, i primi pagamenti di questo tipo da quando i Paesi occidentali hanno risposto all’invasione dell’Ucraina con sanzioni finanziarie senza precedenti.

La scadenza, prevista per mercoledì 16 marzo, era un test cruciale della volontà e della capacità di Mosca di continuare a servire il suo debito estero. Il 5 marzo, Putin ha detto che i creditori dei Paesi «ostili» che hanno imposto sanzioni dovrebbero essere pagati in rubli piuttosto che in valuta estera. Ma secondo l’agenzia di rating Fitch una tale «ridenominazione forzata» dei pagamenti delle cedole indicherebbe «che è iniziato un default o un processo simile al default». Fitch declasserebbe ulteriormente il rating di credito della Russia a «default limitato» se il pagamento non venisse effettuato in dollari entro il periodo di grazia di 30 giorni che segue la scadenza di mercoledì. Alcune delle obbligazioni russe denominate in dollari e in euro contengono una clausola di ripiego che permette il rimborso in rubli, ma le due obbligazioni con cedole in scadenza mercoledì non sono tra queste.

 

 

La risposta del ministro russo: «Abbiamo pagato»

Allo scadere della 24esima ora il ministro delle Finanze russo, Anton Siluanov, ha affermato in un’intervista alla rete televisiva statale Russia Today che il paese ha pagato in dollari gli interessi sui due bond che andavano pagati entro mercoledì. «La possibilità o l’impossibilità di completare il pagamento in valuta estera non dipende da noi» ha aggiunto il ministro precisando che «noi abbiamo il denaro, abbiamo effettuato il pagamento ed ora la palla è nell’altro campo e in particolare in quello delle autorità Usa». In precedenza lo stesso titolare delle finanze russe aveva indicato la possibilità che il pagamento degli interessi sui bond venisse fatto da Mosca in rubli con la conseguenza che la Russia sarebbe stata dichiarata in default. Siluanov ha quindi precisato che i soldi sono stati versati sul conto in divisa estera accesso presso una banca Usa ma che al momento non c’è stata conferma che la transazione sia stata eseguita. I due bond hanno un periodo di grazia di 30 giorni quindi, nell’eventualità che il pagamento non vada a buon fine, la dichiarazione di default da parte dei creditori non potrà essere fatta prima del prossimo 15 aprile.

 

 

 

Le conseguenze per l’Occidente

Gli investitori occidentali si stanno ad ogni buon conto preparando al default della Russia da quando il mese scorso sono state imposte sanzioni statunitensi ed europee contro la banca centrale moscovita. Le due obbligazioni che pagavano le cedole ieri sono scambiate a un prezzo di meno di 30 centesimi di dollaro, anche se sono salite leggermente dai loro recenti minimi di circa 20 centesimi. Gli investitori occidentali, che detenevano circa 170 miliardi di dollari di attività russe prima dell’invasione, hanno già subito pesanti perdite. Un default sul debito estero della Russia — di cui circa 20 miliardi di dollari erano nelle mani di stranieri prima dell’invasione — solleverebbe anche domande sulla mole di debito in rubli del Paese, e sui circa 90 miliardi di dollari di obbligazioni in valuta estera emesse da società russe. Il pagamento delle cedole in dollari in scadenza mercoledì 16 marzo, se verrà confermato, è un passo che evita, per ora, le conseguenze peggiori. Ma saranno i prossimi giorni e settimane a dirci se Mosca è davvero, e sistematicamente, in grado di onorare il servizio del debito estero.

L’ultimo default sovrano della Russia risale al 1998 quando s’innescò la crisi finanziaria che portò quasi al crollo dell’hedge fund americano Long-Term Capital Management. Poi, il governo ha ristrutturato il suo debito in rubli e il debito denominato in dollari dell’era sovietica, ma ha continuato a effettuare i pagamenti sulle obbligazioni internazionali emesse dal crollo dell’Unione Sovietica.

 

L’esposizione delle banche italiane

Le conseguenze di un default, secondo la maggior parte degli operatori, non dovrebbero tuttavia avere un impatto eccessivamente grave sul sistema finanziario internazionale. I creditori e gli investitori, spesso grandi gruppi del risparmio gestito come BlackRock e Pimco, subiranno perdite considerevoli ma il sistema bancario dei Paesi occidentali nel suo complesso non subirà un colpo troppo duro. Secondo i dati più recenti il sistema bancario francese è esposto al debito sovrano russo in valuta per circa 4 miliardi di dollari, l’Italia per 2 miliardi, gli Stati Uniti per altri 4. Le due maggiori banche italiane — Intesa Sanpaolo e Unicredit — hanno una esposizione complessiva all’economia russa rispettivamente di 5,1 e di 7,5 miliardi di euro, ma si tratta perlopiù di crediti alle imprese non di debito sovrano in valuta. La Russia del resto non è un protagonista sul mercato internazionale dei capitali. Con un rapporto debito/Pil di appena il 20%, secondo alcuni calcoli l’ammontare complessivo del debito in valuta estera della Russia che potrebbe andare in default ammonta a un totale di circa 40 miliardi.

Fonte: Corriere.it

Please follow and like us:
0
fb-share-icon0
Tweet 20
Pin Share20